Domani, 17 Giugno, presso la Ivy Brown Gallery a Manhattan, si terrà l’opening della mostra Can You Hear the Silence?, una collettiva dal titolo con un imprinting etereo, impalpabile, che ci fa ritornare con la mente e con il corpo a un contesto difficile e impegnativo, il lock down, un intervallo che non dimenticheremo mai ma che, paradossalmente, è riuscito a metterci in relazione – più profonda – con noi stessi e con la nostra identità. Una relazione cui, in condizioni normali, spesso sfuggiamo, ingurgitati dai ritmi convulsi di una società veloce e impietosa, che prende molto e poco restituisce.
Una condizione di distanziamento e isolamento sociale, cui siamo sopravvissuti vivendo mesi interi in uno stand-by che non conoscevamo prima e che ci ha imposto un silenzio altrettanto sconosciuto. Un fermo al naturale andamento del mondo; una battuta d’arresto che, se da un lato ha ridotto drasticamente le relazioni interpersonali e i ritmi della quotidianità frenetica che eravamo abituati a gestire – scegliendo di non occuparci mai abbastanza e nel profondo di noi – allo stesso tempo ci ha obbligati a fare una pausa e a riflettere, forse rielaborare – per chi ha scelto di non voltare le spalle – una condizione nuova, talvolta più dolorosa, ma di maggiore consapevolezza.
Ed è la stessa gallerista nonché ideatrice della esposizione, Ivy Brown, che mi conferma la sua attenzione al tema della mostra, rivolto ad indagare il periodo pandemico in un’accezione artistica molto intima, dunque più profonda e introspettiva.
Ivy, come è nato il titolo della mostra?
“Abbiamo posto questo titolo a un gruppo di artisti per vedere come appare il loro silenzio e come si sarebbe espresso attraverso la loro arte. Mentre le nostre vite ritornano e la quiete svanisce, possiamo certamente provare a cogliere ciò che questo tempo ci ha insegnato mentre andiamo avanti. Perché la pandemia ci ha dato anche un panorama diverso per vederci, ha creato un nuovo contesto per essere più obiettivi e sinceri con noi stessi.
La parola “silenzio” è molto evocativa: il titolo della mostra è infatti molto introspettivo. Come ci si pone di fronte ad esso? Secondo quale accezione?
“Il tema della mostra è appunto legato al silenzio come correlato all’assenza di relazioni interpersonali e sociali seguiti al lock-down e al distanziamento sociale: condizioni che hanno modificato il nostro rapporto con la nostra vita e con noi stessi”.
Tornare a esporre, a incontrare persone, parlare guardandosi negli occhi. Come ci si sente di fronte alla prima mostra in presenza post pandemia? E’ un pò come vivere una nuova “primavera artistica”? Una sorta di rinascita delle attività, se così possiamo dire?
“Sembra di essere all’inizio della nostra nuova esistenza e ci vorrà del tempo per trovare la nostra strada. Resta che è entusiasmante poter ospitare regolarmente persone in galleria e allontanarsi un po’ dal computer. Ritrovare e ritrovarci. Scambiare impressioni. È decisamente un nuovo inizio e sono emozionata”.

Come hai scelto gli artisti per questa mostra? Quale poetica accomuna le loro opere?
“Quando facciamo una mostra collettiva scegliamo il lavoro dell’artista più adatto al tema. Ogni artista ha una propria voce visiva distintiva e rimaniamo fedeli al tema e ai loro linguaggi. Per questo ho scelto artisti diversi ma dai lavori di grande intensità: sia che posseggano suggestioni sussurrate oppure urlate, l’intensità è di pari livello. Insieme compongono una musica dalle note più svariate, alte e basse, ma di grande armonia. Gli artisti sono, in ordine alfabetico, Ashley Benton, Angelica Bergamini, Joshua Goode, Elizabeth Gregory-Gruen, Ak Jansen, Elizabeth Jordan, David Paul Kay, Kenjiro Kitade, Juliet Martin, David Mellen e Judy Rushin-Knopf”.
Credi che l’arte, in generale, possa in qualche modo aiutare a comprendere quello che è accaduto e che accade, nel bene e nel male?
“L’arte è certamente un modo sincero per indagare le esperienze che viviamo. Farne derivare una chiave di lettura; talvolta intuire una risposta”.

Condivido appieno Ivy. Progetti futuri?
“Si inizia a vedere un grande aumento del numero di persone che passano e prendono appuntamenti. Ricominceremo a fare eventi a giugno, durante la programmazione estiva; il 24 ci sarà un reading di poesie dell’autore Jonathan Goodman; è il primo evento che avremo oltre all’apertura della mostra, in oltre un anno. Per quanto riguarda i progetti futuri, la galleria è prenotata fino al 2022. Ci metteremo al passo con le mostre che abbiamo dovuto posticipare a causa della pandemia e con due nuovi artisti nel 2022, il che è davvero entusiasmante. Chiaramente continueremo ad integrare eventi e spettacoli dal vivo e online. Una delle cose che abbiamo imparato durante questo periodo è che l’accessibilità al pubblico ha una portata più ampia quando possiamo essere visibili anche a persone che potrebbero non essere in grado di venire fisicamente alla galleria o che sono lontane.
Pertanto, continueremo a fare eventi online per ogni mostra, oltre che a visionare sale su Artsy, dove vendiamo anche opere d’arte. Infine, registreremo gli eventi virtuali in modo che possano essere visti da chiunque, in qualsiasi momento. Questo è stato un grande vantaggio da poter offrire al pubblico così come ai nostri collezionisti che si trovano in tanti luoghi diversi. E’ molto impegnativo portare avanti le attività in entrambi i modi, ma ne vale la pena e sento fortemente che è la strada da percorrere”.
Grazie Ivy. Spero di poter essere presente alla inaugurazione della mostra.
“Grazie a te”.
Dal 1 Giugno al 17 Agosto 2021, presso la Ivy Brown Gallery – 675 Hudson St, New York, NY 10014