Quando entra in scena, alla fine di tutto, è un boato di applausi. Twyla Tharp è molto amata a New York, più ancora nel teatro che ha visto tanti suoi successi, il Joyce a Chelsea, dove tutti fra il pubblico della prima si riconoscevano, fan di lunga data, e tutti commentavano: fantastico.
A 82 anni la coreografa è più sapiente che mai. La sua fusione di tecnica del balletto con la libertà della danza moderna, senza mai trascurare ritmo ed emozioni, è avvincente. Nei suoi 60 anni di carriera ha creato per ballerini classici, il più celebre Mikhail Baryshnikov, il più recente Herman Cornejo, per Broadway e per il cinema, sempre attenta a sfruttare la tecnica per un discorso contemporaneo lontano dalle astrazioni e rarefazioni della danza moderna. Emersa negli anni ’60 con la rivoluzione della danza post moderna,Tharp, a differenza dei suoi contemporanei, ha presto usato musica e costumi nel modo più vitale e gioioso possibile. Dal ragtime degli anni ’20 ai Beach Boys, alle canzoni di Billy Joel per il musical Movin’ out a quelle di Frank Sinatra per uno dei suoi pezzi più celebri: Nine Sinatra songs.

Nello spettacolo in scena al Joyce, Twyla Tharp Dance, i tre pezzi presentati non potrebbero essere più diversi. Il primo è un classico, che ha debuttato al Festival di Spoleto del 1975: Ocean’s motion danzato da 5 ballerini sui ritmi rock and roll di Chuck Berry. Con i loro costumi anni ’60, disegnati da Santo Loquasto, coda di cavallo, scarpe da ginnastica, giubbotto di pelle alla James Dean, e il loro moto incessante, hanno ricreato l’atmosfera di teenagers yankee che flirtano, si lasciano si riprendono in moto continuo.

Diverso Brel, un assolo originariamente creato per Herman Cornejo prima della pandemia, ma rimasto in attesa prima di essere completato per il debutto al Joyce. Interpretato a serate alterne da Cornejo, primo ballerino dell’American Ballet Theatre e Daniel Ulbricht, primo ballerino del New York City Ballet, è su musica del cantante belga Jacques Brel, le canzoni Ne me quitte pas e Marieke fra le altre. Racconta le emozioni di un eroe moderno non più giovanissimo, ma pieno di esperienza e riflessioni. Cornejo lo ha interpretato senza sforzare il lato tecnico ma con assoluto abbandono cercando di far risaltare l’interpretazione della musica. Così i salti appaiono senza sforzo quanto le combinazioni di passi eseguite in una sorta di meditazione itinerante.

Infine The Ballet Master, sulla musica minimalista di Simeon ten Holt’s (Bi-Ba-Bo) che lascia il posto a quella barocca di Vivaldi (Concerto per la Solennità di San Lorenzo) su cui balla un novello Don Quixote (John Selya), con il fedele Sancho Panza (Daniel Ulbricht) e Dulcinea (Cassandra Trenary). Un insegnante di danza sta lavorando ad una coreografia moderna, ma i passi non vengono, ha una visione eterea e cede a quella, si ritrova così nei panni di Don Chisciotte con una donzella che da leggera presenza sulle punte, oggetto dei desideri del cavaliere errante, via via prende coscienza di sé e diviene protagonista con scarpe da ginnastica e pantaloncini d’oro. Inutile dire che Cassandra Trenary, prima ballerina dell’American Ballet Theatre è stupenda nelle sue lunghe linee perfette, ma come sempre tutti i ballerini sono bravissimi da Miriam Gittens e Jake Tribus a Daisy Jacobson, Skye Mattox, John Selya, e Reed Tankersley. Si replica fino al 25 febbraio.

La programmazione per “Brel”:
Wednesday, February 14 at 7:30pm – Ulbricht
Thursday, February 15 at 8pm – Cornejo
Friday, February 16 at 8pm – Ulbricht
Saturday, February 17 at 2pm – Ulbricht
Saturday, February 17 at 8pm – Cornejo
Sunday, February 18 at 2pm – Ulbricht
Tuesday, February 20 at 7:30pm – Cornejo
Wednesday, February 21 at 7:30pm – Ulbricht
Thursday, February 22 at 8pm – Ulbricht
Friday, February 23 at 8pm – Ulbricht
Saturday, February 24 at 2pm – Ulbricht
Saturday, February 24 at 8pm – Ulbricht
Sunday, February 25 at 2pm – Cornejo