Dimenticate per un attimo le scene crude e violente associate al mondo della boxe. La mostra Strike Fast, Dance Lightly: Artists on Boxing, in esposizione fino all’11 agosto al nono e decimo piano della FLAG Art Foundation (545 West 25th Street) di New York, esplora attraverso un centinaio di opere – alcune realizzate da ex atleti – tutto quello che sta attorno alla vita di un pugile, come essere umano e non solo come atleta che si prepara a combattere sul ring.
“Al momento dell’allestimento volevamo dare uno sguardo molto più ampio, anche riportando gli aspetti collaterali, le emozioni, i pensieri, le persone che accompagnano un atleta al match”, spiega Jonathan Rider, direttore del FLAG Art Foundation.

Il titolo della mostra fa riferimento alla tensione, precisione, velocità e leggerezza di un pugile: come deve lottare, colpire e muoversi. Quasi come se fosse una danza.
“Era importante trovare la poesia dentro a questo argomento – racconta Rider – Pensando a quanto è crudo e violento questo sport, volevo associargli qualcosa di delicato, leggero, che non fosse così diretto. Questa metafora che parla della boxe come una danza, una coreografia dove due discipline si mischiano, cade a pennello. Ed è un riferimento che viene colto subito pensando ai movimenti del corpo”. La metafora è uno dei versi della poesia The Boxer, Part I, scritta dall’italiano Gabriele Tinti, poeta, scrittore e critico d’arte, che, ispiratosi alla statua in bronzo Il pugile a riposo, ha analizzato il dramma interiore, viscerale e psicologico che vive un atleta.
“Fin da piccolo – spiega Tinti – mio padre mi portava a vedere gli incontri di questo pugile che viveva vicino a casa mia nelle Marche. Seguendo ogni match ho incontrato molti grandi atleti: Nino Benvenuti a Roma, Marvin Hagler a Milano. E poi sono arrivato negli Stati Uniti dove questo sport è uno spettacolo ed è molto più seguito. Sono sempre stato attratto dall’intensità di questo sport: per me non è così banale vedere due persone che si alzano e combattono in un ring. La boxe è quello a cui tutti gli altri sport tendono senza avere lo stesso senso di competizione, di purezza di confrontarsi in modo crudo”.
Con l’aiuto del direttore e la partecipazione dell’attore Vincent Piazza, Tinti e Rider hanno dato vita alla poesia leggendo degli estratti dal vivo e richiamando l’attenzione di decine di appassionati di arte e boxe, atleti professionisti ed ex boxeur.

La mostra si sviluppa su due piani: il nono riunisce momenti, oggetti, persone relative e collaterali al mondo della boxe per far vedere come un unico sport riesca a unire tanti mondi diversi, mentre al decimo si ritrovano soprattutto immagini e dipinti di pugili che hanno fatto la storia, raffigurati mentre si preparano per un match o durante i combattimenti.
Iconica è la serie di dipinti che riprende le immagini viste in televisione durante il funerale di Muhammad Ali. “Se di sopra lo vediamo giovane – spiega Rider – e all’inizio della carriera, per me era invece fondamentale cominciare la mostra partendo dalla sua fine. I dipinti di Vincent Valdez fanno parte di una raccolta più ampia intitolata Dream Baby Dream, da cui emerge lo sguardo degli altri su di lui. È importante per lo spettatore vedere la figlia piangere la morte del padre e poter entrare e vivere fin da subito un momento così intimo. Ci sono poche persone al mondo che hanno contribuito a cambiare la società come Muhammad Ali. Non è stato solo un pugile, ma anche un grande attivista”.