
È appena stata ultimata la monografia di uno degli street artist contemporanei più importanti del panorama italiano e internazionale attuali, Gionata Gesi, in arte Ozmo, con opere realizzate a Shanghai, San Francisco, New York, Miami, Chicago, Baltimora, Londra, Berlino, Parigi, Mosca, San Paolo, La Habana, Beirut oltre che nelle principali città italiane: Milano, Roma, Torino Palermo, Bari, Pisa. In 232 pagine di opere e critiche, la monografia Ozmo1998-2018 descrive le dinamiche e il significato di un’arte nata nella strada e che, pur se inizialmente illegale, nel tempo ha assunto una connotazione non solo artistica ma anche sociale e politica. Il volume è corredato da 5 testi critici – che ripercorrono 5 temi individuati dalla curatrice Francesca Holsenn – e che rappresentano i temi sviluppati rispettivamente dagli autori Pietro Rivasi, Alessandro Benassi, Alessandro Giammei, Cyrille Gouyette e Pierluigi Sacco.
Street Artist “di qualità”, Ozmo si distingue per l’intensità e l’impatto figurativo delle sue opere. Rimangono nella memoria – della mente e del corpo – l’effetto, lo stupore, la curiosità e le sensazioni che suscitano le immagini che compone, in grado di colpire qualsiasi osservatore, anche il più casuale, lasciando che affiorino in lui archetipi e miti che da sempre accompagnano la storia dell’uomo e dell’umanità. In ogni sua opera, Ozmo inserisce tutto quello che vede, pensa, vive e immagina. Un artista senza confini, né dentro, né fuori di sé. I confini Ozmo non sa cosa siano, quelli glieli mettono gli altri, coloro che sono privi di consapevolezza, che tentano di etichettare questo artista completo, “incondizionato” e ricercato; talvolta, anche di svilirlo dietro l’ombra della inconsistenza legata alla escamotage del modernismo artistico. Nelle sue opere ci sono simboli e storia, mitologia ed esoterismo, religione e sesso, spiritualismo e materialismo: davanti ad un suo lavoro chiunque ne avverte la potenza, l’energia, l’intensità delle opere.
Ozmo disorienta, scuote: le sue immagini, la tecnica, la sfrontatezza con le quali tratta i temi che sceglie e che sviluppa intaccano la cultura di chi le guarda. Metri e metri d’imponenza s’impongono e sovrastano l’ambiente circostante: ovunque vi sia una sua opera – musei, spazi dedicati, muri di periferia, palazzi – ci sono la forza e lo splendore di chi riesce a trasferire dentro i propri lavori tutta l’umanità, che conosce e che non conosce. Per questo definisco epica la sua produzione. Ozmo c’è, osserva il mondo e il suo andamento, le logiche e le dinamiche delle masse e dei poteri, la velocità del susseguirsi degli eventi e del mutare dei tempi, come pure l’evolversi dei sentimenti. Ne avverte il peso e lo subisce come un pugno sferrato in pieno volto, ma sa accusare il colpo. Aspetta e non giudica, piuttosto agisce; con i suoi “agguati artistici”, le sue vernici e la sua mano ferma e logica – come le immagini che traccia nel suo caos perfetto e creativo proprio dell’origine del tutto – traccia il mondo che gli gira sotto i piedi, davanti e dietro agli occhi, lasciando la propria testimonianza; come farebbe uno scrittore che trasferisce ciò che pensa e che ha compreso dentro le sue esperienze e la sua conoscenza; o come una carta dei tarocchi di Marsiglia, perché in tutto, in tutto il bene e tutto il male, c’è sempre l’altro lato della medaglia. E questo Ozmo lo sa benissimo. Lucido e distaccato, lascia che le sue percezioni e la sua consapevolezza parlino attraverso le sue opere mentre lui, paziente, resta ad aspettare in silenzio che si compia il miracolo: che qualcuno gli porga una “poesia che nasca dalle mani” (La stella dei Tarocchi).

Mi commuovo davanti a La Madonna col Bambino e le Teste Capovolte, ad Ancona: tacciano coloro che pensano di trovarsi davanti ad una provocazione, perché l’unico sentimento che percorre questa opera è un acuto struggimento, un dolore infinito nel quale l’umanità sta sprofondando, in cui la disperazione e l’ingiustizia soffocano la vita e la ragione, opprimendole. Come i suoi San Sebastiano, uomini trafitti dalla società e dal materialismo, nei quali coloro che più infliggono, sono anche quelli che “guadagnano più punti”. Ma è tutto un inganno, come in un gioco in cui si può solo perdere: anche coloro che non scagliano alcuna freccia, in qualche modo hanno partecipato o, partecipano, ad un meccanismo perverso che contribuisce a creare i presupposti per i quali quelle frecce vengano scagliate, in un sistema che ci vede tutti implicati, Ozmo compreso: siamo tutti coinvolti, tutti colpevoli o, meglio, non v’è Nessuno Innocente.
Ci vorrebbe la dea Minerva a riportare un po’ di ordine e giustizia, perché in quella figura mitologica che Ozmo ritrae in tutta la sua possenza, lasciando che si erga grandiosa e forte alle porte della Val Camonica, emerge colei in grado di proteggere quella terra e i suoi abitanti, a fare da monito a coloro che in quella valle si dirigono.

Ma questa è la Minerva che serve a tutta l’umanità: impetuosa e decisa, non rappresenta solo la forza e la strategia ma anche l’intelligenza e la giustizia essendo, la stessa, la dea della “guerra giusta”, “della saggezza e della virtù”, come ben sapeva anche Andrea Mantegna che la ritrasse nel 1502 nel Trionfo della Virtù.
Ozmo non ha confini. Spazia dentro uno spazio infinito. Per stili, immagini e contenuti. Anche le “scolature” (lo sgocciolamento voluto del colore, che scende a causa dell’inclinazione della parete) partecipano all’opera, enfatizzandone lo stile e il significato: ogni goccia che scende è stata decisa. La sua posizione, la lunghezza, la distanza tra le altre e da terra è stata voluta, studiata e realizzata. Così Ozmo rinnova l’opera, concedendole un’altra armonia, regalandole una nuova umanità: l’opera “trasuda” di bellezza e forza, ma anche di dolore e verità. Da un lato la “sporcano”, dall’altro le concedono verità e anima. E Ozmo utilizza quelle tracce ritmate per riempire di umanità le sue opere più maestose. Nel (Pre)Giudizio Universale infine, partendo da un concetto “universale” scorgiamo il particolare; nell’opera intravediamo forse la sua visione del pregiudizio e il peso insormontabile che esso rappresenta per l’uomo; benché raccolto in una grande sfera, quindi identificabile, gli impedisce comunque di compiere liberamente il proprio percorso personale. E Ozmo che ne è consapevole, sa come evitarlo.

Il volume Ozmo 1998-2018 è stato realizzato con il supporto di Artrust e Galleria Pack ed è disponibile in preordine sulla piattaforma di Crowdbooks in tre differenti versioni: base, limitata, da collezione. Sarà presentato in anteprima (in Europa) in occasione della prima mostra personale dell’artista a Melano, in Svizzera, dal 25 novembre 2018 al 1 febbraio 2019, dopo aver realizzato interventi di Street Art nelle più importanti capitali dell’arte contemporanea e urbana.
Note biografiche
Gionata Gesi si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze e dai primi anni Novanta, si concentra sulla pittura e sul writing. Nel 2001 si trasferisce a Milano, dove oltre all’attività in galleria, lavora nello spazio pubblico come Ozmo e insieme a un piccolo gruppo di amici, getterà le basi della street art italiana, di cui è uno degli indiscussi pionieri. Sempre a Milano firma interventi monumentali in centri sociali e spazi alternativi, tra cui il Leoncavallo, dove Ozmo realizza una delle sue opere murali più famose. Sarà proprio quel lavoro qualche anno dopo a essere definito “la Cappella Sistina della contemporaneità” e ad essere scelto come copertina del libro I graffiti del Leoncavallo edito da Skira. Street Art Sweet Art è la mostra collettiva al Padiglione di Arte Contemporanea, che nel 2007 richiama l’artista in Italia, dopo un periodo di lavoro negli USA e in Messico. Seguiranno
mostre in galleria tra Milano e Londra e un passaggio in asta da Christie’s nel milanese Palazzo Clerici. Absolut sceglierà Ozmo come primo artista per i progetti Absolut Wallpaper e Absolut Wall, due imponenti wall painting realizzati alle Colonne di San
Lorenzo a Milano e all’Ex Mattatoio al Testaccio di Roma (ripresa e documentata nell’edizione online del New York Times).
Tra i progetti dell’artista un’opera pubblica di oltre trecento mq a Danzica in Polonia, la partecipazione alla Moscow Young Biennial come uno degli artisti scelti per rappresentare l’Italia in Russia, un wall painting di oltre 40 metri a Foligno e un altro intervento Big Fish Eats Small Fish (2011), realizzato a Londra nel quartiere di Shoreditch. Seguirà l’installazione Still Death, un’opera innovativa dipinta su pvc trasparente realizzata alla Fabbrica del Vapore di Milano. Nel 2012 espone nei trecento metri quadri del foyer del Museo del ‘900 in piazza Duomo a Milano Il Pre-Giudizio Universale una rassegna dei suoi lavori installativi e di grandi dimensioni. In questa occasione per la prima volta nella storia italiana, il museo acquisiva un opera di street art nella sua importante collezione conosciuta in tutto il mondo. Nel 2012, sulla terrazza del Museo di Arte Contemporanea Macro di Roma, realizza un wallpainting di trecento mq Voi Valete più di Molti Passeri! Il 2012 chiude con un altro intervento permanente nella città di Pisa: Ritratto di PI di dieci per cinque metri realizzato in occasione della mostra Donne Cavalieri Incanti Follia organizzata dalla Scuola Normale Superiore e dal comune di Pisa. Parallelamente all’attività artistica istituzionale, Ozmo realizza interventi di Street Art nelle più importanti capitali dell’arte contemporanea e urbana: Shanghai, San Francisco, New York, Miami, Chicago, Baltimora, Londra, Berlino, Parigi, Mosca, San Paolo, La Habana, Beirut oltre che nelle principali città italiane: Milano, Roma, Torino Palermo, Bari, Pisa.