Donald Preston e Katha Cato hanno portato a New York il mondo dei film indipendenti da 19 paesi, con 152 film, per la 13ª edizione del Queens World Film Festival (QWFF). Tra i film italiani presentati al Festival, oltre a Chutzpah. Qualcosa sul pudore di Monica Stambrini e Gorgona di Antonio Tibaldi, un progetto creativo sperimentale dal titolo Il Lago Incantato.
Dopo il pluripremiato La Fabbrica del Sogno, film realizzato a Ciriè tra il 2018 e il 2019 nell’ambito del Cinema per la Scuola – Visioni Fuori Luogo, il regista e autore Max Chicco torna con un film che ha coinvolto in prima persona gli studenti di quarta del liceo classico musicale Cavour di Torino per raccontare la storia della città di Balangero, una delle più grandi cave di amianto al mondo. Scoperta nel 1904 ha vissuto il suo periodo più prospero tra il 1951 e il 1983. A partire dalla fine degli anni ’60, l’uso dell’amianto è diventato un problema. Le migliaia di tonnellate di roccia estratte annualmente dalla cava, dopo il trattamento, venivano smaltite in discarica, causando gravi danni ambientali e un lasciato di morti a causa dell’esposizione alle polveri d’amianto.
“Ho introdotto i ragazzi al problema dell’amianto portandoli alla cava di Balangero, dove hanno potuto vedere con i loro occhi la situazione”, racconta Chicco. “Ancora oggi, visitare la cava richiede una protezione completa. Gli studenti hanno girato le scene sotto il sole, con tanto di maschere e tute per non contaminarsi. Tornati a scuola, hanno proseguito con gli incontri con i professionisti del settore in un viaggio immersivo nel mondo del cinema”.
Al centro della trama c’è Eleonora, interpretata da Sofia Elia, una videomaker che indaga su un filmato misterioso riguardante sua madre, Simona Zanetti, e la leggenda del “mostro della cava”. Nel suo viaggio alla ricerca della verità, Eleonora modifica radicalmente il suo progetto, passando da un film di finzione a un documentario.
Max Chicco, allievo di Daniele Segre, ha da sempre una vocazione al documentario. Con Il Lago Incantato realizza un film in bilico fra la “modalità di osservazione” e quella “partecipativa”. Il regista va sul campo, acquista un sentimento concreto e intimo di come sia la vita in quei luoghi simbolo della tragedia dell’amianto: “Nel film, il mostro è uno stratagemma narrativo per trattare un tema delicato in modo innovativo, mescolando elementi di fantasia con la realtà”.
Per vent’anni, l’accesso all’area è stato bloccato a causa delle operazioni di bonifica condotte dalla società RSA. Questo ha creato un senso di mistero intorno alla collina, mantenendo viva la curiosità riguardo a ciò che una volta era una miniera e ora affronta una sfida ambientale significativa. Spiega il regista: “Questo divieto ha impedito a molte persone di salire in cima e godere della vista del vasto lago sottostante. Mentre la natura riconquista il suo territorio, la comunità locale resta in attesa di vedere quale sarà il destino di questa zona, sperando che possa ritornare alla sua bellezza originaria senza ulteriori danni all’ambiente. Il film vuole essere così un tentativo per Balangero di riprendersi i propri boschi e di riconquistare il suo status, puntando sul turismo”.
La colonna sonora di Claudio Vernetti e la granulosità della fotografia di Davide Piazzolla contribuiscono a costruire una sorta di dimensione senza tempo, dove c’è poco spazio per sfumature o colori, ma solo per ciò che è chiaro fare e non fare.
C’è ovviamente una lettura politica: il non riconoscimento della responsabilità collettiva da parte delle autorità scatena lo sfaldamento della responsabilità individuale, piccoli gesti che ciascuno di noi dovrebbe compiere per proteggere il pianeta. “Con Stefano D’Antuono e Gigi Colasanto e la supervisione di Simona Rapello, abbiamo scritto una sceneggiatura con l’obiettivo da un lato scuotere la nostra coscienza su un disastro ambientale che è rimasto in ombra per molti decenni, e dall’altro narrare ai giovani una storia tanto incredibile quanto autentica, spronandoli a mantenere una mentalità positiva e critica nella vita, senza mai perdere la curiosità”.