Ciro Indolfi, cardiologo interventista che ha all’attivo un lungo periodo di lavoro a San Diego con J. Ross, Jr., ci consegna un godibilissimo manualetto di sopravvivenza al nemico inafferrabile che si annida nei sistemi cardiocircolatori di tanti esseri umani. Con Ross l’autore studiò meccanismi fondamentali e terapia dell’ischemia miocardica, dedicandosi successivamente a organizzare sistemi sanitari complessi e centri cardiologici per la rete delle sindromi coronariche acute e la riparazione delle valvole cardiache senza bisturi, meritando di diventare presidente della Società Italiana di Cardiologia e della Società Italiana di Cardiologia Interventistica.
Con queste qualifiche, colleghi e studenti avranno certamente compulsato i suoi 450 articoli scientifici pubblicati sulle riviste specialistiche. Il lettore comune preferirà il suo Batticuore (Rubettino, 2024), libro dal titolo accattivante fatto di storie e aneddoti ricostruiti per istruire ed educare, così che le conoscenze e le informazioni guidino a comportamenti che portino a vivere meglio e allunghino la vita.
Secondo l’autore, il cuore non è mai contro di noi, ma può darsi il contrario, e se ne pagano le conseguenze. Il successo della medicina, scrive, non è di intervenire in modo più o meno invasivo curando e sanando, ma di prevenire: almeno nei casi di patologie che derivano dalla non attenzione a fattori di rischio, come stili di vita inappropriati e abitudini perniciose.
Quello del dr. Indolfi appare un manifesto deontologico, che si traduce in una sorta di mandato per la persona comune: “Il cittadino sano, e ancora più il paziente, devono essere essi stessi consapevoli e responsabili del proprio stato di salute.” Aggiunge che devono esserlo anche società e Stato, visto che, dati alla mano, i ceti economicamente e culturalmente sfavoriti sono quelli che soffrono di più le malattie fisiche e psichiche, in particolare cardio, cerebro e vascolari.
#SIC DISTINGUISHED ACHIEVEMENT AWARD TO PROF. ALAIN CRIBIER
An example for a generation of cardiologists for having performed the first balloon valvuloplasty, the first mitral commissurotomy and the world’s first Transcatheter Aortic Valve Implantation (TAVI) on April 16, 2002. pic.twitter.com/1X0kog0Rvk— SIC Società Italiana di Cardiologia (@SIC_CARDIOLOGIA) December 16, 2019
Sono 19 le storie e gli aneddoti messi in fila dall’autore.
Tra i più significativi quello di Ernesto, 38 anni, agricoltore e nessun sospetto di male al cuore, che però una notte rantola accanto alla moglie, con il muscolo che è impazzito, segnalando minuti dopo sul monitor dell’ambulanza un’aritmia “a pettine” e i ventricoli che si contraggono in modo disordinato. Ignorava di soffrire della sindrome di Brugada, genetica, con manifestazione tipica nei quarantenni maschi (8 casi, contro 1 declinato al femminile). Ernesto non amava sottoporsi a visite mediche; è stato salvato dalla fortuna, ovvero dal fatto che sua moglie si sia destata nel sonno e abbia urlato al punto da svegliare il cognato che dormiva al piano di sotto.
Ecco il bancario Pasquale, che quando si laureò fu assunto per via di una consuetudine allora rispettata: suo padre, direttore di filiale, sul lavoro c’era rimasto, vittima di infarto, e il figlio subentrò. Pasquale è ai suoi 55, a tavola si tratta bene forse anche troppo, e una buona sigaretta non se la fa mai mancare. Impegnato sul lavoro e… A tavola, a camminare e far movimento non ci pensa proprio. Un brutto giorno, in agenzia, il cassiere collassa e va tra i più. Una collega, parlando della disgrazia, gli racconta della figlia cardiologa e lo spinge a farsi vedere. Pasquale accetta e, al termine della visita, la dottoressa sentenzia: “Il tuo rischio di avere eventi a 10 anni è del 9,6%”; alto rischio dunque. Dal che, dieta e cambio di abitudini, a cominciare dal fumo “responsabile del 50% di tutti i decessi evitabili nei fumatori” come la dottoressa spiega a Pasquale, aggiungendo: “Un fumatore abituale perderà più di 10 anni di vita”.
Altro capitolo, altra storia; tocca al libero professionista Giuseppe, infarto inferiore STEM1 a 51 anni, sottoposto ad angioplastica. Si è trovato in sala operatoria perché fa uso di cocaina, cui accompagna un buon vino bianco. La coronaria viene sistemata con uno stent, poi il cardiologo lo istruisce: “Assolutamente da domani solo vita sana, cibo salutare, esercizio fisico e ovviamente niente più polvere bianca.” Indolfi annota che l’Italia è il quarto paese europeo per uso di cocaina, attualmente sniffata dal 7% della popolazione, avvertendo: “Gli effetti cardiovascolari della cocaina per la salute umana sono disastrosi.”
Le ultime quaranta pagine sono un breviario di vita sana. Titolato “Come vivere bene e più a lungo”, il capitolo spiega quelli che American Heart Society ha definito Life’s Simple 7 (peso, fumo, attività, dieta, pressione, colesterolo, glicemia), sommandovi il richiamo alle giuste ore di sonno.