Doveva esserci Reece Clarke, attesissima star del Royal Ballet. E Christine Shevchenko, prima ballerina ucraina da tempo in ABT. Ma Clarke stava male. E anche Shevchenko non è apparsa. Al loro posto, nel Kingdom of the Shades, portato in scena dall’American Ballet Theatre la sera di sabato 26 ottobre, c’erano Isaac Hernández e Hee Seo, lui guest star messicana adorato negli anni trascorsi al Royal e al San Francisco Ballet, lei prima ballerina sud coreana di ABT. Bellissimi, bravissimi, ma qualcosa non era perfetto, una pirouette di lei nelle braccia di lui non portata a conclusione, un po’ meno brillantezza, un po’ meno potenza. Scopro poi, guardando i programmi di sala, che la coppia si era già esibita lo stesso giorno, nella matinée, nello stesso balletto: non esattamente una prova leggera. “The show must go on” è la legge del teatro e i due eroicamente hanno sostituito la coppia malata. Hee Seo, da 12 anni prima ballerina dell’American Ballet Theatre è molto elegante e precisa, Isaac Hernández, apparso come ospite, ma da gennaio primo ballerino della compagnia, veloce e leggero ne suoi entrechat quatre e con pirouettes magnifiche, ma entrambi leggermente off, provati dalla precedente performance.
Kingdom of the shades, creato da Marius Petipa nel 1877 su musica di Ludwig Minkus per il Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, e allestito da Natalia Makarova per l’American Ballet Theatre 50 anni fa, è l’ultimo atto del balletto La Bayadera. La coreografa e ballerina ormai 84enne, cui ABT ha reso omaggio nel suo gala annuale, ha descritto Kingdom of the shades come “una delle più importanti creazioni nella storia del balletto classico… ho cercato di infondergli più spiritualità… il corpo di ballo che scende dalle montagne dell’Himalaya è una allucinazione nella mente del guerriero Solor tormentato dal suo amore perduto per la ballerina del tempio Nikiya uccisa, nella sua mente la rivede moltiplicata all’infinito”. Si spiega così il lento, cadenzato, armonioso, progressivo, ingresso delle 32 ombre nei loro tutù immacolati con ali di velo. Procedono con una interminabile sequenza di arabesques penchées fino a divenire quattro file perfettamente simmetriche e strappare i lunghi applausi del pubblico.

Il Sylvia Pas de Deux che seguiva è un altro pezzo di grande virtuosismo, richiede un perfetto controllo dell’equilibrio sulle punte, nei pizzicati di lei, la precisa chiusura dei salti in seconda posizione per lui. Creato da Balanchine nel 1964 sulla musica di Léo Delibes Sylvia, ou la Nymphe de Diane, come omaggio a Petipa, con un adagio iniziale, due assoli e una coda, secondo la tradizione romantica, è una vetrina del talento dei due ballerini, quasi una sfida creata dal coreografo russo per loro. Gillian Murphy, prima ballerina di ABT da ventidue anni e Daniel Camargo brasiliano da due anni principal in ABT, hanno eseguito il loro passo a due, dall’inizio lento a mostrare la bellezza fluida delle posizioni agli assoli complessi, con le leggerezza di una tecnica ormai molto raffinata. Qui mancava la spiritualità, ma si sa, Balanchine non racconta storie, ma pura astratta bellezza tecnica.

Dopo questo trionfo ottocentesco il passaggio a Sinatra Suite è piuttosto brusco. Ma molto gradito dal pubblico, che pur avendo applaudito ogni virtuosismo classico, senza neppure aspettare la conclusione dei passi, sulla coreografia di Twyla Tharp si è lasciato andare. Questo lungo duetto d’amore interpretato da Cassandra Trenary e l’argentino Herman Cornejo con abbandoni, “Softly, as I Leave You”, incontri “Strangers in the Night”, imbarazzi “Something Stupid”, orgoglio calpestato “My way” e altro, “One for My Baby”, “Forget Domani”, “That’s Life”, è stato creato da Twyla Tharp per sé e Michail Barishnikov nel 1982. Con i costumi da sala da ballo argentina di Santo Loquasto, lui in smoking e lei in abito nero e scarpe con il tacco, è un piacevole intermezzo.

Il talento di Twyla Tharp emerge veramente nell’ultimo pezzo della serata, The Upper Room, coreografato nel 1986 sulla musica infinita di Philip Glass. L’intera compagnia o quasi in scena, fra danzatori in tuta e scarpe da ginnastica e ballerine con le scarpette da punta rosse, tutti corrono e si rincorrono, saltano e girano senza sosta. Eseguito per la prima volta dall’American Ballet Theatre nel 1988 si avvale dei costumi di Norma Kamali. Devon Teuscher con il suo corpo lungo e sinuoso come un bambù al vento e Gillian Murphy scattante e veloce hanno iniziato e concluso il balletto. Isabella Boylston ha giocato sulle sue punte rosse in un continuo movimento di gruppi che si formano e si dissolvono come nuvole in un film velocizzato, mentre la nebbia si alza, tanta nebbia invade il palcoscenico, e il gioco della vita continua, ancora e ancora.