Un’intuizione nata per caso, una scoperta inattesa tra le vie di New York. “Ero a Long Island City per visitare mia figlia e mio nipote quando mi sono imbattuta nel Culture Lab LIC”, racconta Daniela Rambaldi. “Dall’esterno sembrava una fabbrica abbandonata, dentro era un fermento di idee, un laboratorio in continua evoluzione”.
Da quell’episodio ha preso forma Art Exchange: America & Italy, un progetto che non si accontenta di essere una mostra, ma si propone come un attraversamento di confini creativi. Novantaquattro artisti – settantuno italiani, ventitré americani – si confrontano senza filtri né etichette. Solo arte, lasciata libera di esistere nel flusso delle sue molteplici declinazioni.
Dal 6 marzo al 20 aprile 2025, le opere abiteranno lo spazio del Culture Lab LIC, che accoglie l’evento promosso dall’Associazione Rambaldi Promotions con il sostegno della Fondazione Carlo Rambaldi, in occasione del centenario della nascita del maestro, tre volte Premio Oscar per gli effetti speciali di E.T., Alien e King Kong. “Non è un omaggio a mio padre”, precisa Rambaldi, “ma è inevitabile che la sua storia trovi un riflesso in questa mostra. Anche lui ha iniziato ai margini, proprio come molti degli artisti coinvolti. Dare spazio ai nuovi talenti è sempre stata la nostra missione, e questo evento apre le celebrazioni del 2025 con lo stesso spirito”.

Difficile chiamarla curatela, perché non risponde a un metodo accademico, né a un canone precostituito. “Non volevamo una selezione che fosse un esercizio di stile”, spiega Rambaldi. “Ho guardato ogni opera in totale, anche quelle selezionate dalla curatrice americana Tess Howsam, e tutto ha trovato il proprio posto con naturalezza”. Un mosaico di 110 opere tra tele, scatti, volumi scolpiti e strutture ibride che si compone senza forzature. Nulla stona, nulla spezza l’equilibrio. “La mostra si è costruita da sé”, aggiunge, “senza bisogno di correzioni”.
Ma i linguaggi non sono identici. Gli italiani si muovono verso una narrazione luminosa, capace di evocare senza dichiarare. Gli americani, invece, scavano nelle pieghe dell’interiorità, tra inquietudini e domande irrisolte. Direzioni diverse, certo, ma non in conflitto. “Si sfiorano, si rispecchiano, si contaminano,” dice Rambaldi. “È questo che rende tutto così vivo”. Non si tratta di esportazione culturale, né di un tributo alla scena artistica americana. Art Exchange è qualcosa di più, è un luogo in cui le opere non rispondono a una provenienza, ma alla loro capacità di generare connessioni. “New York è la città ideale per questo esperimento: accoglie, mescola, rilancia. Qui, l’arte non ha confini”.
Anche il digitale trova piena cittadinanza. “L’intelligenza artificiale non è il futuro, è il presente, e l’arte deve saperlo raccontare.” La mostra si fa così anche terreno di riflessione: ha ancora senso parlare di scuole e identità nazionali nell’arte? “L’arte si nutre sempre più di traiettorie globali, ma ogni artista porta con sé un’eredità, un vissuto che emerge nel suo lavoro. Ed è in questa stratificazione di influenze che nascono nuove possibilità”.
Dopo New York, il percorso si sposta in Italia dal 17 luglio al 24 agosto 2025 in sedi ancora da definire. Gli artisti americani porteranno il loro lavoro in un contesto nuovo, con un pubblico diverso. “Non avrebbe avuto senso fermarsi a una sola direzione. Se gli artisti italiani hanno trovato spazio qui, era necessario che anche quelli americani avessero il loro approdo in Italia”. Un catalogo raccoglierà le opere in mostra, lasciando una traccia concreta di questo passaggio. Il ricavato sarà destinato al Culture Lab LIC, un gesto di riconoscenza verso chi ha dato casa al progetto.

Per molti artisti, New York è la meta ambita, il luogo dove l’arte vive senza compromessi. “Quello che mi ha colpito di più è stata la velocità con cui è stato colto il valore del progetto”, osserva Rambaldi con una punta di rammarico. “In Italia, organizzare una mostra significa affrontare una burocrazia complessa, muoversi tra dinamiche imprevedibili. Bisogna spiegare, convincere, aspettare. Howsam, invece, dopo una breve chiacchierata, si è dimostrata entusiasta al punto da voler subito mettere in moto la macchina organizzativa, senza esitazioni o lungaggini”.