Si è aperta all’Istituto Italiano di Cultura di New York la III edizione del Festival Letterario “Multipli Forti”, “finestra transatlantica sulle maggiori tendenze letterarie della narrativa italiana del nostro tempo” come recita il sottotitolo. Ogni anno porta oltreoceano scrittori, editori, organizzatori di festival per creare incontri e sinergie con il mondo letterario americano. Questa volta al primo appuntamento hanno partecipato gli scrittori Marina Valensise, Andrea Molesini, Carlo Vecce e Alain Elkann.
Marina Valensise ha parlato del suo ultimo libro, Sul Baratro – Città, Artisti e Scrittori d’Europa alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale sempre più attuale e pressante alla luce dei conflitti che premono sull’Europa, l’invasione dell’Ucraina, la strage del 7 ottobre e la distruzione di Gaza. Nel libro Valensise si concentra su un anno, il 1938, e su quindici personalità che in varie città d’Europa sentono il sordo avanzare della guerra. Il 1938 è l’ultimo anno di una pace fittizia in Europa, tutto sta scricchiolando, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, dei Sudeti, in Italia le leggi razziali. Alla Conferenza di Monaco le potenze occidentali riconoscono le richieste territoriali hitleriane: ma la guerra è in agguato, è solo rimandata. Marina Valensise va a cercare gli artisti, gli scrittori, i musicisti, gli aristocratici, si chiede se danzavano sull’abisso o lanciavano allarmi, se cercavano di salvare se stessi o anche gli altri. Racconta di personalità celebri come Freud, Zweig, Dali, di meno noti come Mihail Sebastian, Licy Wolff, di italiani come Toscanini e Moravia, dei poeti russi Mandelstam e Achmatova il cui destino fu forse persino più atroce, perché le loro vite furono stritolate da Stalin e le sue purghe, che uccisero più di 750mila persone e internarono nei gulag più di un milione di “oppositori”. Valensise racconta il passato cercando di fare luce sul presente, racconta il formarsi delle nazioni in Europa per evitare che oggi i nazionalismi quella stessa Europa la stritolino.
Andrea Molesini, premio Campiello con “Non Tutti i bastardi sono di Vienna” nel 2011, autore anche di poesie e libri per ragazzi e fondatore di una casa editrice dedicata proprio alla poesia, ha parlato della sua città, Venezia. Città che ha troppo, ha detto, troppa storia, troppa gloria e ora anche troppo effetto cartolina. Ha ricordato come in questa città d’acqua, gli abitanti preferiscano bere vino e vaghino alticci e barcollanti per le calli senza mai cadere in acqua, cosa che succede invece ai turisti, e come il suo simbolo sia il leone alato che vola, a differenza dei colombi locali che, ingrassati dai turisti, non riescono più a sollevare le ali. Una presentazione divertente e colta che si è conclusa ricordando la grande beffa ordita dai partigiani nel teatro Goldoni verso nazisti e fascisti in platea, culminata nella chiamata alla ribellione del popolo veneziano e nel lancio dei volantini dalle balconate, lancio ripreso nella sua grande teatralità da Visconti nelle prime scene del film Senso.
Alain Elkann ha ricordato ed elencato gli scrittori ebrei italiani, lista di cui lui fa parte, ha sottolineato, chiedendosi come i contemporanei racconteranno gli avvenimenti attuali in Israele e Gaza e l’ondata di antisemitismo cresciuta nelle università americane.
Carlo Vecce, Professore di Letteratura Italiana all’Università Orientale di Napoli, grande studioso di Leonardo e autore di un libro di grande successo, Il sorriso di Caterina. La madre di Leonardo, ha letto un nuovo capitolo del libro, scritto apposta per il festival. Nelle nuove pagine Caterina, schiava circassa liberata da Ser Piero da Vinci, padre di Leonardo, 6 mesi dopo la nascita del bimbo, nel 1452, parla in punto di morte a Milano al figlio ricordando la sua patria lontana e chiedendogli di vederla attraverso i suoi occhi. Vecce ha recuperato nell’Archivio di Stato di Firenze l’atto di liberazione della schiava e provato così quello che si immaginava da tempo e cioè che Leonardo fosse un figlio illegittimo, segnato da questo trauma, come immaginava Freud. “La vita di Leonardo è incredibile – afferma Vecce – lo aveva capito molto bene Freud quando diceva che all’origine dell’eccezionalità di Leonardo c’era probabilmente un trauma. È la ferita di non sapere a quale famiglia si appartiene: quella del padre che non lo ha riconosciuto e sta a Firenze o quella della madre che è stata sposata ad un altro e che lui pubblicamente non poteva chiamare mamma. Nei suoi quaderni la chiama Caterina, come una serva perché gli altri la consideravano tale.”