Sulla 70esima Strada, nell’Upper East Side di Manhattan, la facciata della Frick Collection resta sobria, quasi severa. All’interno, però, l’atmosfera cambia. Dopo un lungo periodo di lavori, la storica dimora ha aperto nuovamente le sue porte al pubblico, rivelando spazi ampliati e percorsi riorganizzati. Tra gli interventi più significativi c’è l’apertura del piano superiore, un’area che in passato era riservata esclusivamente alla famiglia Frick. Ora, anche queste stanze possono essere visitate. Sono state restaurate con attenzione, senza trasformazioni invasive. L’ex camera da letto di Helen Clay Frick è stata convertita in una piccola sala espositiva, mantenendo però proporzioni contenute e un arredamento essenziale. L’intero piano segue una logica simile: ambienti ordinati, pareti chiare, passaggi più leggibili.
Per presentare questa nuova fase del museo, l’Istituto Italiano di Cultura di New York ha organizzato un incontro intitolato “Nuova luce (soprattutto) sull’arte italiana in collezione”. La conversazione, guidata da Giulio Dalvit, curatore della Frick Collection, si è concentrata sul nucleo di opere italiane della collezione e il modo in cui il nuovo allestimento permette confronti tra artisti e scuole diverse. Durante l’incontro è emersa la figura di Helen Clay Frick non attraverso immagini o biografie, ma attraverso documenti, appunti e scelte di acquisizione che ancora oggi influenzano il profilo della collezione.
Tra il 1923 e il 1928, durante vari soggiorni in Italia, Helen Clay Frick raccolse un ampio insieme di materiali visitando musei, chiese e collezioni private. Documentava le opere con appunti dettagliati, richiedeva riproduzioni fotografiche e manteneva contatti regolari con antiquari, restauratori e studiosi. Questa attività di ricerca ha prodotto un fondo oggi conservato con il titolo Helen Clay Frick Research Files on Italian Art. Si tratta di fascicoli ordinati per artista, luogo o tipologia, che comprendono testi manoscritti e dattiloscritti, fotografie in bianco e nero, ritagli stampa, lettere e bibliografie. Le immagini raccolte venivano catalogate secondo un formato preciso, con indicazioni sul titolo dell’opera, autore, provenienza, descrizione tecnica e iconografica, fonti bibliografiche e, quando noto, nome del proprietario. Dal 1925 in poi, Frick incaricò alcuni fotografi professionisti, tra cui Mario Sansoni e F. Mason Perkins, e lavorò con studiosi come Richard Offner e Umberto Gnoli, contribuendo alla costruzione della Photoarchive, il grande archivio visivo della Frick Art Reference Library.
La Regata a Venezia di Francesco Guardi, donata da Helen Clay Frick, è esposta in una sala laterale illuminata da luce naturale. È montata su una parete neutra, priva di cornice decorativa. Nella stessa sezione si trovano anche dipinti di Moroni e Veronese, disposti in uno spazio sobrio, con sedute basse e testi introduttivi ridotti al minimo. Poco distante, il San Giovanni Evangelista di Piero della Francesca – una figura a grandezza naturale con un libro aperto tra le mani – occupa una parete laterale. Il pannello proviene da un polittico smembrato e oggi è presentato in condizioni che ne mettono in risalto la scala e i dettagli. La luce diffusa e lo sfondo chiaro permettono di osservare con nitidezza il disegno del mantello, le pieghe del libro e la base marmorea sotto i piedi.
Helen Clay Frick non è visibile. Non ci sono fotografie, nessuna sala porta il suo nome. Ma i suoi interessi, il suo metodo di lavoro e le sue decisioni d’acquisto sono presenti. Si riconoscono nel modo in cui le opere italiane sono esposte, nella struttura degli archivi, nei percorsi di lettura proposti ai visitatori.