A Pechino lo spettacolo teatrale Le ali della libertà, riadattamento dell’iconica novella di Stephen King Rita Hayworth and Shawshank Redemption, sta riscuotendo grande successo nonostante sia in contrasto con i soliti canoni accettati dalle autorità cinesi. Tutto esaurito in un teatro da 1600 posti per quattro sere di fila e una tournée nazionale in programma per la primavera. Questo significa che la popolazione potrebbe ancora aver bisogno di uno scambio culturale aperto.
Molto spesso alcuni spettacoli non vanno in scena e vengono cancellati proprio a ridosso del debutto perché il governo cinese ha aumentato i controlli e il senso di nazionalismo, censurando le arti che strizzano l’occhio alla cultura statunitense. In questo caso, Le ali della libertà potrebbe essersi salvato perché tutti gli attori e le attrici sono occidentali, ma parlano fluentemente il mandarino. Il primo in assoluto ad avere cast straniero, ma produzione cinese. Comunque non sono mancati gli ostacoli.
Innanzitutto, non è stato facile trovare artisti stranieri che parlassero mandarino – che la produzione tanto voleva per rendere lo spettacolo il più autentico possibile – perché negli ultimi anni il numero di expat in Cina è crollato. E poi la novella di Stephen King e il film del 1994 sono stati vietati per un certo periodo dopo il 2012, quando un dissidente cinese era fuggito dagli arresti domiciliari e si era rifugiato nell’ambasciata statunitense. Un ironico remake della storia in real life – il protagonista viene ingiustamente condannato di omicidio e durante la sua permanenza in carcere cerca in tutti i modi di scappare, fino a riuscirci.
Per superare la censura, un altro elemento cruciale è il copione. Quello utilizzato per lo spettacolo appartiene a un adattamento teatrale del 2009 realizzato da due scrittori britannici, Owen O’Neill e Dave Johns. Ma la traduzione originale avrebbe implicato mettere in scena alla violenza sessuale che il protagonista subisce in carcere da altri detenuti – cosa non concessa dalle autorità cinesi. Quindi i produttori si sono limitati a ridurre l’atto a una parola, “stupro”, citata una sola volta, e a cancellare qualsiasi riferimento all’omosessualità. Il resto è rimasto intatto.