Christopher Reeve è l’eroe che Hollywood ha trasformato in mito, ma la sua storia va ben oltre il mantello e i superpoteri. Il documentario Super/Man: The Christopher Reeve Story, diretto da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui, sceglie di raccontare l’uomo prima dell’icona, capovolgendo ogni aspettativa. Si parte subito dall’incidente equestre del 1995 che lo paralizzò dal collo in giù, rendendo l’inizio della sua storia un colpo che azzera ogni cliché. L’infanzia, gli anni di gloria e la fama planetaria come Superman diventano il prologo di un racconto più profondo, dove il vero coraggio non si misura in battaglie epiche, ma nella lotta quotidiana contro un corpo che non risponde più.

Alla proiezione al cinema Adriano di Roma, parte del ciclo Aspettando Alice nella città, una rassegna dedicata alle opere nuove e meno conosciute della Festa del Cinema di Roma, erano presenti i registi insieme a Matthew, il figlio dell’attore. “Quando penso a mio padre, non vedo Superman in volo. Penso a noi, seduti al pianoforte, o a passeggiare insieme. La sua forza si esprimeva in quei piccoli momenti, nei silenzi che raccontavano molto più delle parole”. Con il pubblico ha poi condiviso un ricordo intimo: “Avevo regalato a mio padre un finto pulsante di “espulsione” per la sua sedia a rotelle. Era il nostro modo di scherzare su una realtà difficile, e lui apprezzava quel tipo di ironia. Sapeva ridere, persino di fronte alla tragedia”.
In uscita il 10 ottobre, Super/Man: The Christopher Reeve Story scorre tra episodi noti e meno conosciuti: Reeve, che aveva studiato alla Cornell e alla Juilliard, era prima di tutto un attore teatrale, un giovane dal grande talento ma ancora lontano dalla fama. La parte di Superman gli fu offerta in un momento in cui era alla ricerca di ruoli intensi e drammatici. Gli amici lo avevano messo in guardia, temendo che quel personaggio iconico potesse relegarlo per sempre in una dimensione stereotipata. Reeve, all’inizio, aveva condiviso quei timori, ma decise comunque di accettare, portando sullo schermo un Superman lontano dall’immagine rigida e unidimensionale dei fumetti. Un’interpretazione che avrebbe segnato comunque tutta la sua carriera, nonostante i suoi tentativi di cimentarsi in altri progetti cinematografici. Ormai lui era e sarebbe sempre rimasto Superman.
Una delle scene più celebri, e rivissuta nel documentario, è quella in cui Clark Kent rivela la sua vera identità a Lois Lane. Reeve, con un semplice cambio di postura, passava dall’insicurezza di Kent alla potenza di Superman, senza effetti speciali.E poi c’è Dana Reeve, una presenza costante e amorevole, ritratta come il pilastro di resilienza e sostegno della famiglia. Matthew racconta di un momento cruciale, quando la madre li preparò a vedere il padre per la prima volta dopo l’incidente: ‘Ci disse di tenere a mente che, nonostante tutto, lui era sempre lo stesso. Quelle parole ci permisero di affrontare quella difficile prova con uno sguardo diverso”.