Presentato in anteprima durante l’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Il Mecenate di Massimiliano Finazzer Flory sarà proiettato il 30 aprile 2025 presso l’Istituto Italiano di Cultura. Il documentario ricostruisce la figura di Galeazzo Arconati, considerato il primo mecenate della modernità, guidando lo spettatore attraverso racconti, interviste e immagini tra i miti scolpiti nelle statue di Villa Arconati – da Diana ed Ercole ai labirinti, dai satiri erranti al carro di Fetonte e alla tragedia di Laocoonte. Accanto a queste immagini, il restauro della monumentale statua di Pompeo Magno documenta un atto di cura che è anche gesto di resistenza culturale.
Per Finazzer Flory, “essere mecenati significa proteggere non solo le opere d’arte, ma anche gli artisti stessi”. La visione di Arconati introduce qualcosa di ancora più innovativo: la necessità di tutelare anche i luoghi dove l’arte nasce e si trasmette. Il collezionista, nel suo pensiero, si trasforma in coproduttore di un sistema culturale aperto, non più semplice possessore privato. È da questa intuizione che prende ispirazione oggi il lavoro della Fondazione Augusto Rancilio, esempio creativo di come memoria e responsabilità possano convivere per preservare e rilanciare la bellezza.

Attraverso le voci di Pietro Marani, Marco Maria Navoni, Matteo Nucci e Silvia Romani, il documentario mostra come il mito non sia solo ornamento, ma un linguaggio vivo che educa e lega corpo, fede e ragione. Come osserva Finazzer Flory, allegorie e metafore sono strumenti indispensabili per dare voce alla nostra umanità. È da questa consapevolezza che nasce la proposta di un “turismo delle radici”, capace di riscoprire il senso profondo dell’arte oltre la semplice fruizione estetica.
Il gesto di Arconati — la donazione del Codice Atlantico all’Ambrosiana nel 1637 — emerge come momento decisivo non solo per Milano, ma per l’identità culturale europea. Il regista sottolinea come senza questo atto oggi conosceremmo un Leonardo da Vinci solo parziale: “Avremmo avuto il pittore e lo scienziato, ma ci sarebbe mancato l’inventore, l’interprete profondo della natura e dell’uomo. Senza la donazione, Leonardo sarebbe rimasto frammentato nei suoi ruoli, privandoci della sua visione integrale”. Il documentario traduce tutto questo senza didascalie: le immagini parlano da sole, senza ansia di spiegare, ma con la forza calma di chi accompagna.
Massimiliano Finazzer Flory vede nel cinema una forza capace di trasformare l’immagine in parola e di arricchire la vista di visione, restituendo quella capacità emotiva senza la quale né la storia né l’arte troverebbero origine. Come nella Primavera di Botticelli, anche il linguaggio cinematografico invoca una “dea” — la filologia — per coniugare rigore scientifico e bellezza narrativa. “Anche un quadro è una finzione che diventa verità”, osserva il regista, convinto che il cinema, quando guidato con sapienza, sia una delle forme più potenti e democratiche di mediazione culturale.
Il viaggio si chiude con uno sguardo rivolto al futuro. Nel nostro tempo, dominato dall’accelerazione tecnologica e dalla sfida dell’intelligenza artificiale, il mecenatismo trova nuove strade. Finazzer Flory immagina mecenati globali, capaci di costruire comunità culturali senza confini: “Il Rinascimento non è solo un’epoca, è una forma mentis che si rinnova ogni volta che mettiamo in discussione il presente. Oggi, servono nuovi mecenati: ministri culturali di comunità apolidi, capaci di far sventolare il progetto della bellezza come progetto di conoscenza”.