Vincerà tutto? O quanto? Oppenheimer, il colossal di Chris Nolan sul fisico della bomba atomica, è candidato a tredici Oscar e ha già spazzolato i premi per la miglior regia e il miglior film a tutte le maggiori competizioni di stagione (Golden Globe, Bafta, Critics Choice Movie’s Awards). Ci sono pochi dubbi che prenderà anche la statuetta dorata. Per la regia, Nolan si confronta con Scorsese e con Yorgos Lanthimos per Povere creature, ma è stato candidato varie volte in passato e non ha ancora vinto; è il suo anno. Quanto al film, il premio più ambito, Oppenheimer come si dice a Hollywood ticks all the boxes, soddisfa tutti i criteri per piacere all’Academy Awards anche se ha la concorrenza agguerrita di alcune pellicole straordinarie, da Povere creature a Anatomia di una caduta di Justine Triet (candidata come Lanthimos anche come miglior regista) all’agghiacciante La zona di interesse di Jonathan Glazer (su cui torneremo). C’è anche Barbie, che è stato escluso (provocando polemiche infinite) dalle altre maggiori categorie.

Ma Oppenheimer è un’epopea americana. Non è facile da seguire con il suo continuo alternare fra epoche diverse però è vorticosamente trascinante. Alterna la ricostruzione storica all’uso di tutte le magie possibili (e infatti è candidato fra l’altro per la fotografia, la scenografia, il sonoro, i costumi, il trucco; qualcuno di questi premi ‘minori’ andrà ad altri concorrenti). È la storia, vera, di un eroe-antieroe americano, l’uomo che con la sua arma orchestrò la supremazia Usa sul mondo, e allo stesso tempo (Hollywood ama le meditazioni sulla storia americana, critiche ma non tanto da scalfire l’amor patrio) fa emergere i dubbi, i rimorsi, e pure la caduta dal piedistallo del suo eroe nell’epoca maccartista, perseguitato dall’antagonista (un Nemico ci vuole) interpretato da Robert Downing Jr., che quasi certamente strapperà il miglior attore non protagonista (improbabile che vincano sia il già pluripremiato Robert De Niro in Killers of the Flower Moon sia Ryan Gosling per il suo Ken in Barbie).

Più incerta è la vittoria degli altri due attori candidati: qualcosa bisogna lasciare agli altri film. Emily Blunt (migliore non protagonista) è alla sua prima nomination, e ha di fronte fra l’altro Da’Vine Joy Randolph per The Holdovers-Lezioni di vita, che ha già ottenuto vari premi ed è una dei pochi visi non bianchi fra i candidati di quest’anno: scarsa diversità molto criticata dal New York Times, per esempio.

È alla sua prima nomination anche Cillian Murphy, che fin qui ha vinto quasi tutti i premi stagionali come miglior attore per il suo stralunato, tormentato Oppenheimer. L’attore irlandese con questo film, il suo quarto con Nolan, ha fatto il salto quantico da comprimario a protagonista hollywoodiano, certamente facilitato anche dall’immenso successo della serie tv inglese Peaky Blinders in cui il suo gangster Tommy Shelby era sempre al centro della scena. Ma fra i contendenti c’è anche Paul Giamatti per The Holdovers, vincitore dei Critics Choice Awards, e per lui potrebbe essere anche un meritatissimo premio alla carriera.

Oppenheimer, film intensamente maschile in termini numerici, non ha una protagonista donna e quindi per la miglior attrice si esce dal Nolismo sfrenato. Bravissima Sandra Hüller per Anatomia di una caduta, fantastica Annette Bening per Nyad in cui non teme di esporre tutte le sue rughe, e Carey Mulligan è la cosa migliore del film Maestro di Bradley Cooper su Leonard Bernstein. Ma le due vere contendenti (in assenza di Margot Robbie per Barbie) sono Emma Stone, che con la sua Belle di Povere Creature ha sbaragliato quasi tutto finora, e Lily Gladstone per Killers of the Flower Moon. È un’attrice indigena (torna il tema della scarsa diversità di quest’anno) e il film di Scorsese probabilmente non vincerà nient’altro. Stone, 35 anni, ha già vinto nel 2017 per La La Land.

Cosa manca? Prevedibile premio di consolazione con la Miglior Canzone a Barbie (What was I made For di Billie Eilish) ma il film di Greta Gerwig vincerà anche la Miglior Scenografia per la sua ricostruzione del mondo della bambola Mattel. Fermiamoci un attimo: Barbie è stato il maggior successo della stagione al botteghino, non solo in Usa ma nel mondo. Per alcuni è un film furbetto che fa pubblicità alla Mattel che l’ha prodotto fingendo di essere femminista (si chiama pinkwashing e dio sa se ce n’è di rosa in Barbie). Per altri è un film che cambia i canoni, ha diversi livelli di lettura, Greta Gerwig è un genio e se non è stata candidata come miglior regista è proprio perché i tempi non sono maturi per un film che parla esplicitamente di lotta al patriarcato. Vi lascio con il dubbio.

In chiusura, il miglior film straniero. L’Italia concorre con Io Capitano di Matteo Garrone (forse avrebbe avuto più chances di vittoria C’è ancora domani di Cortellesi, che avrebbe risuonato di più per i votanti dell’Academy). Ma c’è poca gara per Garrone: dovrebbe vincere The Zone of Interest di Jonathan Glazer (candidato anche in questa categoria oltre che come Miglior Film perché girato in tedesco), già Gran Premio della Giuria a Cannes 2023, con la sua glaciale ricostruzione della vita borghese idilliaca del comandante di Auschwitz Rudolf Höss: casetta, giardino, moglie, bambini con vista sul lager. È un film complicato e terribile in cui molte sono le cose non viste e non dette ma intuite: un film, ha detto il regista più volte, non su allora, ma su oggi, sulle scelte delle nostre coscienze ogni giorno di fronte agli orrori della storia.

Avrebbe potuto contendergli la statuetta solo Anatomia di una caduta di Justine Triet, Palma d’Oro a Cannes 2023 che ha già vinto vari premi come miglior film straniero, ed è piaciuto tanto ai membri dell’Academy da candidarlo anche come Miglior film in assoluto. Ma la Francia non ha ritenuto di proporre Anatomie d’une chute come miglior film straniero (ha invece mandato La passione di Dodin Bouffant, che è rimasto al palo). Perché? Girano varie ipotesi: quella politica, perché Triet ha rivolto critiche esplicite al presidente francese Emmanuel Macron. E anche quella patriarcale, un’altra volta (che del resto non esclude la prima): le donne a sfondare faticano sempre.
Qui la lista integrale delle nomination.
La cerimonia sarà presentata – per la quarta volta – da Jimmy Kimmel, live su ABC.

Si comincerà alle 16 di Hollywood, le 19 di sera a New York (il red carpet con le toilettes più incredibili dell’anno un’ora e mezza prima). Per chi è in Italia, in omaggio a Garrone la Rai segue su Rai1 e in streaming su RaiPlay dalle 23.30 con il red carpet e dall’una del mattino le premiazioni, per gli insonni e chi non teme la melassa degli infiniti ringraziamenti autocelebrativi.
L’intera faccenda dura quasi 5 ore e sulla scena si alterneranno moltissime celebrities. Michelle Yeoh (Best Actress 2023), Jamie Lee Curtis (Best Supporting Actress 2023), Brendan Fraser (Best Actor 2023), e Ke Huy Quan (Best Supporting Actor 2023) come da tradizione annunceranno i vincitori 2024.
Parteciperanno sul palco alla serata fra frizzi e lazzi altri attori vincitori e vincitrici in passate edizioni: Matthew McConaughey (Dallas Buyers Club 2014), Al Pacino (Scent of a Woman 1993), Nicolas Cage (Leaving Las Vegas 1996), Ben Kingsley (Gandhi 1983), Forest Whitaker (The Last King of Scotland 2007), Mahershala Ali (Moonlight 2016 e Green Book 2018), Sam Rockwell (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri 2017), Tim Robbins (Mystic River 2004), e Christoph Waltz (Inglourious Basterds 2010 e Django Unchained 2013); Jessica Lange (Tootsie 1983 e Blue Sky 1995), Lupita Nyong’o (12 Years a Slave 2014), Regina King (If Beale Street Could Talk 2019), Jennifer Lawrence (Silver Linings Playbook 2013), Rita Moreno (West Side Story 1961), Octavia Spencer (The Help 2012), Sally Field (Norma Rae 1980 e Places in the Heart 1985), Mary Steenburgen (Melvin and Howard 1980), e Charlize Theron (Monster 2004).
Saranno sul palco anche le star del prossimo film Wicked, Cynthia Erivo e Ariana Grande, e Steven Spielberg (miglior regia due volte con Schindler’s List e Saving Private Ryan).
Presenteranno anche i due candidati come migliori non protagonisti per Barbie, Ryan Gosling e America Ferrera. Gosling regalerà al mondo anche la sua interpretazione live di I’m Just Ken, la seconda canzone di Barbie candidata all’Oscar.