«Ricerco l’emozione e la suggestione, un misto indefinibile di realismo e finzione – astratto e concreto – allucinazione e verità» queste le parole di Paolo Roversi all’inaugurazione della mostra “Incontri” di Giovedì 16 Novembre presso la Galleria Carla Sozzani promossa dalla Fondazione Sozzani. Un percorso espositivo visitabile dal 17 Novembre 2017 all’11 Febbraio 2018 in Corso Como 10 a Milano (tutti i giorni dalle 10:30 alle 19:30, merc. e giov. Fino alle 21. Ingresso libero) che presenta fotografie in dittici e trittici offrendo una dimensione monumentale. Roversi è artista della composizione e della geometria con un approccio astratto alla realtà e un’immensa familiarità con la storia dell’arte.

Fin dagli anni ottanta le sue fotografie rispondono a una costante esigenza formale che dà loro un carattere sorprendente atemporale, in contraddizione con il gusto e gli usi della moda. Lavora spesso a serie costruite attorno ad un tema o un modello, come se cercasse di estrarne tutte le possibilità plastiche. La composizione a più elementi gli consente di dare un’attenzione maggiore al soggetto arricchendone la lettura come nei polittici del Rinascimento. Nell’esibizione viene presentata per la prima volta una selezione di ritratti incrociati di Paolo Roversi e Robert Frank, fotografo naturalizzato americano, realizzati nel 2001 in Nova Scotia e in programma nel 2018, vi sarà una mostra a New York.

Il Signor Roversi, classe 1947, originario di Ravenna con cuore parigino e occhio statunitense è molto riconosciuto per l’uso della Polaroid 20×25 cm; un nuovo formato fotografico che apre la strada a nuove sperimentazioni. La resa della polaroid, infatti, rende i colori delle foto quasi immaginari creando un mondo stilisticamente sospeso tra reale e illusorio e anche leggermente malinconico. Il chiaro/scuro è assolutamente accentuato e il linguaggio visivo è di stampo classico. La sua notorietà ha il boom a metà anni ottanta quando inizia a collaborare per Comme des Garçons, Yohji Yamamoto, Christian Dior, Valentino e ritraendo nudi di modelle dal calibro di Kate Moss, Natalia Vodianova e Milla Yonovich. La sua ricetta? Talento, fatica e tanti sbagli perché la vita è un work in progress, soprattutto ora che il maestro deve scontrarsi con l’era digitale. Un mondo fittizio, a suo giudizio, in cui tutto è rappresentato puramente bello ma manca di linguaggio. Non è detto che chi si profeta fotografo sia davvero tale e l’esercito di photoshop/adobe e smartphone insegnano. È un po’ come elogiarsi autore di testi e scrivere male le cartoline o parliamo di “vintage”? Ora, in effetti, è tutto più semplice anche con le correzioni automatiche in lingua e non del cellulare.
Tuttavia occorre ricordare che la fotografia è una storia d’amore con nuove forme di bello, di strano, di speciale, di disturbante e di unico. L’incontro con persone, animali, oggetti è destino ed esistono pezzi di noi in altri.