Il 4 Giugno all’Istituto Italiano di Cultura di New York il direttore, Riccardo Viale, assieme a Cara McCarty, curatrice generale del Cooper Hewitt National Design Museum, ha inaugurato “Timelessness”, un’esposizione del designer milanese Massimo Vignelli.
Vignelli e il suo studio, Vignelli Associates, sono famosi sia in Italia, sia negli ambienti artistici internazionali prima di tutto per l’originalità dei loro progetti. Vignelli è l’autore di opere rivoluzionarie fra cui la mappa della metropolitana newyorkese del ’72, il logo di American Airlines e l’immagine grafica del TG2 della RAI.
Inoltre alle sue varie imprese artistiche, Vignelli ha insegnato design e ha tenuto conferenze nelle università più rinomate del mondo. Infine non possiamo trascurare il suo ruolo nella sfera della gestione aziendale, che è senza dubbio di un’importanza particolare: Vignelli è stato presidente dell’AIGA (American Institute of Graphic Art), presidente dell’AGI (Alliance Graphique Internationale), vicepresidente dell’Architectural League di New York e membro dell’IDSA (Industrial Designers Society of America).
L’evento è iniziato con un breve documentario che cercava di trasmettere il messaggio con cui Vignelli stesso riassume la sua esperienza artistica negli Stati Uniti: «Sono venuto a New York credendo che il soffitto esisteva. Dopo essere stato qua, mi sono reso conto che infatti non esisteva».
In più la produzione cinematografica con cui gli organizzatori avevano scelto di presentare Vignelli al pubblico ha efficacemente messo in evidenza le convinzioni fondamentali che hanno guidato l’artista nella sua lunga e fruttuosa carriera, e che hanno invariabilmente dettato le sue priorità.
«Si sbaglia quando si pensa che si deve dare alle persone quello che vogliono. Gli si deve dare quello di cui hanno bisogno. Si deve assolutamente sempre valutare la praticabilità del prodotto. Inoltre libertà non è fare quello che voglio. E’ un rispetto collettivo. Ogni pezzo è diverso dall’altro. Ad esempio, io non credo nell’idea del ‘melting pot’, cioè che i popoli venuti negli Stati Uniti mergono. C’è qualcosa di più – esiste una comunicazione e lì è il bello. I popoli si formano l’uno all’altro, si condizionano, ed è così che si fa questo grande salame che è l’America».
Dopo la proiezione del documentario ha preso la parola Riccardo Viale che ha definito l’esposizione in mostra all’Istituto fino al 13 luglio come «una minuscola ma preziosa esposizione; piccola però esemplare in quanto prototipo di tutta l’opera di Vignelli».
Perché “Timelessness”? Per dare risposta a questa domanda, che forse si farebbero molti, Viale ha provato a spiegare gli obiettivi dell’esposizione e i messaggi che Vignelli cerca di trasmettere.
«“Timelessness” può essere vista come un tipo di metafisica della quantità e del tempo. Noi dovremmo superare la velocità e la quantità, che sono superficiali, evanescenti in essenza, per conseguire invece lentezza e qualità. In questo senso l’arte è uno specchio che riflette la dinamica delle relazioni sociali».
Dopo l’introduzione dettagliata e precisa, Viale ha concesso la parola a Vignelli. «Ogni cosa che è troppo complicata
è ineluttabilmente destinata a degenerare. Quanto più semplice è un oggetto, tanto più durabile sarà. Secondo me la permanenza è essenziale. Creare qualcosa che si decomporrà domani è per me un atto d’irresponsabilità imperdonabile».
Per Vignelli la caratteristica più affascinante del design oggi è la mancanza di limiti – il fatto che oggi tutto possibile in un certo senso. Come dice il designer, sono unicamente i parametri che sono cambiati.
«Ora non è più come nel passato, quando il design poteva essere paragonato al linguaggio – o lo parli, o sei fuori. Non è più questione della porta essere aperta o chiusa. Oggi si tratta piuttosto di una porta a vento, di uno spazio in grigio invece che in bianco e nero. Ma i parametri in termini di etica e implicazioni morali sono evoluti».
Secondo la prospettiva che Vignelli ha offerto al pubblico accorso all’Istituto Italiano di Cultura le nuove possibilità esigono nuovi codici di comportamento. Per questa ragione, durante tutta la presentazione, Vignelli ha esplicitamente insistito sulla sua adesione imperturbabile all’idea del designer come un artista incaricato di considerabili responsabilità di fronte alla società: «Penso che i designer e gli architetti hanno l’impegno di formare la percezione artistica delle persone. Per questo è inammissibile che producano robaccia, prodotti di bassa qualità. Io credo di essere capace di tollerare qualunque cosa, a condizione che abbia una minima qualità visuale».
Così ancora una volta Vignelli ci ha dimostrato che il successo, e soprattutto quello nel mondo dell’estetica, diventa possibile soltanto quando è fondato su solidi princìpi etici e sull’integrità dell’artista.
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