L’Italia è un paese che rifiuta il futuro, dice Gabriele Salvatores, ospite d’onore al Lucca Film Festival. Insignito del premio alla carriera il regista dice “Sono felice, anche se i premi alla carriera mi fanno sentire vecchio”. Tante le domande durante una Masterclass al cinema Astra, a cui è seguita una celebrazione per i suoi 40 anni di attività.
“Il mio sogno non era diventare regista, volevo fare il musicista, ma a parte l’incipiente calvizie, non ero sufficientemente dotato. Mi sono quindi dedicato inizialmente al teatro, pensando che forse sarei riuscito a trasmettere meglio ciò che sentivo, le storie che volevo raccontare”: Con la gentilezza e la grazia che lo contraddistinguono, Salvatores ripercorre il lungo rapporto d’amore con la città a cui è legato anche grazie alla compagna Rita Rabassini, nota scenografa che a Lucca risiede. Su di lei racconta anche un divertente aneddoto che lo riporta con la memoria alla sera degli Oscar, quando a Hollywood nel 1992, si aggiudicò la statuetta per il miglior film straniero con Mediterraneo.

“Quando scendi dal palcoscenico devi attraversare una specie di percorso a ostacoli, ci sono giornalisti, fotografi, membri dell’Academy, quindi i responsabili della sicurezza ci conducono – ero assieme a Diego Abatantuono protagonista del film – all’interno di una stanza ermeticamente sigillata. Improvvisamente le porte si aprono e vediamo correre Rita inseguita dal personale, non era stata riconosciuta. Sia io che Diego urliamo “Lasciatela entrare, è mia moglie”. Lo stupore fu generale, fino a quel momento eravamo riusciti a mantenere il riserbo sulla nostra relazione… la mia attuale compagna era la ex moglie di Abatantuono”.
Sollecitato dalle domande di Cristina Puccinelli e Flavia Piccinini, parla della vita di emigrante a Milano a soli 6 anni, delle origini napoletane, delle amicizie di cui tanto ama circondarsi, dei nuovi progetti: emergono alcune anticipazioni sul prossimo film previsto in uscita nel 2024 intitolato Napoli-New York: “Racconta la storia di due bambini napoletani che emigrano nella Grande Mela a fine anni ’40. Si tratta di una storia d’amore a cui si unisce un dramma. Voglio subito precisare che non si tratta di un film politicamente corretto. Io non mi sono mai posto la domanda se esserlo oppure no. Ognuno di noi deve seguire la propria strada, ciò che sente intimamente”. Iniziano a emergere molti dettagli sulla trama e senza accorgersene, probabilmente, Salvatores fa spoiler anche su quello che sarà il finale.

Poi lancia un appello a tornare a riempire le sale “perché gli attori, ma soprattutto i registi si nutrono di questo. In Italia, contrariamente a quanto sta accadendo in altri paesi europei, è un momento difficile per il cinema. Quella che facciamo è un’arte popolare, è fatta per essere replicata, per essere vista dal maggior numero di persone, che arrivando nell’intimità e nel buio hanno spesso bisogno di vedere rievocati i loro fantasmi, i loro demoni. Viviamo una vita iperattiva, in cui siamo sempre gli indiscussi protagonisti del nostro tempo. Non è bello almeno per due ore lasciare che altri ci conducono nel loro sogno?”
La serata è continuata al Circolo dell’Unione, dove un party informale è stata occasione per proseguire la conversazione. Non ha mai pensato di spostare la sua carriera negli Usa? “Una proposta di andarci è arrivata quando avevo da poco iniziato la storia con Rita; lei però aveva una figlia, e in quel momento non si poteva spostare. Poi la cultura è molto diversa dalla nostra; i colleghi che sono andati hanno fatto qualcosa, ma sono tornati indietro. Pensi, di Mediterraneo continuavano a chiedermi se fosse un film di guerra, d’amore o una commedia, senza capirne le sfaccettature, e che poteva essere tutti questi generi assieme”.
Che idea si è fatto di quanto sta accadendo adesso in merito agli scioperi degli attori e degli sceneggiatori, delle disparità economiche fra attori e attrici? “I diritti devono sempre essere riconosciuti e le disparità combattute” replica Salvatores. “È riscontrabile purtroppo, che a parità di successo un attore viene pagato più della collega, in America come in Italia. Non le so dare una motivazione ma è così. Anche i ruoli assegnati alle donne spesso sono minoritari ed esigui rispetto ai maschili. Io penso che noi maschi abbiamo sempre avuto paura del femminile; io stesso sono stato in difficoltà a entrare nel vostro mondo. Quando è morta mia madre sono rimasto scioccato, era scomparso il corpo che mi aveva dato la vita. Purtroppo mai come in questo particolare contesto storico, in Italia, le donne e le adolescenti vengono uccise; siamo un paese che sta rifiutando il futuro”.