“Stranieri ovunque” è il tema, scelto dal curatore Adriano Pedrosa, che ha ispirato le opere della 60esima Biennale Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. Aperta come ogni biennio dal 1895, sarà visitabile per sei mesi, fino al 24 novembre, per offrire a un vasto pubblico internazionale l’enorme offerta artistica. La mostra si distribuisce ai Giardini, fra 29 padiglioni, di per sé già di grande interesse architettonico essendo stati progettati e creati nel corso dello scorso secolo da celebri architetti internazionali, e la imponente struttura dell’Arsenale.
Pedrosa ha voluto ricalcare il tema tratto da una opera ideata dall’artista di origine francese, ma residente a Palermo, Clair Fontain, che, a partire dal 2004, ha realizzato e collezionato sculture di tubi al neon di diversi colori che disegnano la scritta “Stranieri ovunque” in ben 20 lingue.

Adriano Pedrosa, direttore artistico del museo d’arte di San Paolo (Brasile), designato Curatore della Biennale d’arte di Venezia dal Presidente Roberto Cicutto, è una eminenza nel settore artistico con una nutrita esperienza di studio dell’arte coltivata oltre che nel suo paese, anche in vari paesi stranieri; un’esperienza che, come lui stesso dirà, seppure arricchente lo ha fatto sempre sentire “uno straniero del terzo mondo”. La Biennale d’Arte ’24 di Venezia gli ha offerto la possibilità di far parlare il diverso, l’estraneo, lo straniero, e ha offerto loro una prospettiva privilegiata. Infatti, la mostra ricalca i temi della diversità e della estraneità interpretati in forma artistica.
“Innanzitutto, ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontrano sempre degli stranieri: sono/siamo ovunque”, sostiene Pedrosa. “Secondo, indipendentemente dal luogo in cui ci si trova in realtà, nel fondo si è sempre stranieri”. La mostra offre ampio spazio espositivo a 331 artisti provenienti da 80 Paesi rappresentanti del Sud e del Nord del mondo.
Un ruolo importante è stato dato all’uso artigianale dei materiali, dai tessuti al ferro, fibre e particolare interesse è rivolto alla tradizione, all’artigianato, al ‘fatto a mano’. Gli artisti ci comunicano come la tradizione abbia da sempre giocato un ruolo importante nella trasmissione della conoscenza di generazione in generazione. Grande risalto viene dato anche alle opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia; il Sud globale, qui rappresentato, è un artificio per mettere in discussione il concetto di ‘Confini’. “Abbiamo bisogno di conoscere di più su di loro e da loro”, ha detto Pedrosa che ha voluto riconoscere a questo gruppo di artisti uno spazio particolare, definito il ‘Nucleo Storico’, come a voler pagare loro un debito storico.
Incaricato dal Ministero della Cultura, in qualità di presidente della Biennale di Venezia, è Pierangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, che nel condividere i valori dell’impostazione etica della mostra ha ribadito l’importanza di dare uno spazio particolare al Sud del mondo. “Una mostra che offre ospitalità a frammenti di bellezza marginalizzata, esclusa, punita e cancellata ad opera di schemi di geo-pensiero dominante”, ha dichiarato Buttafuoco. “Bene ha fatto Pedrosa a dare spazio al diverso, allo straniero, al viaggio, all’integrazione. Concetti che continueranno a riverberare nelle sempre calme acque della città lagunare”. Del resto, non è forse sempre stata questa la vocazione di Venezia? Culla di nuovi punti di vista, città di raccordo fra le diversità territoriali, dove la diversità è normalità.

Questa atmosfera di apertura verso i diversi mondi stride con la triste e drammatica realtà odierna: a causa delle ostilità fra lo stato di Israele e Hamas, il padiglione di Israele non ha mai aperto per decisione dell’artista israeliana Ruth Patir. Il suo progetto artistico: “(M)otherland”, inventario sulla maternità contemporanea, resta bloccato e invisibile in attesa della liberazione degli ostaggi e della fine del conflitto all’interno del suo padiglione ai Giardini. Un progetto che alla luce dell’ingente numero di donne e bambini palestinesi uccisi in questi ultimi mesi, ci induce a riflettere sul forte scollamento fra le decisioni politiche del governo di Israele e la società civile del paese.
Ma la decisone dell’artista israelita è stata una risposta di coerenza con l’appello di una lettera aperta firmata da un migliaio di artisti, agli inizi di quest’anno, in cui si chiedeva la chiusura del padiglione in segno di solidarietà con le sofferenze del popolo palestinese. Il padiglione, attualmente, viene costantemente sorvegliato da soldati italiani per evitare il rischio di rappresaglie.
Del resto, la stessa sorte era toccata al padiglione russo nel 2022, che rimase chiuso in occasione della Biennale d’Arte 2022 a causa dell’intervento militare russo in Ucraina.
Va inoltre ricordato che la Biennale d’Arte non si svolge solo fra i padiglioni dei Giardini e la struttura dell’Arsenale; interessante è il fatto che tutta la città di Venezia è pervasa d’arte contemporanea. Numerose sono i palazzi aristocratici, anche con suggestivi affacci sul Gran Canal, messi a disposizione dai privati per l’evento della Biennale e ospitare i ‘Collaterali’; vale a dire, altre 30 esposizioni d’arte disseminate dentro la città, fra un calle e l’altro.