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February 22, 2015
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Quando il Museo del Duomo di Firenze parla americano l’arte sacra diventa universale

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 5 mins read

Un’esperienza culturale all’americana. Questa è l’idea del direttore del nuovo Museo del Duomo di Firenze. Il duomo è quello di Santa Maria del Fiore, la cattedrale maggiore del capoluogo toscano, famosa soprattutto per l’imponente e bellissima Cupola del Brunelleschi, la più grande cupola in muratura mai costruita. Il direttore è monsignor Timothy Verdon, americano nato in New Jersey, storico dell’arte con un PhD della Yale University, e da 47 anni residente in Italia dove ha preso i voti nel 1994 e dove dirige l’Ufficio Diocesano dell’Arte Sacra e dei Beni Culturali Ecclesiastici, oltre che il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore.

Per presentare i piani di espansione e ristrutturazione del Museo del Duomo che a novembre aprirà in una nuova veste, Verdon è arrivato a New York con un biglietto da visita d’eccezione: la mostra in corso in questi giorni al Museum of Biblical Art (MOBIA) di Manhattan di alcune delle opere di proprietà del museo fiorentino, per la prima volta esposte fuori dall’Italia. L’innagurazione della mostra è stata occasione per raccontare alla stampa newyorchese quello che sarà il nuovo museo di Firenze.

Il Grande Museo del Duomo è un complesso museale che comprende la cattedrale, il battistero, il campanile, la cripta e uno spazio espositivo in cui sono in mostra alcune delle opere realizzate per il duomo e poi rimosse dalla collocazione originaria per motivi di conservazione o in una delle tante fasi di modifica subite dalla cattedrale fiorentina. Dopo i Musei Vaticani, il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore rappresenta la più grande raccolta di arte sacra al mondo, con capolavori di Donatello, Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia, Antonio Pollaiuolo e Michelangelo.

Ora il museo si espande per rendere la sua collezione, unica per valore storico e artistico, più fruibile ai visitatori. A novembre aprirà il nuovo Museo dell’Opera del Duomo che, con le sue 25 sale espositive, riuscirà finalmente a dare spazio a pezzi a lungo rimasti in magazzino, inaccessibili al pubblico. Inoltre, il museo punta a creare un’esperienza di visita innovativa e totale.

L’Opera del Duomo, la fondazione che gestisce la cattedrale, ha acquistato l’edificio adiacente a quello del museo, eretto nel 1778 come teatro e diventato poi un parcheggio, nel 1997. Da allora i piani per l’espansione del museo sono andati avanti ed è ora prossima l’apertura. Il nuovo edificio ha permesso al museo di raddoppiare gli spazi espositivi e di pensare in grande. E quando si tratta di pensare in grande, chi meglio degli americani? Così Timothy Verdon, che concentra nella sua persona l’energia dell’americano e il calore dell’italiano, la delicatezza dell’uomo di fede e l’eleganza dell’uomo di cultura, ha concepito un museo che parlasse a tutti e che potesse colpire il visitatore con l’immediatezza delle emozioni forti: “L’obiettivo è che il visitatore riscopra quelle potenti emozioni che erano parte dell’esperienza di fruizione così come era originariamente intesa – ha spiegato Timothy Verdon in conferenza stampa –  Queste opere infatti non sono state concepite per stare all’interno di un museo, ma erano rivolte a tutti, avevano un’attrattiva universale e dovevano colpire la gente nelle viscere”.

Campanile

Un rendering della galleria del Campanile di Giotto, Museo dell’Opera del Duomo, Firenze

Il museo sfrutterà tecnologie all’avanguardia per permettere ai visitatori un’immersione completa nell’arte fiorentina del Medioevo e del Rinascimento. Non una fruizione, fredda, quindi, ma qualcosa che si si possa avvicinare all’effetto che gli artisti cercavano quando realizzavano opere concepite per parlare al popolo, per veicolare il messaggio della Chiesa, in tutte le sue componenti emotive (positive, quanto negative).a

“Ci sembra che da questa parte dell’Atlantico la gentE possa capire in maniera più diretta quello che stiamo facendo a Firenze. L’America, infatti, è il paese della comunicazione diretta alle masse”, ha detto Verdon spiegando che la scelta dello slogan del museo Art Be with You riecheggia l’augurio “che dio sia con te” con l’intento di mandare un messaggio di universalità della bellezza e dell’arte: un diritto dell’intera umanità.

“Il turismo oggi non è soltanto quello di chi ha radici giudaico cristiane – ha proseguito Verdon – a Firenze arrivano persone di culture lontane che non hanno una grande familiarità con gli artisti esposti. Vogliamo far sì che anche loro possano comprendere quest’arte, attraverso una risposta emozionale immediata. L’esperienza è religiosa ma anche umanistica. Quest’arte parla di Dio ma anche di uomini e donne e può rivolgersi a tutta l’umanità. Le anime degli uomini hanno ricevuto delle coordinate dalle diverse culture, ma di base le anime sono tutte uguali e l’arte parla a tutte le anime”.

facciata

un rendering della ricotruzione della facciata medievale del duomo che occuperà un’intera sala del nuovo museo

Il progetto del museo, firmato dagli architetti fiorentini Adolfo Natalini, Piero Guicciardini e Marco Magni, prevede una ricontestualizzazione di alcune delle opere all’interno di sale tematiche che ricostruiscono le strutture originali per cui le sculture erano state create. In altre sale le opere sono messe in relazione per creare un dialogo tra l’antichità, il Medioevo e il primo Rinascimento. Per alcune opere, infine, è stata pensata un’esperienza più privata, quasi meditativa, e sono state create stanze-santuario che richiamano l’idea della cappella e consentono una fruizione intima dell’arte. Una sala sarà dedicata alla ricostruzione dell’intera facciata del duomo com’era prima delle modifiche che ne dettarono l’aspetto attuale. Ricostruzioni digitali, tecnologie interattive, modelli in miniatura di parti della cattedrale arricchiranno l’esperienza del pubblico. Seguendo un percorso cronologico, il museo porterà i visitatori a conoscere la storia della cattedrale di Firenze e dei tanti artisti e artigiani che vi lavorarono nel corso dei secoli. Emozione ed educazione si coniugano in una fruizione immediata e avvolgente.

In occasione della presentazione del progetto a New York, Franco Lucchesi, presidente dell’Opera del Duomo ha voluto sottolineare il legame della cattedrale di Firenze con l’America donando ai presenti una copia del documento del Battistero di Firenze che riporta il nome di Amerigo Vespucci, lì battezzato il 18 marzo 1453. “Proprio lì – ha detto Lucchesi – Vespucci ricevette il nome che è oggi il nome di questo paese di cui il Battistero in qualche modo custodisce quindi il seme dell’identità”.

MOBIA

Alcune delle opere esposte al MOBIA fino al 14 giugno

Per promuovere la prossima apertura del nuovo spazio espositivo, l’Opera del Duomo ha organizzato la mostra in corso fino al 14 giugno al MOBIA: una straordinaria raccolta di 23 sculture create nel primo Rinascimento per il Duomo di Firenze. La mostra Sculpture in the Age of Donatello: Renaissance Masterpieces from Florence Cathedral, che è anche l’evento principale delle celebrazioni per il decimo anno di attività del museo, raccoglie lavori di Donatello, Filippo Brunelleschi, Luca della Robbia, Nanni di Banco e altri.

Nei piani iniziali di monsignor Verdon c’era di far viaggiare la mostra in altri musei, per promuovere l’apertura del nuovo Museo dell’Opera del Duomo a cui i pezzi devono tornare in tempo per l’apertura di novembre. Ma a quanto pare far viaggiare dei Donatello in giro per il mondo non è cosa così semplice e, dopo essersi sentito dire che per portarli in un museo del Messico avrebbe dovuto ingaggiare una squadra armata, il monsignore ha rinunciato. E così, per chi si trova in questa parte del mondo e non ha in programma di andare presto in Italia, la mostra del MOBIA è un’occasione unica e imperdibile per osservare da vicino opere realizzate per “colpire nelle viscere”.

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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