Non è semplice spiegare la poetica di Antonio Cagianelli, architetto, designer e artista di origine pisana, attivo tra Milano e Parigi, presente a numerosi eventi espositivi in Italia e all’Estero. Attento alle trasformazioni della realtà e del mondo, scrupoloso indagatore dell’animo umano, con altrettanto spirito critico si rivolge alle sue creazioni e, nel pieno rispetto della sua formazione, poliedrica e aperta, trasforma le sue ispirazioni in progetti, il cui potente impianto costruttivo e teorico, rappresenta la base di tutto ciò che crea.

Se da un lato cogliamo il suo impegno rivolto alla “costruzione”, dall’altro notiamo la sua tendenza ad argomentare l’opposto: ogni tema è montato e smontato in un costante rimando di contrasti. Tesi e antitesi convivono alla ricerca di un equilibrio che Cagianelli trova sempre e concede alle sue opere grazie all’armonia delle sue creazioni, realizzate come designer, artista e anche architetto. In queste sue manifestazioni si alternano elementi antichi e contemporanei, passato e futuro, impresa e fallimento. Un dialogo costante tra opposti e che riecheggia, infatti, anche nelle sue ultime opere.
Nella fase più recente del suo lavoro Antonio Cagianelli si rivolge al genere pittorico dei “Capricci”, nei quali le rovine dei monumenti antichi fantasiosamente rielaborate, interpretano il concetto di una Vanitas che non riguarda più solo la sfera interiore e il destino personale dell’individuo, ma anche ciò che lo circonda, compresa la storia dell’uomo e il suo divenire.
Si tratta di una visione del mondo in cui tutto scorre e si distrugge, ma allo stesso tempo si rigenera attraverso i linguaggi sorti sulle rovine di quelli passati, talvolta scontrandosi, altre convivendo, in un vortice temporale nel quale presente e passato si mescolano: elementi lontani si avvicinano mentre altri, appartenenti al presente, si imprimono come tatuaggi su quelli passati, senza alcuna logica o consequenzialità, ma ogni volta in una diretta comunicazione tra loro. Opere, dunque, in cui si fondono influssi provenienti da mondi arcaici, elementi esoterici e simboli della metropoli contemporanea: segni provenienti dall’antichità classica e linguaggio pop con evocazioni surrealiste.

In questo dinamismo infinito, Cagianelli progetta nuove composizioni e combinazioni che spiazzano la percezione dello spettatore, trascinandolo in un viaggio che, come lo stesso artista afferma, “funziona come una sorta di macchina del tempo impazzita e fa riflettere sull’apocalisse e il caos del mondo contemporaneo”.
Così il teschio, referente simbolico della caducità della vita umana e spesso presente nella tradizione iconografica cristiana, è accostato alla sfinge, custode dei morti nell’antico culto egizio. Un dialogo, dunque, che fa riflettere sulla continuità del concetto di passaggio tra la vita e la morte attraverso il susseguirsi delle civiltà, in cui il finire di una e il cominciare di un’altra, rappresenta una continuità che non conosce un termine, ma solo trasformazione.
Nella sua recente mostra presso la Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, I Capricci di Antonio Cagianelli, questo universo popolato di immagini iconiche provenienti da antiche civiltà trova la sua applicazione in complementi di arredo, gioielli e decorazioni di tessuti in cui ricorre l’elemento grafico del meandro della tradizione greco-romana; e anche sfingi e piramidi che diventano le nuove protagoniste di fantasiosi e divertenti accostamenti.

Una mostra, quella di Pisa, in cui risalta peraltro con imponenza la struttura espositiva in metallo, progettata anch’essa da Cagianelli: architettura atta a rappresentare il riflesso dell’assetto dell’ultima fase del suo lavoro in cui convivono adesso le sedute in ceramica, “Transvital”, realizzate in vari colori, con le nuove bellissime sedute ” Sfinge “, qui presenti in ceramica bianca e rossa.
Interessante notare come i colori giochino un ruolo di primo piano, rafforzando o attenuando la potenza formale e scultorea dei singoli pezzi esposti, come ad esempio il teschio in rosa chiaro, nel quale affascina molto il contrasto tra il colore tenue e la severità della forma. Ma, soprattutto, il divano in pelle, “Egypt”, da lui stesso disegnato, ritagliato e assemblato, impreziosito dalle tonalità dell’oro, il verde salvia e i particolari bluette, nel quale l’eleganza non prevarica l’estro dell’autore, ma ne fa risaltare le capacità narrative e di rielaborazione. Proprio su questo lavoro, in cui è presente ancora una volta il segno iconico della sfinge, l’artista si misura con un nuovissimo patchwork in pelle, un vero clin d’oeil all’uso di questi materiali nelle arti decorative dell’inizio del secolo scorso.
Dopo queste sue metafore tridimensionali, Cagianelli introduce nelle sue creazioni la figura retorica dell’ossimoro, legittimando accostamenti di forte shock visivo, come quelli che ritroviamo nel tavolino “Pizzo e Mondrian”, in cui lo stile romantico e retrò del pizzo si mescola al rigorismo di Mondrian, oppure nei suoi recentissimi lavori di fotografia, in cui l’immagine iconica della mummia evoca rimandi alle pratiche del bondage della cultura erotica contemporanea, suggerendo un dialogo ambiguo tra il tema della libertà e quello della costrizione.

Infine, la poltrona “Transvital Mother” in fiberglass dorato, ricorda più uno scrigno accogliente e carico di mistero, che un teschio di dimensioni monumentali.
Seguono i suoi vassoi di gusto pop, le serigrafie realizzate su laminati plastici (di grande formato) che alludono ancora al genere pittorico dei Capricci (le nostalgiche e fantasiose composizioni di elementi del passato) e cercano, con la loro stravagante rielaborazione di atmosfere egittizzanti, di arricchire di nuovi spunti le sue creazioni rivolte alla contemporaneità. Da notare il vaso in ceramica di Deruta, realizzato dalla prestigiosa manifattura Gialletti, dallo sfondo nero e i disegni in oro, che ci trasportano in una civiltà antica, preziosa e fantastica.
Infine, da ricordare la performance “resurrection”, nella quale una modella vestita di pizzi colorati si spoglia delle sue bende per riemergere alla vita e tornare ad essere regina dì un tempo nuovo, contemporaneo, attuando quindi quella metamorfosi al contrario che è un po’ il filo conduttore della mostra.

Ed è in questa dinamicità atemporale che personalmente, vedo imporsi, non tanto un concetto di caducità, bensì di immortalità. Poetica, dunque, quella di Cagianelli, che non ha origine in un concetto legato alla fine della vita, ma proprio nella certezza che esista una immortalità cui siamo tutti destinati. Come, del resto, la stessa figura della piramide suggerisce, nella quale l’apice, ovvero il punto più alto unito alla base quadrata dalle facciate triangolari, conferma la centralità del simbolo del fuoco, del divino e, soprattutto, dell’energia creativa, che tutto trasforma e nulla distrugge in un eterno divenire.
E’ questa figura che si impone costantemente nella sua ultima mostra e, infatti, la ritroviamo nella struttura espositiva, vera e propria impalcatura-scultura di “stampo” egizio, che è da intendersi come il luogo ideale della contaminazione tra Vanitas e Capricci e della compresenza, a diversi livelli, di concetti e riflessioni tradotti in forma tridimensionale.
Non a caso, Pierre Restany, ha colto lo spessore artistico di Cagianelli, definendolo “un poeta che ha scelto di esprimersi in forma tridimensionale”.

Infine, lo stile de I Capricci è anche alla base del suo progetto fotografico presentato al Fuorisalone 2020 con la Galleria milanese con cui Cagianelli collabora ormai da anni, la Galleria Colombari e che rappresenta un’ulteriore evoluzione del suo lavoro di grafica, peraltro alla base anche dei tanti mobili e tessuti realizzati anche in passato. Ai geroglifici si sovrappongono i graffiti della Street Art; agli inconfondibili profili di certe statue etrusche i profili di giovani donne di oggi, seguendo una spirale e un vortice temporale in continua evoluzione, che ricorda certi esperimenti grafici dei fotocollages dadaisti e della cultura psichedelica degli anni ’70.
Le opere di Cagianelli sono presenti nelle collezioni permanenti del Museo di Arti Decorative di Parigi e di Montreal, al Museo di Arte Moderna di Zurigo, al Museo ALESSI a Crusinallo di Omegna (Verbania), alla Fondazione PLART di Napoli e al Museo ABET Laminati a Bra (Cuneo). Nel 2018 ha esposto alla Fondazione Peccioli con la mostra “Meandro Metastorico pop”, con l’installazione “Egypt” alla Galleria Colombari durante il Salone del Mobile di Milano 2020 e con la medesima galleria anche per il 2021. Alcune delle opere presenti alla Chiesa della Spina saranno presentate al salone del Mobile 2021 il prossimo 7 settembre alla Galleria Colombari di Milano.