In questo giorno sessant’anni fa, i Beatles atterravano al JKF a New York, per la prima volta oltreoceano, confermando la portata della Beatlemania, il fenomeno senza precedenti che coinvolse milioni di persone impazzite per il gruppo musicale inglese. Partirono dall’aeroporto di Heathrow lasciandosi alle spalle almeno 4mila fan sfegatati. E una volta usciti dall’aereo, nel nuovo continente, si ritrovarono davanti la stessa scena.
Euforia, isteria, crisi di pianto, svenimenti, fino al fanatismo estremo (e anche questo purtroppo ebbe il suo ruolo nel dicembre 1980 nell’assassinio di John Lennon). Ovunque andassero, venivano seguiti da folle di gente strepitante e scalmanata, bloccata da un’infinità di barricate controllate dalla polizia. I Beatles influenzarono anche la moda, con i loro capelli a caschetto e gli smocking pettinati, l’uniforme da spettacolo inventata per loro dal manager storico, Brian Epstein.
A New York avevano appuntamento a “The Ed Sullivan Show”, uno dei programmi televisivi di CBS. La puntata fu vista da circa 73 milioni di persone in oltre 23 milioni di case, che corrispondono al 34 per cento della popolazione statunitense dell’epoca. La folla li attendeva all’entrata del Plaza Hotel, dove alloggiavano. L’11 febbraio avevano il primo concerto negli Stati Uniti, al Coliseum di Washington, e poi il 12 di nuovo nella Grande Mela per la serata alla Carnegie Hall. Tutti gli eventi furono presi d’assalto. Nello strepito, della musica si sentiva ben poco; ma questo era un dettaglio; la Beatlesmania non era solo musica.
Il carisma dei quattro di Liverpool, si direbbe oggi, bucava l’obbiettivo. Ma la musica c’era eccome, tanta e tale da far impazzire, e nel giro di appena sei anni – quanto ci volle per arrivare allo scioglimento – si sarebbe trasformata, evoluta, in un salto quantico che avrebbe travolto tutto il pop e il rock, perfetta sintesi di quel decennio rivoluzionario che furono gli anni Sessanta.
Ma in quel 1964, dopo tanta gavetta fra Liverpool e Amburgo, i quattro giovanissimi dall’aria allora innocente alle spalle avevano già: l’LP di debutto, Please Please Me, che aveva guadagnato il primo posto in tutte le classifiche inglesi; un secondo album, With the Beatles, che vendette più di 270mila copie in anticipo rispetto alla data di uscita, prevista per fine novembre 1963; tre tour nel Regno Unito e diverse tappe in Svezia; un’apparizione al “Sunday Night at the London Palladium”, uno dei programmi inglesi più seguiti, che ha ricevuto più di 15 milioni di visualizzazioni; e l’uscita di I Want to Hold Your Hand negli Stati Uniti con tre settimane di anticipo e un milione di copie vendute. L’arrivo a New York fu solo una conferma del fenomeno che stava cambiando per sempre la storia della musica.
La foto iconica di Harry Benson, l’inviato di The Daily Express di Londra, l’unico ad aver potuto viaggiare sullo stesso aereo con i Beatles e che li aveva seguiti anche nella tappa precedente a Parigi (oggi 94enne), ritrae i quattro mentre stanno scendendo le scale dell’aereo, sorridenti alla fotocamera e di spalle alla folla. Su tre scatti, il migliore ha fatto il giro del mondo. Nell’articolo originale dove venne pubblicata la foto per la prima volta, Ringo Starr aveva commentato con convinzione che non ci sarebbero stati tanti fan “perché l’aeroporto è troppo lontano dalla città”. Quanto si sbagliava.
Tutti cercavano di accaparrarsi qualcosa, se non una foto, perlomeno vederli dal vivo. Ma gli scatti dei Beatles, su di loro o addirittura fatte da loro, nel corso dei decenni sono diventati opere da esposizione. La mostra più recente risale all’anno scorso alla National Portrait Gallery di Londra, per poi trasferirsi a maggio al Brooklyn Museum dove verranno esibite alcune fotografie realizzate da Paul McCartney.
In occasione dell’anniversario dei 60 anni dall’atterraggio dei Beatles negli Stati Uniti, a New York è stata allestita un’edizione speciale del “Fest for Beatles Fans” al TWA Hotel del JFK dal 9 all’11 febbraio. Capital One Hall ha organizzato una serata tributo sabato 10 a Tyrsons, in Virginia.