“Quando morirò”, disse Matthew Perry in una intervista, “vorrei essere ricordato come una persona che aiutava gli altri”. Aiutava a liberarsi dei demoni, come li chiamava: la dipendenza. Invece, lungi da quello che sognava, il suo nome si è aggiunto a una lunga lista di celebrità morte per overdose di sostanze spesso procurate da medici. Che la giustizia poi attacchi i professionisti in questione non sempre è una rivalsa adeguata sul destino cinico e baro.

Uno dei casi più illustri, quello di Michael Jackson, ha coinvolto il suo medico personale Conrad Robert Murray, che facilitò la morte dell’artista nel 2009 fornendogli una dose troppo potente di un anestetico, il propofol, usato come sonnifero. Condannato nel 2011 per omicidio colposo a quattro anni, Murray ne ha scontati in carcere poco meno di due. Adesso ha aperto una nuova clinica e ha scritto un libro in cui celebra anche la sua paziente “più nobile”: non il povero Jackson ma Madre Teresa (che avrebbe curato senza sapere chi fosse). Il caso giudiziario gli ha dato più che altro celebrità.
La vicenda però si tinge di nero foschissimo attorno a Matthew Perry. L’inchiesta della procura di LA ha incriminato cinque persone, incluso forse il più innocente, il suo assistente personale di lunga data Kenneth Iwamasa, che il giorno della morte gli aveva iniettato tre volte un potente anestetico usato spesso come antidepressivo, la ketamina (e che negli ultimi 5 giorni gli aveva praticato almeno 27 iniezioni). Fra gli altri incriminati ci sono due medici che, risulta dall’inchiesta, si scambiavano messaggi su quanti soldi spillargli per procurargli la sostanza. “Quanto pagherà questo cretino?” scriveva il dottor Salvador Plasencia a un altro medico, Mark Chavez. “Proviamo”.
La star di Friends, l’amatissimo Chandler Bing, aveva pubblicato anche una autobiografia proprio un anno prima di essere ritrovato senza vita nella piscina della sua villa a Los Angeles. Raccontava nei dettagli la lotta di tutta la vita contro la chimica del suo corpo che lo spingeva ad assumere sostanze. Diceva di essere “pulito”.
In un altro messaggio, Plasencia diceva di voler diventare la “fonte primaria di farmaci” dell’attore. Perry spese 55mila dollari in ketamina nel mese prima di morire; secondo i documenti della procura in una occasione Chavez gli procurò per duemila dollari una fiala di ketamina che a lui era costata 12 dollari.
Imawasa, l’assistente, si è già dichiarato colpevole di “distribuzione di ketamina atta a procurare la morte”. Ma era stato Plasencia a insegnargli come somministrarla; lui stesso aveva praticato a Perry una iniezione in un parcheggio, e in un’altra occasione, a casa, una dose così alta che avrebbe “congelato” Perry. “Così non lo facciamo più” avrebbe detto il medico a Imawasa. Quando Perry è morto, uno degli incriminati ha scritto “sono quasi sicuro che siamo coperti al 90%, io non ho mai trattato Perry, l’ha fatto l’assistente, il responsabile è lui”. Come no.
Mark Chavez, che si era costruito una reputazione come medico per la longevità e il fitness, si è dichiarato colpevole di aver venduto ketamina a Plasencia. L’avrebbe ottenuta presentando documenti falsi a un distributore all’ingrosso. Altra incriminata è Jasveen Sangha, nota come la “regina della ketamina”, che ne aveva scorte a casa, e infine Erik Fleming, che si è dichiarato colpevole di aver ottenuto la ketamina da Sangha e di averne date 50 fiale a Iwamasa. “Ti assicuro che è fantastica” ha scritto Fleming all’assistente. Sangha, diceva, “lavora con persone di chiara fama”.
Un circolo infernale attorno all’attore, che lascia intravvedere una spirale depressiva di cui nessun altro della sua cerchia sembrava essere a conoscenza. Secondo la procura, Perry si era rivolto ad agenti privi di scrupoli quando i suoi medici si erano rifiutati di aumentargli le dosi.

Che differenza c’è fra un medico e uno spacciatore? Il primo cura, l’altro vende per profitto sostanze non innocue; ma ogni farmaco è pericoloso, basta leggere gli effetti collaterali (anzi meglio non farlo, altrimenti non prenderemmo più medicine). Solo che dei medici e della loro buona fede ci fidiamo. Anche quando continuano a usare il bisturi per chirurgie plastiche prive di senso (di nuovo, Michael Jackson, come tanti e tante). Come un medico diventa un profittatore? È un problema antico (al centro per esempio di un romanzo come The Citadel di Cronin, anno 1937). Conta l’avidità, non solo di soldi ma di potere.

Un divo è potenzialmente circondato da squadre di parassiti che non vogliono o non possono (forse, nel caso di Iwamasa) dirgli “no”. Un divo fragile è alla mercé di se stesso e degli altri. Marilyn Monroe morì per i troppi sonniferi. Sid Vicious il bassista dei Sex Pistols morì a 21 anni di eroina a New York. L’attore Heath Ledger, in piena ascesa, sempre a New York (valium, antistaminici, sonniferi). Jim Morrison, Brian Jones, Amy Winehouse, Janis Joplin (membri del tragico ‘club dei 27’, morti a 27 anni).
Morti chiacchieratissime, spesso senza autopsia e con inchieste frettolose, sormontate da sospetti di suicidi e complotti. Ma è difficile in questi casi parlare di “morte accidentale” anche se il suicidio non è evidente come nel caso di un colpo di pistola alla Kurt Cobain. Matthew Perry aveva detto di essere “pulito”, lo aveva scritto, era diventato un faro di redenzione e speranza. Un carico troppo pesante per una persona nelle mani di personaggi pronti a succhiargli l’anima.