C’è un filo conduttore nella straordinaria mostra di fotografie di Priscilla Rattazzi, Between Worlds, Tra Mondi, che chiuderà questa settimana a Milano alla Galleria R+V. È rappresentato da un gruppo di tre tigli statuari e bellissimi che si affacciano sulle rive di Georgica Pond, a East Hampton. Anche per questo, ma fuori dalla convenzione, Edmondo di Robilant e Marco Voena hanno scelto come simbolo della mostra una foto dell’artista nel bel mezzo dell’Uragano Bob del 1991, strappata al tempo da una sua amica, Eleanor Kennedy. Nell’immagine l’artista corre nella tempesta sul prato della sua proprietà davanti ai suoi tigli, scossi dal vento, ma sempre li’, a proteggerla, in quel caso dall’uragano.
Nella mostra, la prima di Rattazzi a Milano, dopo un altro debutto a Londra appena alcuni mesi fa, il titolo è altrettanto simbolico. Between Worlds dà l’idea della sospensione tra mondi diversi, due mondi che sono l’America e l’Europa. Sono il passato e il presente. La quiete e il tormento. La felicità e le sorprese indesiderate che capitano nella vita. Sono soprattutto le molte manifestazioni della natura. I due mondi possono essere le rocce levigate in figure perfette da millenni di erosione di “Hoodooland” o i ritratti di persone con i loro cani, “Best Friends” o i “Three Lindens”, i tre tigli appunto. Nell’esposizione, le rocce, le piante, i cani, le persone sono legate tutte e sempre dal filo comune di una straordinaria umanità. C’è l’immagine del 1975 a Spoleto di Alighiero Boetti con un mozzicone di sigaretta fra le dita. E l’insieme, con quel suo sguardo avvincente e sorpreso, diventa il ritratto di un’epoca. Le sculture naturali di Grand Staircase Escalante, le formazioni “Hoodoo” nello Utah meridionale, sono figure profondamente umane: entrando in galleria, la prima opera, Yermo Canyon III, è una coppia di rocce impegnate in una danza leggera in procinto di darsi un bacio d’amore, ciascuna con la sua elegante acconciatura di pietra. Sono anche sculture naturali in bilico tra la vita e la morte nella fragilità del momento, solide, ma a un soffio dal crollo. Per la precarietà dell’equilibrio, ma anche perché le trivelle petrolifere stavano per distruggere una buona parte di quel parco naturale grazie a permessi speciali concessi dal Congresso repubblicano nella prima amministrazione Trump. Poi arrivò “Hoodooland”. La coraggiosa documentazione/denuncia di Rattazzi, esposta a New York nel 2020 alla Galleria Staley-Wise, ha colpito l’immaginazione degli americani, ha mobilitato il New York Times e ha dato un megafono all’intero paesaggio. Joe Biden cancellò poi i permessi salvando un patrimonio naturale inestimabile. Non sappiamo per quanto: Donald Trump con il suo slogan inaugurale “Drill Baby Drill” potrebbe decidere di andare avanti con il suo vecchio obiettivo, incoraggiando estrazioni devastanti per quel paesaggio magico, fatto di pietre cariche di vita.

Più in là troviamo persone con i loro cani, sempre vicini il cane e l’essere umano, sempre in simbiosi; come il dolcissimo, intimo ritratto di Alberto Moravia con Arancio o quello di Gianni Agnelli, zio dell’artista, con il suo husky Dyed Eyes.
Ed eccoci alla serie “Three Lindens”. I tre Tigli, vicinissimi e fotografati sempre in gruppo da Rattazzi, ora si abbracciano, ora parlano, ora sono immobili sotto un manto di neve o agitati nella tempesta degli uragani. Una delle opera sembra l’autoritratto astratto dell’artista, dei suoi capelli crespi, annodati, aggrovigliati e del suo stato d’animo quando fotografò gli alberi che già non le appartenevano più. La mostra “Three Lindens” debutta alla Peter Marino Art Foundation nel giugno 2023 a Southampton. Un “solo” dedicato a questi bellissimi alberi, antichi, di quasi 300 anni, i tigli più vecchi nello stato di New York. Con la loro solidità e stanzialità irremovibile, con la loro memoria secolare hanno rappresentato per l’artista l’ancora in un momento difficile. La tempesta li ha scossi, tormentati, piegati, ma alla fine hanno vinto le loro radici profonde: restano dritti e sempre piu’ proiettati nel cielo. Del resto come scrive la stessa Rattazzi nella prefazione dell’originalissimo catalogo disegnato da Luca Stoppini – una scatola simile alle vecchie scatole della Ilford, con scritti e immagini raccolti a scheda: ”Three Lindens era un modo per cercare sollievo dopo essere stata sradicata dalla casa dove avevo vissuto per tre decenni. Il mio abbraccio con questo nucleo di alberi antichi era un modo per sentirmi ancorata”.

Prima di arrivare a Milano il percorso espositivo di Rattazzi è passato in autunno per R+V a Londra e prima ancora in un’altra mostra, Capitoli, all’Istituto Italiano di Cultura a New York la scorsa estate. Curata dal direttore, Fabio Finotti, l’esposizione era dedicata a un artista che ha raggiunto la sua maturità abitando e crescendo professionalmente in America fin dalla metà degli anni Settanta, quando cominciò come fotografa di moda e costume per poi approdare a un percorso artistico completo, passando anche dalla camera oscura al digitale, sempre negli Stati Uniti, ma sempre con una radice profondamente europea e italiana.
Per questo i tigli sono simbolici della mostra anche su un altro piano. Si narrava che fossero stati trasportati in America da un veliero francese. In realtà sono esemplari originali nordamericani, dominano Georgica Pond, uno dei laghi più belli nell’East End di Long Island e sono il punto di riferimento costante per i “Barnstable Cats”, deliziose barchette a vela, unica classe ammessa nel lago. La bellezza del posto sta anche nel lungo e sottile braccio di sabbia bianca che a Sud separa il lago dal mare. Appena poco più a Est c’è la punta di Montauk con un faro iconico: è il punto più vicino dell’America all’Europa. E ci sarà l’oceano di mezzo, ma sotto i tigli, da una certa visuale, sembra che i Due Mondi si tocchino.