Ascoltare Verdi è sempre magnifico, tanto più nella terra dove il maestro crebbe, cioè al Teatro Regio di Parma con il suo Festival Verdi, presentato a New York con due serate speciali per spiegare al pubblico newyorchese gli spettacoli che andranno in scena fra settembre e ottobre. Anche per raccontarli agli International Friends of Festival Verdi, l’associazione noprofit che sostiene il festival e organizza per i suoi membri il viaggio in Italia per partecipare all’evento. Stuzzichini parmensi, un concerto e una conferenza sull’arte di cantare Verdi tenuta dal maestro Francesco Izzo: ne parliamo con lui, musicologo, professore all’università di Southampton, responsabile scientifico del Festival e direttore dell’Accademia Verdiana, il corso di formazione per giovani cantanti lirici affiliato al Regio.
Izzo, a New York siete venuti lei, il sovrintendente del Regio Luciano Messi, il direttore artistico Alessio Vlad e Barbara Minghetti, responsabile dei progetti speciali attorno al festival.
Abbiamo parlato all’Istituto Italiano di Cultura e in particolare agli International Friends of Festival Verdi. L’associazione è nata nel 2017 e vuole riunire e appassionati di opera di musica e di cultura italiana; pagano una quota associativa, sostengono finanziariamente il Festival, ogni anno organizzano un viaggio per venire a Parma. Un gruppo arriva con un tour operator e oltre agli spettacoli ha accesso ad alcune attività esclusive, visita delle parti del teatro che normalmente non sono aperte al pubblico, conferenze; ma c’è anche una partecipazione indiretta più larga di persone che vengono comunque per gli spettacoli. Vogliono sentirsi parte di questo progetto culturale; è un’organizzazione ancora molto giovane e ha subito uno stop in epoca di pandemia, ma dal 2022 sono ripartiti e il pool dei soci si è ampliato. Per questo veniamo ogni anno a raccontare il Festival a New York; l’idea ovviamente è anche diversificare le risorse economiche che rendono possibile una iniziativa come il Festival Verdi.

Un ponte culturale e finanziario fra Italia e Stati Uniti insomma.
Ci sono precedenti importanti, per esempio il Rossini Opera Festival di Pesaro ha un’organizzazione americana di sostenitori, ben consolidata nel tempo. Noi adesso abbiamo un nuovo executive director, Michael Bolton, che ha grande esperienza di fundraising e logistica per la Philadelphia Opera; ha organizzato il luogo, gli orari, un’asta per aggiudicarsi oggetti e memorabilia portati appositamente da Parma. Ho anche accompagnato al pianoforte in concerto Antonio Poli: è il tenore che ha vinto il premio degli International Friends, che diventerà un evento annuale. Si chiama Fortunino Awards… era uno dei nomi di Verdi, Giuseppe Fortunino Francesco, ed è di buon augurio!
Il programma del Festival Verdi per questo 2024 è ricco di interesse anche per una rarità, un esempio tipico del laboratorio teatrale che era l’opera ottocentesca.
Tutto il programma segue il fil rouge pensato dal direttore artistico Alessio Vlad: Verdi, il potere e la politica, con quattro opere particolarmente significative in questo senso della drammaturgia verdiana. Apriamo con Macbeth, ma nella versione che fu eseguita a Parigi, in francese, con i ballabili; è la prima volta dal 1865 che viene eseguito in scena. È un caso di “autorialità collettiva”, come l’ha chiamato la collega Candida Mantica. Verdi aveva composto il Macbeth nel 1847 per Firenze; quando si presentò l’opportunità di prepararla per Parigi quasi vent’anni dopo fece una serie di modifiche musicali. Non aveva particolare interesse a riscrivere Macbeth in francese e non era presente alla rappresentazione; ma ci furono altri responsabili di aggiornare il testo cambiandolo anche parecchio, avvicinandosi di più a Shakespeare per certi versi.
Poi ci sarà Un ballo in maschera al teatro di Busseto, il paese del parmense dove Verdi nacque; Attila in forma di concerto nel Teatro Magnani di Fidenza che è una sede meravigliosa. E infine a Parma La battaglia di Legnano, il contributo di Verdi alla causa della Repubblica romana mazziniana del 184. Ci sono poi una serie di eventi collaterali, dalla Verdi Street Parade del 21 settembre a concerti, installazioni e performance varie.

Lei è anche direttore dell’Accademia Verdiana, un corso di alta formazione professionale per cantanti lirici.
È un corso di alto perfezionamento intensivo di centinaia di ore con insegnanti molti rinomati: io preferisco dire non che dirigo, ma che coordino. Individuo persone che sono partecipi di un messaggio di riscoperta di Verdi in maniera informata. Il corso è gestito dal Teatro Regio di Parma e finanziato tramite la Regione Emilia Romagna con fondi con finanziamento del Fondo sociale europeo. È rivolto a cantanti giovani ma già laureati con la triennale o la magistrale che risiedono in Emilia Romagna ma vengono da tutto il mondo. L’anno scorso avevamo un allievo messicano, quest’anno due del Kazakistan, allievi cinesi, una ragazza greca. Serve diciamo a “cantare meglio”, anche ripulendo l’interpretazione di un compositore come Verdi, perché su cosa sia il canto verdiano gravano una serie di luoghi comuni, di preconcetti. Cerchiamo il recupero di una prassi esecutiva incentrata su quelli che erano i presupposti estetici e anche tecnici nell’Ottocento.
Quindi lavoriamo prima di tutto sul testo, non solo poetico ma anche musicale, studiando le edizioni critiche che correggono errori, imprecisioni presenti invece nelle edizioni tradizionali. E poi andando a capire non solo la lettera della notazione verdiana, cioè come è scritto, ma anche l’intenzione di quella notazione, gli espedienti retorici, gli stratagemmi che di fatto richiedono o suggeriscono anche un intervento creativo da parte dell’interprete: per esempio nell’elaborazione di cadenze in alcuni punti specifici, nell’introduzione di variazioni sia melodiche sia espressive, nelle ripetizioni delle cabalette o in alcune frasi. Quindi il nostro è un lavoro che mira a formare interpreti non solo capaci di cantare bene, che è la prima cosa, ma anche aggiornati sulle prassi esecutive odierne.

Fra le persone che verranno a insegnare a giugno abbiamo il basso Riccardo Zanellato, il soprano Barbara Frittoli, di recente abbiamo avuto Sebastiano Rolli il direttore d’orchestra, Francesco Bellotto a fare una masterclass di regia, il baritono e musicista Bruno Taddia e il soprano Silvia Dalla Benetta che è la nostra docente di canto di riferimento per la tecnica.
E che rapporto c’è fra Accademia e Festival?
Sono allineati ,perché il lavoro didattico e il lavoro scientifico di ricerca che vanno poi a informare le nostre esecuzioni sono coerenti. Ma anche per il project work: perché durante il festival i nostri allievi o cantano piccoli ruoli nelle opere, o partecipano ai concerti collaterali del Verdi Off. Eventi pubblici all’aperto, eventi nelle scuole, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle carceri, che cercano di portare la musica là dove talvolta non arriva, e di coinvolgere un pubblico che magari difficilmente si spinge fra le mura del Teatro Regio.