Un uomo solo al centro della scena. A torso nudo, gira lentamente su sé stesso. La forza della Spagna libera nell’orgoglio statuario del flamenco. Sullo sfondo corrono i tori, proiezioni luminose che si susseguono mentre la musica cresce e l’uomo danza, raggiunto da un mare ondeggiante di gonne. Ainadamar travolge il pubblico del Metropolitan Opera fin dalla prima scena. Una produzione di 80 minuti senza intervalli con tre immagini che sostituiscono gli atti e che iniziano tutte con un canto, su una eroina della resistenza spagnola, Mariana Pineda, cui Lorca ha dedicato il suo primo lavoro e che ricordano il giorno in cui “le pietre hanno cominciato a piangere”.

Ainadamar, nome arabo per fontana di lacrime, è un’opera di straordinaria originalità e immediatezza. Creata nel 2003 da Osvaldo Golijov con il libretto inglese di David Henry Hwang tradotto in spagnolo dallo stesso compositore, è incredibilmente adatta a questi nostri giorni appesantiti dall’incombere di troppi conflitti. Racconta l’amore di Lorca per la libertà e la bellezza e il suo assassinio proprio ad Ainadamar vicino all’Alhambra, per mano dei falangisti nel 1936 all’inizio della guerra civile. Lorca però non è il protagonista principale, vive nel ricordo della sua maggiore interprete, Margarita Xirgu che, prima di morire a sua volta nel 1969, racconta la sua amicizia con lui, si dispera per non essere riuscita a salvarlo portandolo con sé a Cuba e invita l’allieva Nuriu a far vivere la sua memoria.

Cresciuto in Argentina, il compositore Golijov è di origine rumena-ucraina-ebrea, ha studiato in Israele e la sua musica gode della ricchezza di molte influenze culturali. Nel caso di Aidanamar si alternano ritmi diversi, inserimenti di percussioni elettroniche simulano lo scorrere dell’acqua della fontana, il galoppo di animali, che diventano il ritmo del flamenco, che si trasformano nello scoppio dei fucili. L’orchestra è arricchita dalla presenza di due chitarre, e un cajon. Le sonorità folk, klezmer, e il cante jondo, il bellissimo canto dolente e insieme imperioso del flamenco cui dà voce Alfredo Tejada, nel ruolo di Ramón Ruiz Alonso, il falangista che vuole Garcia Lorca morto, a qualsiasi costo.

A lui si alterna il coro, con melodie di strada, ma soprattutto le tre protagoniste: i soprani Angel Blue nel ruolo di Margarita e Elena Villalón in quello di Nuria, l’allieva, e il mezzosoprano Daniela Mack in quello di Lorca. Le loro voci delicate, per quanto potenti, quasi si perdono nell’azione generale: ma il canto non è l’elemento principale dell’opera, dove la particolarità della musica, della danza, della scena crea un insieme magnetico. Il canto prevale in alcuni momenti: quando Daniela Mack intona “Desde mi ventana” accompagnata dai movimenti delle statue di Mariana Pinera, quando le tre protagoniste si uniscono per il trio finale, che Golijov rivela ispirato dal Rosenkavalier, in cui Lorca ringrazia Margarita per averlo reso immortale, Margarita accetta di morire e Nuria si assume il compito di tramandare l’opera del poeta.
L’opera si chiude con il flamenco, come era cominciata, con la bellezza delle posizioni di Isaac Tovar, nella coreografia di Antonio Navarro. Con la proiezione della parole di Lorca ad opera del video artista Tal Rosner, sulla tenda di nastri creata da Jon Bausor. E con i movimenti scenici creati da Deborah Colker, famosa per i suoi allestimenti per Le Cirque du Soleil. Alla sua prima prova operistica con Aidanamar la coreografa e direttrice della produzione ha creato una messa in scena semplice ma insieme elaboratissima, un movimento costante pieno di una energia rara, il racconto di una morte che è la celebrazione della forza della vita, della bellezza, dell’amore. Da non perdere.
Fino al 9 novembre al Metropolitan Opera di New York