Una mostra molto particolare quella che apre il 14 novembre all’Istituto Italiano di Cultura a New York: dedicata agli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, consente al visitatore un’esperienza magica immersiva, che regala una visuale d’insieme ma anche una comprensione ravvicinata dei dettagli del capolavoro. Fabio Finotti, il direttore dell’Istituto che ha voluto questo evento, ce ne ha raccontato genesi e importanza.
Com’è nata l’idea della mostra “Sotto le stelle di Giotto”?
Padova è stata da poco inserita nella lista del Patrimonio mondiale Unesco per i suoi cicli di affreschi trecenteschi. Proprio a Padova con la Cappella degli Scrovegni Giotto rivoluziona l’arte occidentale. Mi pareva giusto far conoscere al pubblico americano un tesoro che va ricercato al di fuori dei circuiti turistici più tradizionali.
Quali circuiti?
Gli americani hanno una geografia tutta loro, quando si tratta dell’Italia. Venezia, Verona (la città dell’Arena e di Giulietta e Romeo), Milano (la moda), Firenze, Roma, Napoli, le isole e ultimamente la Puglia. Padova non è sempre inserita in questo percorso.
Come mai?
Forse perché – come direbbero gli americani – è meno “sexy” di altre città. Se a Verona Shakespeare ambienta Giulietta e Romeo, a Padova colloca La bisbetica domata. E molta bellezza a Padova non è dispiegata all’esterno ma all’interno degli edifici. Stiamo infatti parlando di cicli di affreschi. Aggiungiamo il fatto che solo negli ultimi anni, grazie a un assessore appassionato di cultura e di storia come Andrea Colasio, stiamo ricomponendo l’immagine di una città grandissima nel periodo comunale, in quello signorile, nelle arti e nelle scienze grazie a due grandi poli d’attrazione internazionale come l’Università e la Basilica di Sant’Antonio.
La mostra nasce anche dal fatto che lei è padovano?
Esserlo ha facilitato i contatti con le autorità cittadine. Ma questa mostra si inserisce in una strategia più ampia che ho perseguito dall’inizio della mia direzione. Il mio obiettivo è valorizzare il policentrismo della civiltà italiana. Siamo partiti da Palermo, abbiamo proseguito con nuclei urbani di media grandezza e piccoli borghi e in questo abbiamo lavorato e lavoreremo in collaborazione con l’ENIT e con le varie amministrazioni regionali e locali. L’anno prossimo avremo una mostra dedicata a un piccolo comune, Peccioli, all’avanguardia nel creare un legame tra sostenibilità e arte.

Cosa c’è di particolare nella mostra “Sotto le stelle di Giotto”, e cosa dovrebbe attirare un visitatore che ha già a disposizione a New York musei ricchissimi come il Metopolitan?
Grazie alla collaborazione con Hidonix, offriremo la prima esperienza immersiva della Cappella degli Scrovegni, inclusa la cripta che di solito non è visitabile. Le immagini della Cappella sono il frutto di una campagna di scannerizzazione che si è svolta questa estate, utilizzando le notti per non interferire col flusso dei visitatori. Sono immagini che garantiscono una risoluzione eccezionale per cui tornano visibili aspetti straordinari della pittura giottesca: dall’attenzione per la botanica, all’anatomia, agli esperimenti prospettici. Un’app innovativa, sempre sviluppata da Hidonix, arricchirà ques’esperienza di contenuti, informazioni, immagini, grazie alla curatela di Beatrice Autizi, grande esperta di Giotto, del Trecento e più in generale della cultura padovana.
Giotto volerà dunque a New York.
Sì. E oltre a Giotto abbiamo in Istituto uno degli splendidi angeli di Guariento, che documentano il passaggio del realismo giottesco a un gusto gotico, signorile, quasi fiabesco. Le fotografie di Francesca Magnani rappresentano la Padova di oggi, nella sua vita quotidiana, nel suo contesto umano oltre che monumentale. E un’opera site specific di Ozmo crea un ponte tra ieri e oggi, l’Italia e l’America. Non a caso l’opera si intitola “Transatlantic” e sarà ancora in lavorazione il giorno dell’inaugurazione. Un “live painting” che vuole rappresentare la creatività italiana: non confinata al passato, ma sempre viva, sempre mobile, sempre capace di rinnovarsi.