Il 78º Festival di Cannes si è chiuso con un’immagine che resterà: la cerimonia di premiazione illuminata da generatori, dopo un blackout che ha lasciato al buio buona parte della Costa Azzurra. Un’interruzione elettrica sospettata di matrice dolosa – con tre piloni tranciati e un incendio in una sottostazione – ha colpito proprio nel giorno della chiusura. Eppure, lo spettacolo non si è fermato: la Palma d’Oro è andata a It Was Just an Accident di Jafar Panahi. la Palma d’Oro a It Was Just an Accident di Jafar Panahi, autore iraniano in esilio e simbolo vivente di un cinema che resiste, lotta e si fa voce di chi non ne ha. Il film, un thriller morale nero e silenzioso, affronta con chirurgica intensità il confronto tra cinque ex dissidenti e il loro torturatore, scavando nei meandri del senso di colpa e della vendetta. È il ritorno di Panahi a Cannes dopo oltre vent’anni di assenza forzata.
Durante la cerimonia di premiazione, il regista ha pronunciato un appello alla riconciliazione e alla libertà rivolto a tutti gli iraniani, ovunque si trovino: “Mettiamo da parte le nostre divergenze. L’unica cosa che conta ora è la libertà del nostro Paese”.
Accanto al film di Panahi, il Grand Prix è andato a All We Imagine As Light di Payal Kapadia, sorprendente opera prima di finzione della regista indiana. Ambientato tra le corsie di un ospedale di Mumbai e le coste del Konkan, il film racconta tre solitudini femminili che, tra sogno e realtà, trovano una via di rinascita.

Altro film centrale nella geografia emotiva e politica di Cannes 2025 è Sound of Falling di Mascha Schilinski, premiato con il Premio della Giuria ex aequo con Sirât di Óliver Laxe. Se Sound of Falling attraversa un secolo di storia tedesca seguendo quattro generazioni di donne legate a una fattoria spettrale, Sirât si ispira al ponte islamico che separa il paradiso dall’inferno, trasformandolo in metafora di un viaggio spirituale e fisico tra padre e figlio, in cerca della figlia scomparsa nel deserto marocchino.
Il premio per la Miglior Regia è andato a Kleber Mendonça Filho per The Secret Agent, ambientato durante la dittatura militare brasiliana degli anni ’70. Il protagonista, Marcelo (interpretato dal premiato Wagner Moura), è un uomo comune in fuga con il figlio, immerso in un paesaggio carico di tensione politica e dolente introspezione.
La Miglior Attrice è Nadia Melliti, volto nuovo e potentissimo, per il suo ruolo in The Little Sister, dove interpreta una giovane franco-algerina alle prese con le contraddizioni culturali e l’esplorazione della propria identità sessuale.
Il Premio alla Sceneggiatura è andato ai fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne per The Young Mother’s Home, dramma corale ambientato in un centro per madri adolescenti, tra maternità precoci, dipendenze e speranze di riscatto. Un ritorno lucido e toccante del duo belga, che conferma la loro maestria nel raccontare la fragilità umana.
La Caméra d’Or, destinata alla miglior opera prima, è stata assegnata a The President’s Cake di Hasan Hadi, ambientato nell’Iraq di Saddam Hussein. Un film sorprendente, già definito da alcuni critici come “più forte di molte opere in concorso”. Il Premio Speciale è andato a Bi Gan per Resurrection, un’opera visionaria che riafferma la vitalità del cinema d’autore asiatico.
Infine per la sezione cortometraggi, la Palma d’Oro è stata assegnata a I’m Glad You’re Dead Now di Tawfeek Barhom, mentre la Menzione Speciale è andata ad Ali di Adnan Al Rajeev.