Con i suoi dialoghi minimi, le scene quadri spogli, le luci fredde, la storia cruda, Fallen Leaves è un capolavoro di minimalismo finnico, dell’immaginazione austera del regista e sceneggiatore Aki Kaurismäki. Premio della giuria all’ultimo Festival di Cannes il film è spiazzante per chi non conosce già il regista, beniamino dei festival, con la sua poetica della vita e del mondo che è essenziale, che ricorda che i sentimenti, per quanto esili vanno coltivati, alimentati in questo mondo di diseguaglianze degrado e dolore.
I due protagonisti, Ansa (Alma Poysti) e Holappa (Jussi Vatanen), conducono vite di squallida ordinarietà, lei lavora in un supermercato lui in un cantiere, lei viene licenziata perché porta a casa il cibo scaduto che avrebbe dovuto buttare nella spazzatura, lui perché beve durante il lavoro per affogare la solitudine e la depressione. Si incontrano in un bar di karaoke, lui beve, lei ascolta, si guardano, non si parlano. Si rincontrano quando lei perde anche il secondo lavoro come lavapiatti in un locale chiuso per spaccio di droga. Lui le offre un caffè poi anche un croissant: lei non ha mangiato, non è stata pagata, non ha un centesimo. Quando poi vanno al cinema insieme lei dice a lui che non ha mai riso tanto, ma il suo viso è serio, quanto quello di lui, e si fatica a immaginare che abbia riso e lo abbia fatto in un film così volutamente grigio. Eppure Bill Murray e Adam Driver che lottano contro un gruppo di zombie ne I morti non muoiono – The Dead Don’t Die di Jim Jarmush (citazione omaggio di Kaurismäki al suo amico regista) dovrebbero indurre perlomeno al sorriso.
Inizia allora il gioco del trovarsi e perdersi centrale nelle storie romantiche, lei va a casa e accende la radio, non possiede neppure una televisione, ma le notizie che le arrivano sono della guerra nella troppo vicina Ucraina e la spegne subito. Lui va nel suo dormitorio ma per strada perde il numero di lei. Si ritrovano e lei lo invita a cena, e deve comprare per l’occasione un secondo piatto e seconde posate, ma lui beve troppo e lei lo manda via perché non vuole ripetere il destino della madre morta di dolore perché il padre e il fratello si ubriacavano. La luce arriva quando lei adotta un cane randagio, lo porta a casa legato ad una corda, gli fa il bagno e lui dorme nel letto con lei. La luce arriva quando infine i due vanno a casa insieme e li si vede di spalle, lui claudicante lei che lo sorregge, e non si può non pensare a Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936), una citazione voluta per raccontare un mondo che non è molto migliore quasi 100 anni dopo.

“In questo film faccio disinvoltamente un piccolo plauso ai miei dei, Bresson, Ozu e Chaplin, ma sono comunque l’unico responsabile di questo catastrofico fallimento!” ha scritto Kaurismäki nelle note di produzione. E il film è pieno di citazioni dai manifesti dei film appesi al bar, la musica di Mambo Italiano suonata, il poster del film Brief Encounter-Breve incontro del 1945 davanti al quale i due si fermano all’uscita dal cinema, quello di Tom Jones appeso sul letto del dormitorio di Holappa.
Fallen leaves è un film sulla vita dei tanti che vivono con poco, isolati, con lavori disumanizzanti in un mondo di macchine. A loro, al proletariato, Kaurismäki ha già dedicato la sua attenzione nei suoi precedenti Ombre nel paradiso-Shadows in Paradise” del 1986, Ariel del 1988 e La fiammiferaia-The Match Factory Girl del 1990. Ci torna con questo per dire che per loro come per tutti c’è una speranza ed è coltivare i sentimenti.
“Anche se finora mi sono fatto una reputazione discutibile girando soprattutto film violenti e irrilevanti, ho finalmente deciso, tormentato da tutte le guerre insensate, inutili e criminali, di scrivere una storia sui temi attraverso i quali l’umanità potrebbe avere un futuro: l’anelito all’amore, alla solidarietà, alla speranza e al rispetto per gli altri, la natura e tutto ciò che è vivo o morto. A condizione che il soggetto lo meriti” ha scritto il regista tornato dietro alla macchina da presa sei anni dopo l’annuncio di non volere più dirigere. Ma il fragore delle bombe dalla confinante Russia deve averlo convinto a tornare per dirci che l’unica speranza in questo mondo infinitamente crudele e tragico, è l’amore. È il bacio lieve che Ansa da ad Holappa per salutarlo e la mano di lui sulla guancia per cercare di trattenerlo. Lì per sempre.