A Roma il festival del cinema spagnolo e latino americano, arrivato alla sedicesima edizione, ha il merito di mostrare film altrimenti irraggiungibili e realtà spesso sconosciute. E’ il caso di La crecida che ha vinto il premio IILA, Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana, come migliore film.
La crecida, o L’alluvione, è un film particolare, con tempi lunghi e lenti, come si usava in epoche e mondi passati, una rappresentazione neorealistica della realtà ed un uso documentaristico di immagini e persone. Il regista Ezequiel Erriquez undici anni fa si è recato nel nord dell’Argentina, a Panambí, cittadina missionaria vicino a Oberá sul fiume Uruguay, al confine con il Brasile. La gente del posto era in grande agitazione: di lì a poco sarebbe stata costruita una diga proprio lì, e tutto sarebbe finito sott’acqua, case, segherie, scuole. “Mi sembrava un posto bellissimo – ha spiegato il regista – e il pensiero che tutta quella ricchezza culturale sarebbe stata sommersa mi ha spinto a riprenderla prima che sparisse.” Ha portato la cinepresa e la sua squadra sul posto, ha assunto alcuni locali come attori e ha fatto il film. In La crecida gli Zucker, famiglia multietnica e tradizionale, dopo la chiusura della segheria che dava lavoro a due figli e al padre, discutono sul da farsi, se restare o andare via come tutti i loro vicini stanno facendo. Il nonno era arrivato da bambino con la famiglia dal Brasile, ora si tratterebbe di tornarci. “Volevo raccontare la crisi, desolazione, pericolo e incertezza di questo nucleo familiare – spiega Erriquez – e ho scelto dei locali come attori perché volevo rendere più realisticamente possibile il loro spaesamento. All’inizio non erano convinti del progetto. Quel posto era super isolato. Quando il film è stato presentato in anteprima a Oberá, la maggior parte dei presenti erano al cinema per la prima volta. Compresi i protagonisti del film che si sono visti sul grande schermo. Ma io ho vissuto un anno intero a Panambi e questo li ha aiutati a fidarsi di me.”

Nel film il regista ha aggiunto una storia di gelosia familiare per aggiungere un minimo di trama cinematografica, ma il senso di La crecida è documentaristico e politico. “Questa tendenza al consumismo e l’avanzamento di un progresso eccessivo genera la cancellazione della storia, della cultura, la perdita di spazi, di territorio, di modi di vivere – ha sottolineato il regista – E non è stato un caso che abbiamo girato il film durante il regime di Macri, quando il problema non era solo la diga, ma anche la fame.”
Ugualmente politico – perché affronta il tema del progresso che non si preoccupa delle conseguenze sul territorio e sulla vita delle persone – ma completamente diverso nei tempi e nei modi cinematografici As bestas del madrileno Rodrigo Sorogoyen. Trionfatore ai Premi Goya con 9 statuette, tra cui miglior film, regista, sceneggiatura (di Isabel Peña e Rodrigo Sorogoyen), e attore protagonista (Denis Ménochet), premio Cesar come miglior film straniero, premio del Pubblico a San Sebastián, As bestas è un film di selvaggia potenza.

La storia è ispirata a fatti realmente accaduti: Olga e Antoine, due coniugi francesi di mezza età, si trasferiscono in un piccolo paesino diroccato nella campagna galiziana per dedicarsi all’agricoltura sostenibile. Sono felici insieme, felici della casa che stanno rimettendo in piedi, delle loro verdure biologiche che vendono al locale mercato. Ma i locali non li vogliono. Una azienda di energia eolica ha fatto una offerta di acquisto delle terre: gli allevatori vogliono vendere e andarsene da quel posto dove fanno una vita grama, i francesi vogliono che il posto rimanga naturale, non contaminato dalle pale eoliche e dal capitalismo mascherato da ecologia. Ci sarà il dramma e ci sarà la lunga lotta per la giustizia. Come due tempi di una storia, con l’azione violenta nella prima parte demandata agli uomini, la quieta resistente incrollabile ricerca di giustizia della seconda parte alle donne. Con il punto di vista di Antoine, la lotta, verbale e fisica, il testosterone a mille prima e il punto di vista di Olga con la sua testimonianza di amore come tenacia incrollabile per ottener giustizia, non vendetta, dopo. “C’era un tema che volevo esplorare nel film – ha detto il regista – la giustizia. Scrivendo la storia di Olga e Antoine, eravamo pieni di un terribile senso di ingiustizia. Volevo esplorare quella frustrazione.”
Rodrigo Sorogoyen è un giovane regista madrileno capace di creare scene di altissima tensione anche solo con gli sguardi, i dialoghi, i silenzi. E naturalmente le bestie del titolo. Perché As Bestas viene da a rapas das bestas, il nome di una festa popolare in cui i giovani maschi galiziani affrontano a mani nude i cavalli selvaggi per sottoporli alla tosatura della criniera. E’ la prima scena del film, e lascia letteralmente senza fiato. il primissimo piano sulle narici dei cavalli è potente, quanto tutto il resto del film.
Discussion about this post