Con la partenza di Umberto II, noto come “il re di maggio”, e la proclamazione della Repubblica, avvenuta dopo l’esito del referendum del 2 giugno 1946, si configurarono complessi scenari per il destino del Palazzo Quirinale e degli altri beni di proprietà dell Casa Savoia, generando valuazioni politico-istituzionali divergenti. Lo storico dell’arte Emilio Lavagnino aveva avanzato la proposta di musealizzare il Palazzo, seguendo l’esempio del Louvre e dell’Ermitage.
Nel frattempo, le camere da letto vuote, le anticamere deserte e i portoni chiusi tratteggiavano un panorama di smarrimanto e desolazione. L’inaccessibilità dei magazzini delle livree, delle stoviglie e delle scuderie contribuiva a conferire un senso di abbandono. Il Palazzo del Quirinale, impreziosito da arazzi e collezioni d’arte, testimonianza di una lunga storia come residenza dei Papi e successivamente dei Savoia, fu affidato ad un Commissario straordinario. Pietro Baratono, Consigliere di Stato, assumendo questo delicato incarico, ereditò le responsabilità del Ministero della Real Casa, segnando così un nuovo capitolo nella gestione della storica sede. In questo scenario, il trono reale fu smontato per essere recuperato nel 2017, in occasione della mostra “Dalle Regge d’Italia, tesori e simboli della regalità sabauda” allestita a La Venaria Reale, un maestoso complesso monumentale alle porte di Torino e una delle residenze dei Savoia. Al termine dell’esposizione, il trono è stato riportato al Quirinale, dove è conservato, arricchendo la sua dotazione storica.
Nel gennaio del 1948, un provvedimento governativo ufficializzò la destinazione del Palazzo del Quirinale come sede della Presidenza della Repubblica, una decisione fortemente sostenuta da De Gasperi e dal suo Governo. Tuttavia, Enrico De Nicola, inizialmente Capo Provvisorio dello Stato e successivamente, dal 1°gennaio 1948, Presidente della Repubblica, scelse di non trasferirsi al Quirinale. Egli infatti restò a Palazzo Giustiniani fino al termine del mandato il 12 maggio 1948, mettendo in luce una divergenza significativa tra il Governo e la massima Istituzione del Paese in un momento cruciale della nascita della Repubblica. Durante quegli anni di transizione, il Quirinale, non ancora sede presidenziale, accoglieva non solo la struttura amministrativa, ma anche famiglie di sfrattati e sfollati, grazie al sostegno di Umberto II.
Organizzazioni assistenziali, dedite alla cura dei piccoli mutilati e di orfani di guerra operavano attivamente all’interno del Palazzo. Nel periodo 1946-1948, il Quirinale, con la sua atmosfera e la sua storia, si trasformò in una suggestiva e inusuale location cinematografica, diventando un set ideale per le produzioni americane. La scelta del Palazzo come location fu dettata non solo dall’adeguatezza del luogo, ma anche dalla convenienza economica, poiché non comportava alcun costo aggiuntivo.

Contestualmente, furono avanzate richieste per la Tenuta di Castelporziano, considerata un’ambientazione adatta per le riprese di un film in costume. Il Ministro degli Esteri, Carlo Sforza, in stretta collaborazione con il Governo, si impegnò attivamente per facilitare le operazioni dei produttori, confidando nella possibilità di rilanciare l’industria cinematografica nazionale e attirare investimenti. Nell’antica sede dei papi e poi dei re, si materializzarono attrezzature cinematografiche, macchine da presa, cavi elettrici e lampade. Il regista Gregory Ratoff e l’attore Orson Welles percorrevano in luogo e in largo il Palazzo per girare alcune scene di “Cagliostro”. L’attore statunitense, con la sua presenza imponente e determinata, mantenne la sua fama alimentando accese discussioni con il regista e il resto della troupe. Nei ricordi di Valentina Cortese, condivisi nella sua autobiografia, emergono aneddoti che rivelano il piacere di Orson Welles nel creare dialoghi fuori copione per irritare il regista.
Il coinvolgimento dell’attore non si limitava alla recitazione ma si estendeva anche alla regia di alcune scene, influenzando l’intero cast con la sua forte personalità. Poco dopo il suo arrivo a Roma, Welles acquisì la fama di star inavvicinabile e misteriosa. Il set era chiuso ai visitatori esterni, a differenza di quanto accadeva nelle produzioni italiane. Una delle sue prime apparizioni pubbliche fu una cena con Palmiro Togliatti. Al Quirinale, negli appartamenti imperiali lungo la Lungamanica, dove avevano soggiornato l’imperatore Guglielmo II e il re Giorgio VI d’Inghilterra, l’attore inglese Robert Atkins, nel ruolo di Luigi XV, seguiva fedelmente il copione, interpretando il re colpito dal vaiolo. Negli stessi ambienti, Orson Welles si preparava con i suoi assistenti per le scene da girare, sottoponendosi a lunghe sessioni di trucco.
Una parte del personale del Quirinale si unì alle riprese come comparse, aggiungendo un tocco di autenticità a un’esperienza irripetibile. Nel sontuoso Salone delle Feste, il Balletto dell’Opera di Roma si esibiva con eleganza di fronte alla simulata corte francese e al misterioso personaggio di Cagliostro.
Alcuni spazi vennero trasformati in camere da letto che avrebbero ospitato Maria Antonietta, con un’attenzione ai dettagli e un seguito di comparse elegantemente imparruccate e accuratamente imbellettate. Nel suggestivo Cortile d’onore, l’atmosfera si anima con la ricostruzione di scene che raffigurano il popolo in procinto di marciare su Versailles, aggiungendo un tocco di grandiosità e drammaticità alle riprese. Durante quei giorni, il Quirinale si trasformò in un palcoscenico, dove le turbolenze che caratterizzarono il dietro le quinte di “Cagliostro”, si intrecciarono con la storia della residenza, svelando il curioso rapporto che si era creato con l’irrompere del coinvolgente mondo cinematografico.
La produzione di Cagliostro rappresentò un pioneristico primo esempio di collaborazione tra le case di produzioni americane ed italiane. Tuttavia, al momento della sua uscita, il film affrontò critiche fortemente negative dalla stampa italiana e non solo. Ancora una volta, il Quirinale si trasforma in un set, questa volta per le riprese di alcune scene ambientate alla corte di Caterina di Russia nel film “Aquila Nera”. L’adattamento cinematografico del romanzo “La figlia del Capitano” di Aleksandr Puskin fu diretto da Riccardo Freda e vantava un cast stellare, tra cui Rossano Brazzi, Irasema Dilián, Gino Cervi, Rina Morelli e Paolo Stoppa. Il film segnò il debutto di Gina Lollobrigida, che interpretrò il ruolo di una cortigiana kirghiza.
La versione internazionale della pellicola, intitolata “The Black Eagle”, suscitò un certo scalpore per la presenza di scene di nudo femminile, raffiguranti le donne alle dipendenze di Kirla Petrovic durante il bagno. Un inaspettato dettaglio che, per quel tempo, generò discussioni non solo sull’opportunità ma anche sul contenuto artistico delle riprese. Le richieste di Dino De Laurentiis, produttore del film, per visitare gli ambienti del Quirinale e individuare le diverse location, sono documentate e conservate negli archivi del Palazzo. In quel periodo, alcuni film venivano proiettati nel teatrino utilizzato come Circolo dai dipendenti, situato nelle vicinanze del Quirinale, precisamente in via Piacenza
La produzione del film “La Certosa di Parma”, adattamento del celebre romanzo di Stendhal, non solo richiese l’autorizzazione per utilizzare gli spazi dei giardini del Quirinale, ma anche la concessione di mobili ed oggetti d’arredamento per la scenografia. Il Palazzo fu coinvolto in modo completo, diventando parte integrante della realizzazione cinematografica.
Al termine delle riprese del film “Il Diavolo Bianco”, ispirato a un racconto di Tolstoj, con Rossano Brazzi e Annette Bach come attori protagonisti, gli Uffici del Quirinale inviarono una nota alla casa di produzione lamentando danneggiamenti a livree e pavimenti in legno nelle diverse location utilizzate per le scene. L’epilogo dell’attività cinematografica ebbe luogo con l’insediamento di Luigi Einaudi come Presidente della Repubblica. Il 12 maggio del 1948, alle ore 18.30, Einaudi varcò la soglia del Quirinale, preceduto qualche giorno prima da sua moglie, donna Ida Pellegrini, e Giulio Andreotti che l’accompagnò in una visita preliminare per un primo contatto con il Palazzo.
Donna Ida era particolarmente preoccupata per la presenza di pavimenti in marmo, poiché il Presidente, che si muoveva appoggiandosi ad un bastone, suscitava in lei il timore che potesse scivolare. Andreotti, insieme a De Gasperi, si era attivamente adoperato nel persuadere Einaudi a stabilire la residenza al Quirinale, rispettando così il volere della Costituente. Questa scelta per il Governo non rappresentava solo un atto formale, ma era un importante passo per consolidare la stabilità istituzionale. Nel 1952, durante la presidenza di Luigi Einaudi, la piazza antistante il Quirinale fu la cornice di una delle scene più significative de “Lo Sceicco Bianco” di Federico Fellini.
Nella ripresa, un Leopoldo Trieste povero e smarrito viene letteralmente travolto da un’orda di bersaglieri, mentre cerca la sua sposina novella, appena ammogliata e già perduta. Un salto indietro nel tempo ci ricorda che Orson Welles giudicò questo film come il miglior lavoro del regista riminese. La storia fin qui raccontata sembra sfiorare i confini di un blockbuster, con colpi di scena e decisioni importanti, creando un connubio davvero singolare tra cinema e storia del paese. Tra il 1946 e 1948, il Quirinale non solo diventa la residenza della massima istituzione italiana, ma si trasforma anche in un testimone dell’atmosfera postbellica di Roma. In questa cornice, il Palazzo attraverso le lenti della cinematografia vive una dimensione narrativa che va oltre la funzione politica.