Ogni giorno, nel mio lavoro ho a che fare con il “bello” e con la richiesta di qualcosa di “bello”. Ogni giorno cerco di capire cosa l’altro vorrebbe e mi sorge sempre una domanda: se il gusto è innato come capacità di apprezzare, la definizione di bello è anch’essa un qualcosa di innato in noi o è frutto del nostro bagaglio culturale, della nostra condizione sociale, influenzato dal luogo in cui siamo cresciuti e a cui apparteniamo, dalle relazioni?
Ogni volta che penso alla mia casa e penso a qualcosa di “bello” la prima immagine che mi sale alla mente è il mare. Ma il mare lo definireste bello? Aspettate prima di rispondere. Immaginate chi al mare ha trascorso la propria infanzia, chi associa ad esso il sapore salato, quell’odore particolare che riconosci subito, il rumore delle onde, l’orizzonte che si perde nell’infinito, i colori che si mescolano come in una tavolozza. Ogni volta che penso al mare mi sembra un dipinto, un acquerello. L’immagine riporta alla mente il ricordo e in un baleno provi la sensazione del sole estivo che riscalda la pelle, senti le risate dei bambini, assapori i gusti dei piatti estivi, delle serate in riva al mare con i tuoi amici, ascolti il silenzio del mare d’inverno, interrotto solo dal rumore delle onde che si infrangano sugli scogli. Perché il mare è bello anche d’inverno.
Ma il mare è bello per tutti? Ora provate ad immaginare a chi in quel mare è stato costretto a imbarcarsi, chi ci vede un pericolo o una speranza, a cui è appesa la propria vita. Pensate a chi l’ha dovuto attraversare per sfuggire alla guerra, alla persecuzione, alla fame, chi ha scelto il mare con tutte le sue insidie. Immaginate freddo, paura e incertezza. Immaginate di trovarvi di fronte al mare e di non avere scelta, perché se l’ aveste non lo scegliereste mai quel mare. Il mare è lo stesso che vedo io, che mi suscita quella bellissima emozione, ma questa volta è diverso, chi lo vede è diverso.

E alla domanda “il mare è bello?”, la risposta non può essere solo una, ma ci saranno infinite risposte. Le sensazioni che quell’immagine suscita determineranno la definizione soggettiva del “bello”. Tale definizione è in realtà frutto dell’immaginario del mare, costruito attraverso memorie, ricordi, esperienze, emozioni, collezionati nel tempo, che definiscono il nostro giudizio personale e ci fanno vedere come bello qualcosa.
Lo stesso accade quando osservo un dipinto o un’opera di design. La base tecnica ed enciclopedica, il bello della tecnica estetica suscita in me il gusto e l’apprezzamento del dettaglio; poi d’improvviso una sensazione totalmente soggettiva che è quello che vivo in quel preciso momento, una percezione che elabora le informazioni sensoriali ricevute dall’esterno.
Sento usare cosi tante volte la parola “bello”. Ad esempio si dice: “sei una bella persona”. Perché si usa quest’espressione? Mi sono posta questa domanda e l’ho posta ad altri. E la risposta ribadiva sempre lo stesso concetto: ”Perché mi piace la sensazione che mi fa’ provare”. Questa sensazione è allora causata da tutta una serie di caratteristiche e peculiarità che l’osservatore trova belle. Forse perché rispecchia determinati valori morali che si condividono o risponde a canoni classici di proporzione a cui siamo stati abituati. Una persona bella è fatta di tante caratteristiche interiori ed esteriori che non si posso scindere. La osserviamo, la conosciamo e cosi si attivano i nostri sensi e ne rimaniamo affascinati.
Ma un oggetto, una persona, un paesaggio rimane bella per sempre? La bellezza è mutevole, perché siamo noi che cambiamo. Non rimane immutata e invariata ma cambia come cambia il nostro bagaglio sociale, culturale, relazionale, che diviene lo strumento per capire e determina il concetto stesso di bellezza. Ecco perché il concetto di bello non può essere associato ad un qualcosa di solo estetico.
Dopo essere arrivata a New York mi sono chiesta come mai la concezione di “bello” fosse così diversa, perché riteniamo belle delle cose così diverse. E mi sono fermata a pensare: forse anche il tempo dedicato alla contemplazione di ciò che può considerarsi bello influenza il giudizio stesso. E di qui altre domande: definire “bello” qualcosa è frutto di un giudizio immediato o di una riflessione? Basta guardare il bello una sola volta o è necessario osservare il bello, educarsi al bello, educare al bello?
Intanto vi presto i miei occhi da artista italiana che guarda, ama e osserva la “bellezza” new yorkese, per raccontarvi la mia percezione del bello, con un punto di vista differente.
Immaginatelo come un viaggio vissuto insieme in cui la bellezza ne sarà rivelazione.
Il bello inteso non come qualcosa da inventare, ma da scoprire.
Dove lo troverò a New York sarà una sorpresa anche per me, ma quando lo incontrerò, ve lo racconterò.