“Tengo sempre nel taschino interno della giacca una carta da gioco. Da molti anni. Eccola qui: è un sette di quadri. Me l’affidò Rol dicendomi: non se ne separi, le porterà fortuna. Continuo a seguire la sua raccomandazione”. Il maestro Riccardo Muti non è un credulone, non è scaramantico, non è facilmente impressionabile. Però, spiega davanti alla cinepresa, ha assistito a cose inspiegabili. È un testimone eccellente, uno dei tanti ad aver visto in azione un personaggio molto speciale.
Veggente, mago, spiritista, sensitivo, medium, prestigiatore, mentalista? O più semplicemente un abile mistificatore? “Era un illusionista”, è stato il giudizio di Piero Angela. I sostenitori l’hanno definito l’uomo dell’impossibile. I detrattori parlano di trucchi. Nessuno però ha saputo dire con certezza chi fosse Gustavo Augusto Rol, nato (e vissuto) a Torino nel 1903 e morto nel 1994. Ci hanno provato senza successo amici e nemici, due eserciti ugualmente numerosi. Chi l’ha conosciuto anche solo per una sera racconta di aver assistito a fenomeni inquietanti: dalla lettura a distanza fino alla bilocazione. Quadri che si dipingono da soli, petali di rose comparsi dal nulla, un mazzo di chiavi che attraversa il muro di un ristorante e finisce in strada, lui che viene fotografato simultaneamente a Torino e a New York.
Paolo Pietrangeli, regista da poco scomparso, garantiva di aver visto materializzarsi a casa Rol la zuccheriera che si trovava nella credenza dei genitori a Roma. Possibile? Finora il teletrasporto quantistico è stato sperimentato con singoli fotoni. Però un giorno – azzardano gli scienziati – potrà spostare oggetti anche di grandi dimensioni. Un orizzonte verosimile. Ma c’è un problema evidente: Rol appartiene al passato, non al futuro. Il fatto incontrovertibile è che a 120 anni dalla nascita si continua a parlarne come di un mistero insoluto.
È appena uscito al cinema Enigma Rol, film rivelazione firmato da Anselma Dell’Olio che prova a ricostruirne in maniera documentaria la personalità complessa e controversa. Figlio del Novecento, cresciuto in una famiglia sabauda ricca e colta, particolarmente versato fin da ragazzo nella pittura e nella musica, Rol aveva una mentre brillante. Si era laureato in giurisprudenza a Torino, in economia a Londra, in biologia medica a Parigi e proprio in Francia, partendo da esperimenti con due mazzi di carte, passò le notti dopo il lavoro in banca a studiare lo spiritualismo.

Elaborò una teoria metafisica basata sull’associazione tra suoni, cromatismo ed elementi della fisica. Sul suo diario scrisse: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale e il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura”. Ne seguì una crisi esistenziale, fino al ritiro in convento per tre mesi. Fu a partire dagli anni Trenta che la sua fama cominciò a diffondersi nei circoli dell’alta borghesia, della cultura, dello spettacolo e della politica. Predisse a Mussolini la fine tragica della guerra. Capitano degli alpini, salvò dai rastrellamenti nazisti gente di San Secondo di Pinerolo, dove la sua famiglia possedeva una villa di campagna: convinse il comandante tedesco a rilasciare i prigionieri elencandogli per filo e per segno – recita la vulgata – il contenuto del cassetto della sua scrivania a Berlino.
Si dice che Einstein e De Gaulle vollero conoscerlo, anche se manca la prova di questi incontri. Di certo Fellini non cominciava un film senza averlo consultato: “Quello che Rol sa fare è pauroso. Chi assiste prova la sensazione di un uomo che sprofonda in un abisso marino senza scafandro. È la testimonianza fascinosa e provocatoria di una trascendenza”, dichiarò. Di certo Strehler, Mastroianni, Zeffirelli (“Rol è un Illuminato”) e Alberto Bevilacqua furono suoi frequentatori. Di certo Cesare Romiti raccontò: “L’avvocato Agnelli era terrorizzato dai suoi poteri. Aveva sentito Rol raccomandare al conte Cini, davanti alla fidanzata Merle Oberon, di non andare a Roma in aereo. L’aereo precipitò e Cini morì”. Di certo Buzzati lo inserì a buon diritto nel libro Misteri d’Italia. E gli scettici? Per tutti parlava ancora Angela: “Rol fa parte di un’antica e garbata tradizione torinese che dispiace perdere. Avevo persino pensato di stendere un velo di cortese silenzio sulla vicenda. Ma sarebbe stato onesto? Non credo. Il suo caso viene esaltato come prova vivente del paranormale e allora bisogna pur porre certi interrogativi”.
La contromossa del giornalista all’inspiegabile fu la creazione del Cicap, il comitato scientifico che indaga sui presuntl fenomeni paranormali. Ne faceva parte anche Tullio Regge, docente di fisica con la moglie Rosanna Chester all’università di Torino. “Avevano ricevuto da Rol l’invito ad assistere agli esperimenti e Tullio annunciò sarcastico: sbugiarderò il veggente”, racconta oggi lo scienziato Francesco De Martini, amico e collega della coppia. Poi continua: “Tempo dopo ci rivedemmo ma Regge non volle parlare di quella serata. Rosanna commentò: siamo rimasti sbalorditi”.
Rol ha diviso perfino gli addetti ai lavori, a cominciare dai maghi professionisti. Silvan, membro del Cicap, rileva: “Faceva cose che posso replicare nei miei spettacoli, come la lettura di un libro chiuso. Ci siamo parlati al telefono per ore ma chissà perché non ha mai voluto incontrarmi…”. Tony Binarelli invece sottolineò di averlo visto all’opera “senza percepire alcun trucco”. Alexander, che l’ha conosciuto bene, spiega di aver vissuto in prima persona “un fenomeno di chiaroveggenza”. Uno dei principali parapsicologi italiani, Piero Cassoli, elencò gli elementi che lo portavano a concludere di trovarsi di fronte a un prestigiatore. Come arrivare alla verità? Il Cicap propose a Rol un esperimento da effettuare in condizioni controllate e replicabili per accertare la reale natura dei fatti. La risposta fu un categorico rifiuto: “Si tratta di fenomeni non eseguibili a comando e non ripetibili, men che meno in laboratorio”. E così l’incognita è rimasta tale.
“Io sono la grondaia, il tubo che raccoglie e trasmette a terra l’acqua che cade dal cielo”, diceva di sé l’antiquario torinese, grande collezionista di cimeli napoleonici, ribadendo di non aver mai guadagnato nulla da ciò che faceva, se non la celebrità cresciuta a dismisura negli anni. “Alla base delle mie facoltà c’è la rinuncia all’orgoglio, al denaro e all’ambizione”, era la sua dichiarazione di principio. Solo un tramite, dunque. Che lasciava a bocca aperta gli ospiti nell’appartamento al quarto piano di via Silvio Pellico 31, affaccio sul Parco del Valentino, quartiere San Salvario: 370 metri quadrati con colonne neoclassiche, stucchi, affreschi. In quella casa – ora in vendita a 3 milioni di euro trattabili – Rol ha vissuto con la moglie norvegese Elna Resch-Knudsen dal 1930 in poi. “Quante cose succedevano lì. Talvolta, mentre il dottore era intento a dipingere, vedevo correre sul pavimento delle grosse biglie d’acciaio che saltavano e scendevano da divani e poltrone”, rievoca Maria Luisa Giordano, studiosa di medicina e amica di famiglia. Così è, se vi pare.