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January 19, 2014
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Nel giardino dell’Eden o il viaggio in Italia di Laure Prouvost

Beniamino VizzinibyBeniamino Vizzini
Laure Prouvost, Farfromwords car mirrors eat raspberries when swimming through the sun, to swallow sweet smells, 2013, veduta mostra / exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia ?Laure Prouvost, Ph. C. Dario Lasagni

Laure Prouvost, Farfromwords car mirrors eat raspberries when swimming through the sun, to swallow sweet smells, 2013, veduta mostra / exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia ?Laure Prouvost, Ph. C. Dario Lasagni

Time: 7 mins read

 

La Collezione Maramotti ha acquisito la nuova opera di Laure Prouvost, Farfromwords: car mirrors eat raspberries when swimming through the sun, to swallow sweet smells, nella propria collezione permanente di Reggio Emilia. L'opera, che è rimasta esposta fino al 3 novembre 2013, si presenta come un ambiente che accoglie il visitatore non solo esperto dell’arte contemporanea, ma anche risoluto a immergersi nello spazio di un’esperienza estetica proprio nel punto in cui sembrerebbe mutarsi nella stazione di un’estasi vitale, aperta al dominio dionisiaco dei sensi.

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Laure Prouvost, Farfromwords car mirrors eat raspberries when swimming through the sun, to swallow sweet smells, 2013, veduta mostra / exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia ⒸLaure Prouvost, Ph. C. Dario Lasagni

Laure Prouvost, giovane artista di origine francese, naturalizzata a Londra, vincitrice della quarta edizione del Max Mara Art Prize for women e del Turner Prize per il 2013, ha voluto realizzare con Farfromwords, azione artistica seguita ad eventi e incontri vissuti durante la sua residenza di sei mesi a Roma e a Biella, l’idea generale di un progetto che, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista, era quella di rappresentare “il piacere di essere in Italia, l’idea romantica che può averne uno straniero”. Tutta l’iconografia di quest’opera si ispira all’estetica e ai piaceri dell’Italia con una personalissima interpretazione dell’idea del Grand Tour nel nostro Paese.

Nell’abbraccio circolare di un ambiente le cui pareti, costituite dal perimetro d’una tela satura di immagini d’ogni specie (stampe fotografiche, pitture, collages, immagini filmiche, graffiti) racchiudono il visitatore dentro una grande stanza animata da plurime e sincopate visioni di forme, oggetti, volti, corpi, paesaggi, balugina la presenza evanescente di otto video che presentano alcuni estratti del film Swallow. “Al fondo della sala il visitatore è invitato a entrare in uno spazio scuro che accoglie la nuova produzione filmica Swallow, nella sua versione integrale. Il montato del film segue il ritmo del respiro di una grande bocca la cui immagine e il cui suono si inframmezzano a visioni idilliache e sensuali, vivide e dense di vibrazioni luminose: cieli azzurri percorsi da nuvole bianche, refoli di vento e voli d’uccello, gelati, frutti maturi e fiori che si schiudono, abbracci e carezze, erba fresca, sorgenti, fontane”.

Fra le intermittenze del respiro pulsa, come fra le intermittenze del cuore, una fuga di percezioni sensoriali che, insieme, compongono l’immagine sensuale, quantunque vaga come nelle pieghe di un ricordo, del giardino dell’eden o dell’Italia, mitica terra ai tempi dell’età dell’oro. D’altra parte, lo spazio avvolgente tutt’intorno potrebbe rinviare al simbolo dell’hortus conclusus, primariamente immagine del paradiso, che durante il Medioevo in Italia prese forma quale spazio verde cinto da un alto muro che lo isolava dal mondo esterno e con un pozzo, al centro, o una fontana solita rappresentare la sorgente d’eterna giovinezza.

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Laure Prouvost, Farfromwords car mirrors eat raspberries when swimming through the sun, to swallow sweet smells, 2013, veduta mostra / exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia ⒸLaure Prouvost, Ph. C. Dario Lasagni

Il simbolismo dell’acqua, emblema ancestrale di purezza e rinascita, ben riconoscibile sulla scena visiva del film, richiama invero l’immaginazione di un’Italia più antica e pagana la quale, nella versione d’una mitologia propriamente italica della tradizione classica, evoca la grazia solare delle ninfe, figure esornative, delicatamente amabili, oasi di quiete e veglianti sul rigoglio della natura, così come sono rievocate nei versi di Giacomo Leopardi, seppur involontariamente visualizzate nel frame-work del video di Laure Prouvost, là dove il poeta nel canto Alla Primavera o delle favole antiche ricorda la “bella età” ormai consunta, quando “già di candide ninfe i rivi / placido albergo e specchio / furo i liquidi fonti”.

Quando ninfe sul filo dell’acqua erano genii loci che perpetuavano la vita, assicurando alla terra d’Italia d’essere terra d’armonia e di fecondità. Italia, luogo del mito, è l’idea incarnata addirittura nel corpo vivente della giovane artista attraverso il rito lustrale ch’ella compie, in compagnia d’altre giovani donne, e in cui il nudo femminile viene contemplato, secondo i canoni della storia dell’arte, nella forma di metafora della bellezza ideale.

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Laure Prouvost, Swallow, 2013, film still
digital video.
 Courtesy Laure Prouvost, Collezione Maramotti, MOT International

Tutto, in quest’opera così lontana dal senso astratto delle parole, invita al piacere concreto dei sensi, nella dimensione più intensa e spontanea della loro muta eroticità, senza che mai nulla, nessun dettaglio, risulti osceno, sebbene s’avverta una contraddizione latente con i linguaggi artificiali messi in opera per la fruizione estetica del pubblico. Si può rappresentare la sensazione della pelle riscaldata dal calore del sole? Impossibile impresa, come impossibile è risvegliare la primordiale vita dei sensi con l’artificio dell’espediente tecnologico eretto, peraltro, sulla cima d’una colonna, forse a significare il compimento estremo della civiltà edificata sopra il basamento dell’intelletto apollineo e della sua difettosa illusività razionale. Ad ogni buon conto, l’artista gioca coi linguaggi della comunicazione visiva, gioca a dirottarne la semiografia e ad occultarne con i suoi allestimenti, la matrice esistenziale mentre fa mostra di toglierle il velo.

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Laure Prouvost, Swallow, 2013, film still
digital video.
 Courtesy Laure Prouvost, Collezione Maramotti, MOT International

Laure Prouvost entra in verità nel merito di un’antinomia inamovibile dall’orizzonte dell’arte contemporanea, senza intenzione alcuna di sfuggirvi anzi vi permane, restando perciò in sospensione fra il rischio, da un lato di cadere nel feticismo dell’artificio linguistico e il rischio opposto, dall’altro, di credere alla spontanea autenticità dell’impulso espressivo. Farfromwords indica, nel suo complesso, un’operazione ardita in cui la formulazione del linguaggio artistico si mantiene in perfetto equilibrio con equidistanza dalla tensione verso la positività semiotico-significante degli schemi comunicativi come verso l’asemantica flagranza di ogni vissuto individuale. Esemplare, in tal senso, e centrale, a dire della stessa artista, infatti, risulta l’installazione costituita da un “cespuglio” di lamiere di metallo, reperite dal retro di una fabbrica, sulle quali sono posati piccoli frutti e lamponi, “per offrirsi agli uccelli o a noi”; non pare affatto questa una artificiosa sintesi, quanto l’esibizione di un gesto poetico attraverso l’ostensione diretta, e letterale, dell’antitesi irrisolta di natura e civiltà. Tale antitesi non è, d’altronde, la madre di tutte le antinomie che stanno producendo la crisi della nostra epoca e ipotecando il nostro futuro? Non è dato, dunque, sapere e non è bene nemmeno saperlo se qui, nell’opera nata da una sorta di immersione catartica in suggestioni di sensi accesi da un’estate mediterranea, il viaggio in Italia, come terra metaforica del mito, di Laure Prouvost sia il ritorno ad una scena simbolica o il simbolo del ritorno ad una scena reale.

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Laure Prouvost, Swallow, 2013, film still
digital video.
 Courtesy Laure Prouvost, Collezione Maramotti, MOT International

In ogni caso, piuttosto che sulla scena dell’arte contemporanea dove troppe volte la vita quotidiana si riflette in modo “ingenuo” ed immediato, qui in Farfromwords il nostro vivere quotidiano in un Paese come questo diviene centro di un environnement denso, più che altro, di memorie ma anche di stereotipi, quali potrebbero essere, ad esempio, mistificazioni di certe immagini della storia dell’arte (la Fornarina di Raffaello) o di certo cattolicesimo mediatico (Papa Francesco) o, ancora, poster e riproduzioni di genere edonistico e di viaggi turistici che, però, catturati nel vortice di questo “affresco circolare”, come l’artista definisce la sua videoinstallazione, sembrano demistificarsi in segnali di disorientamento percettivo, tali da ricondurre alla percezione di un’alterità ovvero, all’alterità dell’Italia rispetto alla sua rappresentazione contemporanea.

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Laure Prouvost, Swallow, 2013, film still
digital video.
 Courtesy Laure Prouvost, Collezione Maramotti, MOT International

Insomma, l’Italia conosciuta nel suo viaggio d’artista da Laure Prouvost potrebbe non appartenerci e, pur tuttavia, non essere altro se non parte del nostro inconscio collettivo, nell’immaginario sognante un “secolo d’oro”, nel secolo rivelatosi apertura ad un’epoca intera dove, veramente, “sol vince l’oro e regna l’oro” come sentenzia Torquato Tasso nei versi dell’Aminta, favola pastorale che ci viene in mente, per ultimo, d’accostare all’artificio della costruzione estetica dell’opera conservata in permanenza presso la Collezione Maramotti di Reggio Emilia, a motivo d’una medesima misteriosa attrazione, fra incanto e disincanto, per la grazia delle sensazioni con cui ci appare l’ordito d’una trama ignota, poiché ignoriamo se inganno o verità, ma in cui consiste la tessitura stessa del nostro esistere. A tutto ciò Laure Prouvost pare, senza alcun disegno predeterminato, associare la sua singolarissima percezione sensuale dell’Italia affidandola a meteore, schegge, frammenti d’una visione d’Arcadia, da paradiso terrestre o giardino dell’eden, sui quali posare minime ma fulminanti seduzioni visive, “per offrirsi agli uccelli o a noi”.

A Laure Prouvost il New Museum di New York dedica la mostra For Forgetting, in programma dal 12 febbraio al 13 aprile 2014.

 

*Beniamino Vizzini nasce a Palermo nello stesso anno in cui escono Minima Moralia di Th.W. Adorno in Germania e L’uomo in rivolta di Albert Camus in Francia. Attualmente vive in Puglia. Fondatore con Marianna Montaruli e direttore della rivista Tracce Cahiers D'Art, curatore editoriale dal 2003 delle Edizioni d’arte Félix Fénéon. Cultore dell’autonomia dell’arte, concepisce l’esercizio della critica secondo le parole di O. Wilde come “il registro di un’anima”, decidendo di convertire questa sua passione in impegno attivo soprattutto sul versante pubblicistico-editoriale della comunicazione intorno all’arte ed alla storia dell'arte. Edizionidartefelixfeneon.blogspot.it

 

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