Resilience of Scale, la nuova mostra personale di Thomas J Price, è aperta al pubblico fino al 15 giugno 2025 negli spazi della galleria Hauser & Wirth a SoHo, New York. Entrare qui in questi giorni significa ritrovarsi all’improvviso immersi in una foresta di bronzo. Le sculture dell’artista britannico, alte fino a dodici piedi, si ergono direttamente sul pavimento, senza piedistalli né distacchi, come radicate nello spazio stesso della città. Non ci sono barriere, non ci sono percorsi obbligati: ci si muove tra quei corpi come tra presenze vive, osservandoli dal basso, da vicino, da ogni lato, avendo la sensazione precisa di camminare dentro una nuova forma di monumento.
I soggetti scelti da Price non sono condottieri, santi o uomini di potere, ma figure comuni, gente che potresti incrociare all’uscita della metropolitana o aspettando il caffè in un bar, volti e corpi presi dalla vita di tutti i giorni. Indossano felpe, jeans, cappucci, hanno espressioni raccolte, posture sospese, sembrano assorti in pensieri lontani. Eppure, nel loro silenzio, nella loro naturalezza assoluta, acquisiscono una forza che supera di gran lunga quella dei monumenti tradizionali.
Price, nato a Londra nel 1981 e formatosi tra la Chelsea College of Art e il Royal College of Art, ha sempre cercato di rovesciare i codici della monumentalità. Prima di tradurre le sue figure in bronzo attraverso la tecnica antica della cera persa, le costruisce digitalmente, componendo tratti e gesti osservati per strada, nei casting, sulle riviste. Non esistono modelli reali: ogni volto, ogni corpo è un assemblaggio di vite vissute.
In A Place Beyond, la sua opera più recente, Price ha usato per la prima volta una lega dorata, brillante, quasi regale. “Per me l’oro è un materiale carico di significati”, ha detto. “Può parlare di potere, di ricchezza, ma anche di spiritualità”. Il risultato è una figura che luccica alla luce naturale della galleria, ma non smette di sembrare umana. Anzi, forse lo è ancora di più. L’artista ha raccontato più volte che i volti delle sue sculture sono composti. Prende spunto da foto viste per strada, dai casting, da dettagli raccolti con discrezione: un naso, un profilo, una postura. Poi li assembla in figure nuove, familiari e sconosciute insieme. “Non voglio creare idoli”, dice. “Voglio che la gente si riconosca”.
Vicino a quelle sculture, un’altra opera prende posto senza fare rumore: una serie fotografica dal titolo Hand Arrangement (The Complex Journeys of a Simple Form). Diciotto immagini. In ognuna, le mani dell’artista — mani reali, vive — sfogliano libri d’arte classica, coprono, toccano, spostano. È un gesto intimo e ironico, ma anche critico: “Chi decide cosa guardiamo? E cosa ignoriamo?”, sembra domandare.
Ma la presenza di Price in città non si esaurisce dentro le mura della galleria. A Times Square, dal 29 aprile al 17 giugno 2025, la sua monumentale Grounded in the Stars si staglierà tra i cartelloni pubblicitari come una figura tranquilla e imponente, mentre ogni sera, poco prima della mezzanotte, i suoi cortometraggi in stop-motion della serie Man Series illumineranno i maxischermi con una danza silenziosa di corpi.
Non è la prima volta che Thomas J Price porta la sua arte fuori dai musei, nel cuore vivo delle città. Nel 2021 ha firmato la prima scultura pubblica permanente del Regno Unito dedicata alla generazione Windrush, i migranti caraibici arrivati dopo la Seconda guerra mondiale. Da allora le sue opere hanno viaggiato da Toronto a Londra, da Harlem a Sydney, fino a Firenze, sempre con lo stesso invito silenzioso: guardare meglio. Camminando tra i suoi corpi scolpiti, si comprende subito che Price non vuole riscrivere la storia, ma svelare chi, fino a ora, era rimasto ai suoi margini.