Abbiamo tutti sognato persone a noi familiari. Non si può controllare l’inconscio. Ma cosa accadrebbe se improvvisamente tutti nel mondo, anche persone che non hai mai incontrato, iniziassero a sognare te? La premessa di Dream Scenario del regista norvegese Kristoffer Borgli si ispira all’esperimento social di guerrilla marketing Ever Dream This Man? che raccontava di un uomo apparso nei sogni di migliaia di persone nel mondo a partire dal 2006; storia in realtà creata da Andrea Natella, un sociologo e pubblicitario italiano: l’obiettivo era testare la diffusione e l’effetto delle leggende metropolitane su Internet.
Nel film di Borgli, il soggetto in questione è Paul Matthews (Nicolas Cage), un professore calvo e trasandato. Porta un paio di occhiali enormi e annoia i suoi studenti con lezioni di biologia evoluzionistica. Marito e padre di due figli, Paul è il tipo di persona che non viene mai invitata alle divertenti cene organizzate dal suo ex compagno di college e vicino di casa. Il tipo di persona che sui social ha “solo” qualche centinaio di amici, quasi tutti virtuali.
Poi, in modo inspiegabile, Paul inizia a comparire nei sogni delle persone e diventa l’uomo più famoso del mondo senza aver fatto nulla per meritarlo. L’improvvisa notorietà lo catapulta in uno stato di euforia che gli fa credere di poter realizzare qualunque cosa, anche pubblicare il libro di cui parla da anni, anche se non ha mai scritto una parola.

Il protagonista abbraccia velocemente la celebrità per migliorare la propria vita. Arriva in classe e trova l’aula strapiena. Concede interviste televisive. Una società di marketing chiamata “Thoughts?” gli propone di diventare l’influencer dei sogni del mondo, promuovendo Sprite.
Paul Matthews però non ha controllo su come le persone lo vedono. La fama si sa, è una cosa effimera. La sua vita prende una piega negativa quando nei sogni si trova involontariamente trasformato in una figura simile a Freddy Krueger. Spaventati dal suo comportamento, molti studenti, colleghi e ammiratori anonimi gli si rivoltano rapidamente contro, trasformandolo da una celebrità eccentrica in un paria universalmente detestato.
Paul viene masticato e sputato dalla società lasciando dietro di sé una scia di dreamfluencer, ovvero un gruppo di ventenni spregiudicati che sfruttando una nuova tecnologia invadono i sogni di tutti per vendere ogni tipo di prodotto. Il subconscio: l’ultima frontiera della pubblicità, ancora rimasta inesplorata dagli sciacalli del marketing.
Il ritmo accompagnatorio di Dream Scenario raramente avalla le eccentricità massimaliste degli stessi paesaggi onirici. Lo stile registico di Borgli è volutamente diluito questa volta, con gradi variabili di catarsi emotiva. Se nel suo film d’esordio Sick of Myself, ambientato nella sua nativa Oslo, in Norvegia, Borgli aveva realizzato una satira sulla civiltà dell’immagine, con Dream Scenario affronta temi simili, prendendo di mira, con un appeal più mainstream, l’abitudine tutta contemporanea di mettere qualcuno sul piedistallo per poi buttarlo giù un attimo dopo.

Borgli punta anche il dito contro il mondo accademico americano che considera gli studenti alla stregua di clienti, dando un eccesso d’importanza al loro giudizio rispetto a quello dei professori, con il risultato che poi gli studenti non sanno collocare un paese su un mappamondo. Scherza sulla cancel culture; anche coloro con un certo grado di istruzione non riescono a separare la figura di Paul da quella dell’aggressore che li minaccia nei loro sogni.
Dream Scenario, nei cinema italiani dal 16 novembre, mette in guardia l’America, e il mondo intero, sulle insidie dell’intelligenza artificiale che rischia di annullare il già sottile confine tra verità e menzogna, realtà e finzione. Ricorda la natura mutevole del successo on line. Piattaforme come TikTok hanno permesso a personaggi anonimi di diventare famosi creando video brevi e privi di significato. La rapidità con cui Paul passa dall’idealizzazione al vilipendio è spaventosa. Chiunque potrebbe diventare Paul Matthews in un’era dominata dalla cultura dell’apparenza: un uomo comune iper-suscettibile che si trova al crocevia della nostra banalità collettiva.