Nel 1971, il Brasile è oppresso dalla morsa della dittatura militare, ma la famiglia Paiva sceglie di resistere con l’arma più potente: la gioia. Tra abbracci, sorrisi e cene in compagnia, Eunice (Fernanda Torres) e Rubens (Selton Mello) costruiscono un nido di affetto che diventa un baluardo contro l’oppressione. Un giorno, alcuni “poliziotti” bussano alla loro porta per portare via Rubens per un interrogatorio. Chiudono tutte le finestre della casa, gettandola in un’oscura inquietudine. Il giorno successivo, Eunice viene arrestata e trattenuta per dodici giorni. Al suo ritorno, la casa è segnata dall’assenza di Rubens, un vuoto che ora domina la sua vita.
“Desaparecido”, la parola che tormenta le famiglie brasiliane da anni, pesa come un macigno sulla vita di Eunice. Migliaia di uomini, come Rubens, sono svaniti nel nulla, lasciando dietro di sé mogli e figli a fronteggiare un destino incerto. Walter Salles, regista del film Io sono ancora qui (titolo internazionale I’m Still Here), spiega: “Questa storia tocca corde profonde e universali. Quando ho letto il memoir di Marcelo Rubens Paiva, ho visto un riflesso di tutte le donne che hanno vissuto il trauma della perdita e della resistenza. Ho voluto raccontare la loro forza silenziosa, il loro coraggio quotidiano”.
Il ritorno alla quotidianità per Eunice non è stato semplice. Il suo salotto, un tempo pieno di vita, ora è un luogo di attesa e incertezza. Con la grazia di chi ha imparato a convivere con il dolore, Eunice si muove con gesti misurati, ma nei suoi occhi si legge l’angoscia di chi non ha mai smesso di sperare in un ritorno. Il governo non fornisce risposte, e ogni tentativo di ottenere giustizia si scontra con un muro di silenzio.

Fernanda Torres, vincitrice del Golden Globe come Migliore Attrice in un film drammatico, incarna una Eunice che rifiuta di essere solo una vittima. Diventa il fulcro della famiglia, lottando per il diritto di conoscere la verità. Mentre il regime cerca di corromperla e intimidirla, Eunice resiste, cercando di mantenere una parvenza di normalità per i suoi figli, nonostante l’ombra onnipresente di Rubens.
Quando la dittatura brasiliana termina ufficialmente nel 1985, emergono testimonianze di torture e repressioni, ma il destino di Rubens rimane un mistero. Nel 1996, il governo brasiliano – ormai una democrazia – ha ufficialmente rilasciato un certificato di morte per Rubens Paiva, riconoscendo la sua scomparsa, anche se il suo corpo non è mai stato ritrovato. Oggi, le associazioni per i diritti umani lavorano senza sosta per identificare le vittime della dittatura, ma il percorso verso la giustizia resta irto di ostacoli burocratici e politici. Walter Salles riflette: “Il cinema può restituire voce a chi l’ha persa. Raccontare queste storie significa non solo preservare la memoria, ma anche cercare giustizia e riconoscimento. Eunice Paiva è diventata un simbolo della resistenza silenziosa, quella che si costruisce ogni giorno”.
In una storia che potrebbe facilmente scivolare nel melodramma, Salles realizza un capolavoro che bilancia disperazione e speranza, rendendo omaggio a una vita perduta e a tutte le vittime delle tensioni politiche. Il regista brasiliano ha già conquistato pubblico e critica con Central do Brasil, un film che non solo ha consacrato il suo talento a livello mondiale, ma ha anche reso Fernanda Montenegro un’icona del cinema internazionale. Hollywood non ha tardato ad accorgersi di lui, affidandogli la regia di successi come I diari della motocicletta, il thriller psicologico Dark Water e l’adattamento del leggendario On the Road di Jack Kerouac.
Dopo il debutto negli Stati Uniti il 19 gennaio, Io sono qui arriverà nelle sale italiane il 30 gennaio, forte di tre prestigiose candidature agli Oscar: Miglior film, Migliore attrice protagonista per Fernanda Torres e Miglior film internazionale. “È un film necessario per il Brasile di oggi”, afferma Salles. “Mai come ora è fondamentale guardare al passato per evitare di ripetere gli stessi errori. L’ascesa dell’estrema destra rende ancora più urgente una riflessione su quegli anni bui”.