“Lavoro qui da cinque anni e non avevo mai visto un tale afflusso di gente”, ha detto Jeffrey Stein, impiegato del banco informazioni del Metropolitan Museum of Art. L’annunciato sensazionalismo su cui vertono alcuni aspetti della neo-inaugurata mostra Sleeping Beauties: Reawakening Fashion al Costume Institute ha funzionato: il primo giorno di apertura, i visitatori aspettano delle ore in fila per entrare.
Come prassi vuole, il party più atteso dell’anno, il Met Gala di New York, funge da anteprima all’esposizione primaverile del Metropolitan Museum of Art. Dopo l’abito di sabbia Balmain indossato per l’occasione dalla cantante sudafricana Tyla e i non uno ma due look di Zendaya by John Galliano, lo show si sposta all’interno del museo con Sleeping Beauties: Reawakening Fashion. Dal 10 maggio al 2 settembre 2024, l’enorme vetrina allestita al Costume Institute, che ospita circa 220 capi e accessori, è un percorso pensato per i sensi: i capolavori esposti si possono sentire, odorare e ascoltare.

La base di partenza della mostra è costituita da 15 capi, che col tempo sono diventati così fragili da non poter più essere esposti su manichini. Così Sleeping beauties (“Belle addormentate“) sta a indicare gli indumenti sdraiati in teche di vetro. “Quando un capo entra nella collezione del Costume Institute il suo status cambia per sempre”, si legge nella descrizione della mostra. “Ciò che una volta era parte della vita di una persona è ora un’opera d’arte immobile che non può più essere indossata o ascoltata, toccata o annusata”. Con Reawakening fashion (“Risvegliare la moda”) l’esposizione si propone, invece, di riattivarli con una serie di strumenti tecnici, tra cui l’intelligenza artificiale, i raggi X, l’animazione video e i paesaggi sonori.

Al contempo, l’exhibit è riunita sotto il tema della natura, organizzata in tre categorie – terra, aria e acqua.”Per molti versi, la natura è la metafora per eccellenza della moda: la sua nascita, il suo rinnovamento e la sua ciclicità, ma anche la sua transitorietà ed evanescenza”, si legge. Simboli proposti nell’originale “cappotto d’erba” del direttore creativo di LOEWE, Jonathan Anderson. Il capospalla di lana blu navy decorato con veri semi di avena, di segale e germogli di grano ora appare in vita, ma morirà lentamente nel corso della mostra. Protagonisti i fiori: bouquet che per tipologia e texture celebrano armonia e cupezza insieme.



La moda si ascolta, invece, attraverso il fruscio del taffetà di seta e il tintinnio di paillettes, “animati” dall’ingegneria. Oppure grazie al rumore delle centinaia di conchiglie di cannolicchi dell’abito Voss di Alexander McQueen (Spring/Summer 2001). Capolavoro pensato dal designer passeggiando sulla spiaggia di Norfolk, in Virginia.

In definitiva, è incoraggiata l’interazione, che trasforma i visitatori da spettatori in partecipanti attivi. Ne è esempio perfetto la sezione dedicata all’olfatto. L’esperta di profumi e consulente del museo, Sissel Tolaas, è riuscita a replicare gli odori di alcuni abiti e quelli appartenuti a persone (come Denise Poiret, musa di Paul Poiret) estraendo le molecole attraverso speciali micro filtri. Ecco che dagli abiti di Dior e di Lanvin si sentono rispettivamente gli aromi della cumarina, un componente del tabacco e del fieno, e della benzaldeide, un frammento del miele e delle mandorle. Invece, i cappelli di Elsa Schiaparelli degli inizi del secolo scorso emanano sentori di uva ed erba essiccata.


È possibile accarezzare la miniatura di un abito bianco a fiori Christian Dior e il muro di gomma nera che lo circonda. Una nota sulla parete invita i visitatori a strofinarla per liberare un’essenza. Attraverso una serie di tubicini lungo un muro, che rilasciano fragranze, si possono apprezzare le creazioni di Dolce & Gabbana, Dior e Valentino, ispirate dalla rosa rossa.

Capi di un tempo e la moda di oggi parlano tra loro. In una delle 29 stanze, la voce fuori campo dell’attore Morgan Spector recita la poesia “In Flanders Fields” di John McCrae del 1915. La dedica è per il cappello ‘papavero’ in chiffon e piume nere di Philip Treacy per Jasper Conran. Sono interessanti le proiezioni create con l’intelligenza artificiale che mostrano ali di coleottero in conversazione con una giacca di Dries Van Noten. In chiusura, l’abito nuziale realizzato da Callot Souers nel 1931 per la socialite Natalie Potter. Il capo è dotato di una versione di ChatGPT che, con la scansione QR, consente ai visitatori di interagire con la “sposa virtuale”. Nell’essenza, Sleeping Beauties raccoglie una vastissima selezione di maestria e di bellezza, ciò che è la moda.

