La fanciulla del West si chiamava Giuseppina Morlacchi ed era nata a Milano nel 1836, certifica l’archivio della diocesi. Quella bambina minuta dagli occhi scuri sviluppò crescendo una dote che le altre non possedevano: la grazia nei movimenti. I genitori Antonio e Maria se ne accorsero subito e a sei anni la iscrissero alla scuola di ballo della Scala, il teatro d’opera più famoso al mondo. Lì fu allieva di Carlo Blasis, grande insegnante e coreografo, il teorico che aveva fissato le regole dell’arabesco. Lo studio e l’esercizio la resero consapevole della propria eleganza: somigliava, se così si può dire, alla piccola Deborah che accarezza l’aria al suono di un grammofono, nel retro del vecchio locale in C’era una volta in America. Debuttò prestissimo perché era una predestinata. Poi la sua carriera fu un percorso ininterrotto di tappe in Italia e all’estero: Genova, Firenze, Parigi, Lisbona, Londra, tra applausi scroscianti e la fama che cresceva ogni sera. Il suo nome in locandina valeva al botteghino una somma pari a ottomila euro di oggi, così capì che era tempo di fare il grande salto: l’America l’aspettava.

Giuseppina attraversò l’oceano nel 1867 per unirsi al Balletto dell’Opera parigina, accolta dai commenti entusiastici del pubblico e della critica. Per una bizzarra combinazione, si trovò ad affrontare un inedito derby sui palcoscenici di Broadway: da una parte il suo spettacolo L’elisir del diavolo, dall’altra Maria Sangalli e Rita Bonfanti – le altre due stelle della Scala – impegnate nel musical The black crook. La recensione del “New York Evening” non lascia dubbi su chi si aggiudicò la sfida: “La grande Morlacchi è musica per gli occhi. Ha una potenza di danza pensata e fantasiosa, mai eguagliata da nessuna artista che sia passata da qui”. Nel giro di tre mesi divenne la ballerina più ricercata da Est a Ovest, tutti volevano ammirarne i gesti delicati e i volteggi che insidiavano la forza di gravità. Ad acclamarla in platea accorrevano ricconi, politici, dignitari, perfino il granduca Alessio di Russia. Ormai diventata imprenditrice in proprio, diresse un corpo di ballo tutto suo nella tournée di cinque anni che fece il pieno ovunque. Il culmine fu la serata memorabile al Theatre Comique di Boston, dove presentò per la prima volta la novità che furoreggiava in Francia: un galoppo in musica chiamato can-can, accompagnato da orchestra e coro. Scrisse a proposito il “Corriere degli Stati Uniti”: “Le sue meravigliose gambe deliziano il pubblico”. Gambe talentuose che il manager assicurò per la cifra record di centomila dollari, così da far dire alla gente che lei era meglio di Kentucky, il purosangue più vincente dell’epoca.
I trionfi non ne cambiarono il carattere. Per l’autorevolezza sul palco la stampa l’aveva definita The peerless Morlacchi, l’impareggiabile, eppure fuori scena si mostrava gentile e riservata, a volte perfino timida. Sempre attenta però a cogliere all’istante le opportunità che la vita le destinava. Come quella offerta dal personaggio fuori dagli schemi che bussò al camerino: il giornalista, romanziere e impresario Ned Buntline, accanito bevitore e bigamo. Lo spregiudicato organizzatore voleva allestire un grandioso spettacolo ambientato nel selvaggio West e nei suoi piani Giuseppina sarebbe stata l’attrazione femminile, garantendo il tutto esaurito a The Scouts of the Prairie – era questo il titolo. Un progetto appena abbozzato, del quale non esisteva mezza riga di sceneggiatura. La danzatrice lo ascoltò attentamente e intravide nella confusione la possibilità di un successo, anche se dell’annunciata prateria sapeva poco o nulla. Disse sì quando il promoter le spiegò che avrebbe avuto al fianco William Cody, in arte Buffalo Bill, e John Baker Omohundro, alias Texas Jack. Ovvero due cavalli di razza, due leggende della frontiera: giovani uomini delle pianure che del teatro sapevano poco o nulla.

La prima rappresentazione ebbe luogo il 16 dicembre 1872 al Nixon’s Amphitheatre di Chicago, fra i dubbi degli stessi protagonisti. Lei, piccola e assorta, incarnava la principessa indiana Dove Eye, cioè Occhio di Colomba, con un copricapo di piume e le scarpette di raso; Buffalo Bill e Texas Jack interpretavano se stessi, esploratori e guide dell’esercito con il cappello da cowboy e la giacca di daino sfrangiata. La trama era da B-movie: capi Sioux e Pawnee, visi pallidi, rinnegati, prigionieri, torture, morti e vendette, coltelli, raffiche di winchester, acqua di fuoco. Insomma un pateracchio senza capo né coda, nobilitato però dai nomi prestigiosi sui manifesti. La notte della vigilia Giuseppina era rimasta sveglia in albergo, cercando di imparare a memoria le battute dello sgangherato copione appena ricevuto. Ma da ballerina di prima fila qual era sapeva come si sta in scena. I suoi compagni d’avventura, invece, erano stranieri in una terra sconosciuta. “Non riuscirò mai a tenere a mente tutto questo”, continuava a ripetere Cody sfogliando le pagine, mentre Omohundro taceva inquieto. “Ci sono molti soldi in ballo, andrà bene”, li rassicurò Buntline che si era ritagliato la parte del cacciatore di pellicce ad affiancare le star. Aveva ragione lui: lo show si rivelò un disastro glorioso.>
La stroncatura del “Chicago Times” fu totale: “Una tale combinazione di dramma incongruo, recitazione esecrabile, artisti rinomati, pubblico misto, fetore intollerabile, scalpi, sangue e tuoni non sarà probabilmente concessa ad alcuna città per la seconda volta”. La gente se ne infischiò dei giudizi negativi e ricoprì di ovazioni quel cast improbabile quanto irripetibile.

Restava in controluce una domanda: perché la vedette venuta dalla vecchia Europa si era imbarcata in un’impresa così temeraria? Non era questione di soldi, la risposta è vecchia quanto il mondo: lei e Texas Jack erano innamorati. Una coppia bellissima dal futuro abbagliante. Si sposarono come in una favola il 31 agosto dell’anno successivo nella chiesa cattolica di St. Mary a Rochester, per stabilirsi nella tenuta di campagna a Lowell, Massachusetts, comprata dalla Morlacchi con i guadagni della danza. Giuseppina continuò a esibirsi, pur con meno frequenza, da solista e con il marito. Ma fu una breve vita felice insieme: lui morì improvvisamente di polmonite nel 1880, lei abbandonò lo spettacolo ritirandosi nella fattoria con la sorella Angelina. Finché un cancro allo stomaco uccise a 49 anni quella che era stata prima ballerina della Scala e first lady dell’American Western.