92 anni, un premio Nobel per la letteratura, consacrata come la regina del racconto a livello mondiale. Alice Munro è morta nella casa di riposo dove si trovava, in Ontario in Canada. Da oltre dieci anni soffriva di demenza. Destino crudelissimo per chi con le parole ha lavorato, perdere le parole e il dominio della propria mente.
Margaret Atwood – canadese come lei – l’ha definita “una dei maggiori autori di lingua inglese del nostro tempo”. Per Salman Rushdie, era una “maestra della forma” e Jonathan Franzen ha scritto di lei “è una dei pochi scrittori, vivi o morti, a cui penso quando dico che la narrativa è la mia religione”.

Munro era nata nel 1931 da una famiglia di allevatori di Wingham, Ontario, che conobbe le asprezze della Grande Depressione. Una borsa di studio le permise di arrivare all’università dove studiò due anni prima di sposarsi e trasferirsi a Vancouver con il primo marito, James Munro. Aveva vent’anni e più tardi si descrisse all’epoca come “una casalinga da sette e mezzo”. Cominciò a scrivere mentre le figlie dormivano, e scrisse racconti perché era troppo difficile concentrarsi per lunghi periodi mentre moriva di sonno.
Ma quell’epoca difficile – chiedeva al marito i soldi per fare la spesa – cementò le sue aspirazioni e la sicurezza nella forma del racconto. Non un romanzo in diciottesimo, ma lo strumento per raccontare un momento, una zoommata su un particolare aspetto del reale; quello che ha affascinato nel tempo non solo grandi romanzieri ma scrittori che alla novella hanno dedicato il meglio della loro opera, da Dorothy Parker a O’Henry, da Cechov a Raymond Carver. Il racconto diventa una lente tramite cui analizzare la vita quotidiana, e per Munro, tramite cui raccontare storie di solito ignorate dalla narrativa mainstream. Solo relativamente tardi nella vita le sue storie apparentemente sommesse, ma sconvolgenti, di gente qualunque nella vita canadese, dapprima pubblicate da riviste canadesi, sono emerse sulla scena internazionale, prima con un racconto pubblicato sul New Yorker nel 1977, poi raccogliendo premio dopo premio fino al Nobel del 2013.
Alice Munro provò anche a scrivere un romanzo, ma rinunciò perché le pareva debole: lo suddivise poi in una raccolta di racconti collegati del 1971, La vita delle ragazze e delle donne. Parlava anche dell’artista da giovane e raccontava “le vite noiose semplici, incredibili” attorno a lei.