Le strade polverose dell’America, i suoi diner con insegne al neon sbiadite e un hamburger che diventa metafora di riconciliazione in un Paese diviso: è così che Gianluca Vassallo (Il Posto, 2024; La Sedia, 2023), ci porta dentro il sogno democratico americano nel suo nuovo documentario, The Lunch. Le riprese sono cominciate il 10 ottobre 2024 a New York, ma è solo l’inizio di un viaggio attraverso dieci stati, che si concluderà simbolicamente il giorno delle elezioni presidenziali, il 5 novembre.
The Lunch, prodotto da Maddalena Satta per White Box Studio e coprodotto dalla statunitense The Curiosity Cabinet, non cerca di mettere a fuoco le ideologie, ma piuttosto la vita vera. Un’America fratturata, certo, ma anche capace di sorprendere con la sua resilienza, con comunità che, nonostante tutto, resistono e si reinventano nel vortice di una campagna elettorale feroce.
Nel suo terzo lungometraggio, Vassallo racconta l’ultimo mese della campagna presidenziale americana attraverso due linee narrative. Da una parte, una serie di microstorie che emergono dagli incontri casuali, piccoli frammenti che rivelano le contraddizioni e la complessità della vita quotidiana negli Stati Uniti. Dall’altra, c’è la storia di Jesus e Jack. Jesus è un cuoco messicano, Jack un elettore trumpiano: ogni giorno, in un diner come tanti, i due condividono un pranzo. Quel momento così ordinario, quel gesto quotidiano di preparare e mangiare un hamburger, diventa l’ossatura di un racconto più grande. Senza che se ne accorgano, le loro vite finiscono per intrecciarsi con quelle di molti altri, fino a culminare in un gesto finale.
Ma The Lunch è anche un viaggio fisico. Dalla frenesia di New York ai silenzi sterminati del Midwest, dal caos delle metropoli ai paesaggi rurali dimenticati. Ogni diner, ogni città, diventa una finestra aperta su un Paese complesso. E Vassallo, con uno sguardo distante dai riflettori della politica, ci invita a scoprire non i protagonisti della scena, ma chi la guarda. Sono gli elettori, con le loro storie e i segni lasciati dal tempo, a svelare una realtà più autentica di qualsiasi promessa.

Finanziato senza contributi pubblici, il film ha preso vita grazie alla fiducia di piccoli investitori che hanno creduto nel progetto, creando una collaborazione internazionale tra Italia e Stati Uniti. Questa autonomia creativa permette a Vassallo di costruire un racconto autentico e libero da vincoli.
Non è solo il film a raccontare una storia. Progetti paralleli come Steal My Lunch arricchiscono il viaggio: una serie di Polaroid lasciate lungo il percorso del film, pronte per essere trovate e fatte proprie da chiunque. È un gesto artistico curato da Mercedes Corveddu, che debutta anche alla regia con il docufilm I’m a Rural Queer. Queste iniziative non sono semplici accessori, ma estensioni del racconto stesso, che trasportano l’esperienza del film oltre lo schermo, coinvolgendo il pubblico in un dialogo più ampio e diretto.