È il primo grande museo dedicato alle donne nelle arti. Le tante ignorate, misconosciute, boicottate artiste della storia. Il primo che le espone, le promuove, le riscopre. Si chiama National Museum of Women in the Arts e si trova a Washington, a soli tre isolati dalla Casa Bianca, in un un ex tempio massone, che le donne le bandiva con fervore, riadattato per ospitare le loro opere e inaugurato nel 1987.
Si narra che la potente e ricca Wilhelmina Holladay durante un viaggio in Europa negli anni ‘70 con il marito Wallace, si sia innamorata di una natura morta esposta a Vienna dell’artista fiamminga Clara Peeters. E si narra anche che nella successiva tappa al Prado a Madrid abbia visto un’altra opera di Peteers. Ma quando ha consultato la Bibbia della storia dell’arte occidentale, History of Art di H.W. Janson per saperne di più, non abbia trovato neppure il nome dell’artista contemporanea di Rembrandt. Indignata, al ritorno in America ha deciso di correggere questa grave mancanza iniziando a collezionare opere di artiste e aprendo infine il museo a loro dedicato nel 1987.
Ma circola anche un’altra storia e cioè che gli Holladays, in cerca di opere d’arte da collezionare, si siano imbattuti in due nature morte molto simili offerte da un gallerista, una delle due però costava un quarto dell’altra. Perché, fu la domanda spontanea. È di una donna, la risposta semplice.

Il museo ha da poco riaperto dopo una ristrutturazione durata due anni e costata poco meno di 70 milioni di dollari. Nel tempo ha messo insieme una collezione di 6000 opere di 1500 artiste. Holladay non ha potuto presenziare alla riapertura, è scomparsa a 98 anni nel 2021, ma Jill Biden c’era, così come nell’87 a tagliare il nastro era stata Barbara Bush. Donne che hanno saputo e potuto arrivare al soffitto di cristallo, il simbolo del tetto che non permette al “sesso debole” di emergere. Non è un caso che l’esposizione con cui il museo ha riaperto si intitoli The Sky is the limit, quasi a incoraggiare imprese femminili impossibili da una parte, mostrando al contempo opere che pendono dal cielo o al cielo si protendono. 33 grandi sculture di Rina Banerjee, Sonya Clark, Petah Coyne, Alison Saar and Yuriko Yamaguchi fra le altre.

La ristrutturazione ha permesso di rendere l’interno di questo austero palazzo del 1908 a forma triangolare, un po’ come il Flatiron di New York, uno spazio luminoso, vasto, con una griglia nel soffitto che permette di appendere ovunque con facilità opere pittoriche o sculture anche di grandi dimensioni e peso. Perché non è vero spiega Petah Coyne, artista irlandese, che le donne facciano opere minuscole. Anzi, forse proprio perché sono state ignorate per secoli, ora vogliono prendersi il centro della scena.

Una sala è dedicata a Hung Liu, artista cinese emigrata in California che nella Cina di Mao lavorava i campi e in America dipinge le donne del suo paese per far sì che non vengano dimenticate, spiega. In un’altra sono esposte due pittrici italiane cinquecentesche: Lavinia Fontana con Ritratto di una nobildonna bolognese e Fede Galizia con una natura morta. Più avanti un quadro della seicentesca Giovanna Garzoni. Tutte figlie di pittori, Prospero Fontana, Nunzio Galizia, Giacomo Garzoni, hanno appreso il mestiere in casa e si sono poi specializzate in soggetti che si potevano realizzare entro le mura domestiche, l’unico territorio permesso alle donne, anche se la milanese Fede Galizia ha eseguito pale d’altare e Lavinia Fontana è divenuta ritrattista alla corte di Papa Paolo V. I loro nomi e le loro opere sono rimaste comunque quasi sconosciute fino ad ora.

In aprile una nuova mostra, New Worlds: Women to Watch 2024, mostrerà anche un’opera di Irene Fenara, artista contemporanea. Non una grande presenza italiana, ma in Italia, esattamente a Milano, dal 2004 esiste una associazione collegata con il museo che porta avanti lo stesso discorso di riconoscimento e mostra dell’arte femminile (https://www.italynmwa.com/)
Discorso tuttora estremamente necessario: secondo uno studio pubblicato dalla rivista PLoS One nelle collezioni permanenti dei 18 maggiori musei americani l’87% delle opere è di artisti uomini. Nel 2022 il Burns Halperin Report ha stabilito che le acquisizioni compiute fra il 2008 e il 2020 da 31 dei maggiori musei americani erano solo per l’11% di opere di artiste donne. Ovvero l’89% erano opere di artisti uomini. Il giornale Guardian addirittura evidenzia come la London National Gallery contiene solo 1% di opere d donne e propone di cambiargli quindi nome: National Gallery of Men in the Arts….
“È triste che dobbiamo ancora avere un museo dedicato all’arte delle donne – ha spiegato Petah Coyne – io sono una privilegiata perché espongo anche altrove ma ci sono tantissime artiste brave che non vengono riconosciute ed è terribile. Quindi questo museo deve esistere e non deve rimanere il solo.”

National Museum of Women in the Arts
1250 New York Avenue NW Washington