Il Gene Frankel Theatre e l’ARA Theater presentano Truth Be Told, un intenso dramma psicologico che scava nelle profondità della memoria collettiva. Scritto da William Cameron e diretto da Kim T. Sharp, lo spettacolo, in scena fino al 9 marzo, ha debuttato il 19 febbraio e vede sul palco Francesca Ravera e Michelle Park, impegnate in un serrato confronto in cui la verità diventa un territorio incerto e sfuggente.
Jo Hunter è una giornalista specializzata in true crime. Abituata a trattare i fatti con distacco, è convinta di conoscere già la storia che vuole raccontare. Ravera sottolinea che Jo non cerca di scoprire nulla di nuovo, ma intende semplicemente narrare la vicenda di Julian attraverso gli occhi di sua madre. La sparatoria, avvenuta un anno prima, ha chiuso il caso senza dubbi: Julian è l’autore della strage e, dopo aver ucciso il patrigno, si è tolto la vita. “Tutte le prove confermano la sua colpevolezza: i sette sopravvissuti lo hanno identificato, e una delle armi utilizzate apparteneva proprio al patrigno”, dice. “Non c’è spazio per interpretazioni alternative”.
Lo spettacolo si apre con il primo incontro di persona tra Jo e Kathleen. Le due si erano già sentite più volte e avevano concordato la storia da raccontare. Ma ora Kathleen nega tutto ciò che fino a quel momento era stato accettato come verità. Influenzata dal podcaster complottista Alan Covington, è convinta che la polizia non abbia svolto indagini adeguate e che esista un complotto per incastrare Julian. “Le sue teorie sono infondate e spesso assurde”, spiega Ravera. “Sostiene persino che una delle vittime sia il vero colpevole, eppure è stata colpita tre volte in punti letali! Ma Alan riesce a instillare il dubbio nella mente di una madre disperata”.
Sotto la regia di Sharp, la tensione cresce in un’atmosfera claustrofobica. L’appartamento seminterrato in cui si svolge il confronto si trasforma in una prigione senza via di fuga. Le luci fredde di Zee Hanna e la scenografia di Elena Vannoni schiacciano i personaggi sulle, mentre le transizioni di buio totale e i suoni disturbanti impediscono allo spettatore di rilassarsi.

Francesca Ravera dà vita a Jo con una lucidità inquietante. Determinata e razionale, lotta per mantenere la propria integrità mentre Kathleen la spinge in un angolo con le sue convinzioni granitiche. Ravera racconta che Jo si ritrova in un’intervista che prende una piega inaspettata, costretta a convincere Kathleen ad accettare la realtà e, al contempo, a ricostruire il passato di Julian. Ma Kathleen ha cambiato prospettiva: ora vuole raccontare una storia diversa. “Jo si trova così in una posizione difficile: non può abbandonare il progetto, ma allo stesso tempo si confronta con una madre che, travolta dal dolore, rifiuta di accettare la verità”.
Michelle Park interpreta una Kathleen devastata, un personaggio segnato dalla sofferenza e dalla speranza, incapace di arrendersi all’irreparabile. La presenza della voce di Covington aleggia in sottofondo, simbolo di quelle forze mediatiche capaci di trasformare il dolore in spettacolo, vendendo teorie infondate come se fossero verità assolute. Kathleen si aggrappa alle sue parole: “Le prove? Manipolate. Le testimonianze? Fuorvianti. I fatti? In discussione”, rendendo il dubbio quasi tangibile.
Truth Be Told si conclude con una straordinaria sintesi hegeliana, in cui la narrazione accoglie la complessità delle diverse prospettive — personale, collettiva e mediatica. Il conflitto non si dissolve in una pace apparente, ma invita a confrontarsi con le tensioni e le contraddizioni che definiscono la nostra esistenza. In questo spazio ambiguo, lo spettatore è chiamato a riscoprire il significato della verità, sfuggente eppure essenziale.