Sotto la direzione scientifica di Andrea Ciampani, professore ordinario di Storia Contemporanea presso la Libera Università Maria Ss. Assunta Lumsa, e Chairman del board del network Encounters of European Elites in the 19th Century, l’editore Rubbettino celebra mezzo secolo d’esistenza con una “grande opera”, quattro volumi di studi storici sull’Italia contemporanea. I primi due si occupano rispettivamente di Risorgimento e creazione dello stato unitario (1815-1866), e di tre questioni che emergono nei primi quarant’anni di unità: la costruzione della cultura della patria, la rappresentanza politica, il mutamento sociale. I due volumi sono stati curati da Roberto Balzani con Carlo M. Fiorentino (Risorgimento: Costituzione e indipendenza nazionale 1815-1849/1849-1866), e da Andrea Ciampani con Sandro Rogari (Patria, rappresentanza politica e mutamento sociale 1866-1887/1887-1903).
Nell’introduzione generale all’opera, Ciampani spiega ragioni e metodo che hanno convinto editore ed autori ad approntare il progetto. Risalta da un lato la constatazione che il nuovo secolo ha lasciato a digiuno gli appassionati in quanto a “lavori di ricostruzione delle vicende italiane degli ultimi due secoli”, dall’altra la convinzione di corrispondere ad una “richiesta sociale di conoscenza storica”, in base a principi come il senso di “responsabilità civica” e la padronanza di strumenti di ricerca scientifica tali da consentire “capacità interpretativa della realtà nel suo divenire”.
Va sottolineato il convincimento degli autori che lo stato unitario sia stata una esperienza di successo. La cartina di tornasole di un’affermazione tanto impegnativa starebbe nello status di “Italia europea” che prima allo stato sabaudo poi a quello repubblicano sarebbe stato reiteratamente riconosciuto dal sistema internazionale, segnatamente in occasione di appuntamenti decisivi come le conferenze di Londra del 1867 (dopo la guerra austro-prussiana, l’Italia vi viene riconosciuta sesta grande potenza), Versailles del 1919, Parigi del 1946, e dalla partecipazione come fondatore alle tappe che dalla Ceca hanno portato all’Unione Europea.
Altro punto centrale del discorso della Storia rubbettiniana è che le credenze, i miti, le tradizioni sociali e istituzionali, civili o ecclesiastiche che siano, assumono rilevanza nel racconto delle storie locali e nazionale. Ad iniziare da quella del Risorgimento, al quale viene dedicato ampio spazio nel primo dei quattro volumi. Proprio nell’analisi di quel glorioso e lungo periodo si afferma un altro dei principi guida dell’opera: che rivoluzionarismo e riformismo nella storia patria sono difficilmente scindibili, visto che nella vicenda unitaria si manifestano – a parte il primo dopoguerra con lo sbocco al fascismo – una moderazione di fondo e una capacità di dialogo tra diversi, che potrebbero essere assunte come caratteristica precipua della vicenda nazionale.
Questi ed altri principi che tengono insieme i blocchi di analisi proposti, nei due volumi trovano espressione anche nella titolazione degli argomenti trattati, tanto da far pensare a prima vista che non di sola analisi storica si tratti. Così in “Genio e accidentalità di una nazione (1815-1849)” firmato da Roberto Balzani nel volume I. Così in “Una competizione identitaria (1887-1903) firmato da Sandro Rogari nel volume II.
Balzani mette in evidenza i punti di partenza diversi degli stati italici preesistenti alla restaurazione post-napoleonica, che andranno tutti a confluire nel processo unitario, così come i processi che li condurranno a misurarsi con il passo imposto dal regno del Piemonte e dalle ideologie che lo permeano: militarismo, anticlericalismo, mitigato autoritarismo. Se sul concetto di “accidentalità” nella storia può sorvolarsi dandone per scontata l’accezione (uno stato, come ogni fenomeno umano, è figlio anche del “caso”, e può di conseguenza nascere o non) è sul termine “genio” che cade l’occhio, visto che la scelta di attribuirlo a questo o quel soggetto può essere legittimamente non condivisa. L’autore guarda, oltre che a nomi noti come i Leopardi Mazzini Garibaldi Manzoni, con monarchi carbonari e i tanti martiri per l’ideale, ad attori talvolta neppure evocati da altre storiografie: la pubblica opinione e i giornali, “la piazza”, gli intellettuali, lo zeitgeist del “progresso” che trova nello “spazio pubblico” e nella diffusione del “discorso occidentale” la più rilevante manifestazione.
In quanto all’identità che lo stato unitario è chiamato a formare, Rogari ha buon gioco a inserire la questione nel solco del confronto fra monarchia e governi e, all’interno di questi, nel confronto fra Destra storica e sinistre che si vanno strutturando: socialisti e repubblicani, con i liberali a fare spesso da arbitri. In quest’ambito Crispi, Rudinì e Giolitti compaiono come i maggiori apportatori d’identità, almeno sino ai primi del Novecento.