Sul palco del Tribeca Film Festival, in programma dal 4 al 15 giugno a New York, Martin Scorsese e Robert De Niro hanno condiviso con il pubblico la genesi di Casinò, in occasione del trentesimo anniversario del film cult del 1995. I due maestri hanno offerto uno sguardo lucido sul loro cinema e sul mondo, che nel frattempo è cambiato. A fare da contrappunto, W. Kamau Bell, comico e moderatore, cerca di tenere insieme ironia e riverenza. Non facile, quando hai davanti uno che ha girato Taxi Driver e l’altro che l’ha interpretato.
Scorsese ha parlato di Casinò come se fosse una tragedia greca mascherata da noir. Eppure, ha osservato, Las Vegas non è più la stessa. “Ora ci puoi portare la famiglia e trovarti nel cuore del capitalismo che ha preso il posto della criminalità organizzata. Un tempo c’erano mafiosi in giacca larga, ora ci sono manager in polo Ralph Lauren”.
Il racconto prosegue e diventa sempre più personale. De Niro parla dei completi color pastello, dell’attenzione maniacale ai dettagli e delle ore trascorse a costruire la postura di Ace Rothstein, l’uomo che scommette su tutto tranne che sull’imprevisto. “Tutti quei vestiti sono in un archivio, in Texas”, rivela l’attore. Come a dire: io ho fatto la mia parte, ora tocca alla storia decidere che farne.
Poi arriva il momento finale in cui Scorsese – che ha settant’anni ma l’entusiasmo di un neofita – si lascia andare a una piccola invettiva. Contro le scorciatoie, contro il montaggio frettoloso, contro la paura di essere troppo. “Usate la vostra voce, finché potete”, dice rivolto ai giovani registi. “Questo è il momento”.