“Vai a vedere Barbie per la terza volta?” mi hanno chiesto sbigottiti diversi amici: eppure anche tre visioni non sono bastate a chiarirmi tutti gli strati e i livelli di lettura della pellicola di Greta Gerwig: un film epocale, non solo per il suo successo straordinario ai botteghini di tutto il mondo, o perché sia bellissimo (de gustibus), molto divertente, colorato, pieno di musica e danza; ma perché all’intrattenimento puro aggiunge dei messaggi significativi, e segnerà un prima e un dopo, come fece Guerre Stellari.
È troppo didascalico? No. Si rivolge a un pubblico giovane, a cui le cose bisogna spiegarle forte e chiaro, e non solo nel mondo occidentale (e anche così conosco gente che non ha proprio colto il lato femminista della storia, credeteci o no).
La vicenda ridotta all’osso: a Barbieland le Barbie dominano e i Ken sono meri accessori. In un viaggio nel Mondo Reale, Barbie Stereotipa scopre il patriarcato assieme a Beach Ken, il quale cercherà di trasportare il dominio dei maschi a casa. Ma Barbie con un paio di umane sventa il piano e decide però, avendo assaggiato le emozioni, che vuole rischiarsela nel Mondo Reale.
Nella prima, folgorante scena – omaggio a 2001 Odissea nello Spazio – le bimbe abbandonano e spaccano i noiosi bambolotti- figli quando scoprono Barbie. Si prepara così l’idea geniale del film: Barbieland è a rovescio, le Barbie possono fare tutto (esistono decine di modelli, astronauta, pilota…), come a dire che le bambine possono sognare il loro futuro libero e bello… ma quando crescono?
Mamma e figlia – Lo scopriamo quando incontriamo l’adolescente Sasha, furiosa con Barbie (che definisce persino fascista; per la Mattel che ha coprodotto il film sarà stata dura da accettare), e col mondo che non mantiene le promesse; anche con sua madre Gloria.
Due mondi in equilibrio – Il terrore dei dirigenti Mattel quando scoprono che una Barbie è fuggita porta a pensare che il Mondo Reale si mantenga in equilibrio grazie al suo contraltare Barbieland. Ovvero: finché esiste un sogno per le bambine e le donne, ed è possibile distrarle dalla verità, è possibile anche mantenere in vita una struttura patriarcale della società che altrimenti viene incrinata.
Come si sconfigge il Kendom – Difatti, per liberare le Barbie dall’ipnosi collettiva – che le ha colte quando Beach Ken porta il patriarcato in casa e i Ken si impossessano del potere, riducendole a cameriere e adoranti schiavette – è necessario deprogrammarle, illuminandole sulla realtà del patriarcato, a partire dall’ormai celebre discorso sull’impossibilità di essere donne che tiene Gloria (America Ferrera).

A margine, si noterà che gli uomini sono un po’ scemi: nel finale i Ken si fanno infinocchiare facilmente per diverse ragioni. Primo: la loro facile aggressività li porta a guerreggiare (basta ingelosirli) e perdere di vista la cosa importante. Secondo, e più sottile: dietro la facciata del duro si nasconde un ragazzetto dalla fragile autostima, supportata solo dall’adorazione femminile. Se questa viene meno, il ragazzetto si sperde e non sa più chi è. Tradotto: ragazzi, il patriarcato non conviene nemmeno a voi. I’m just Ken, canta il meraviglioso Ryan Gosling, ma scoprirà che “Kenough”, Ken è abbastanza: siate chi siete e non abbiate paura di piangere.
Parità – Dopo tutto ciò, possono i Ken aspirare a un maggiore ruolo a Barbieland invece di essere accessori? Mica tanto. Al massimo un posto da giudice distrettuale, non alla Corte Suprema… ma, avverte la voce narrante di Helen Mirren, i Ken potranno acquisire tanto potere quanto ne avranno le donne nel Mondo Reale. Tradotto: altro che favolette, cominciamo a fare sul serio anche nella realtà.
Ci sono molte frasi, rimandi, indizi nella sceneggiatura che sostanziano questa lettura del testo. Ce ne sono anzi molti, molti altri che non posso qui dettagliare – così come ci sono risposte a molte delle obiezioni che ho sentito sollevare. Questo non significa che Barbie sia un meccanismo perfetto in tutto, ma la storia tiene. E a proposito di chi accusa Gerwig di essersi venduta alla Mattel, per una gigantesca operazione di marketing, vale la pena ricordare che Barbie è stata una scommessa gigantesca. Margot Robbie che non solo è protagonista, ma produttrice del film, andandolo a promuovere alla Warner Bros e alla Mattel assicurava “possiamo fare un miliardo di dollari”. È successo nelle prime due settimane… ma la certezza non c’era.
Infine: perché Barbie torna nel Mondo Reale pur avendo scoperto l’inganno? Perché nel mondo reale dobbiamo viverci, care e cari, con le sue emozioni, le sue gioie e le sue iatture; anche senza patriarcato, la Barbieland dove “ogni giorno è il miglior giorno possibile” non esiste. Dobbiamo comunque fare i conti con la finitezza dell’essere umano. Magari riprendendo possesso anche dei nostri (ritrovati) organi genitali, e con le Birkenstock ai piedi, come succede a Barbie.