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July 13, 2023
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Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Le foto di Giacomo Palermo raccontano una città attraverso i volti e i luoghi

La Voce di New YorkbyLa Voce di New York
Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Letizia Battaglia was an Italian photographer, photojournalist and politician. She was the first European woman to receive the Eugene Smith Prize in New York in 1985, an international award established in memory of the Life photographer.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

A Palermo child plays with a pony in the streets of the Sicilian capital.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Brother Biagio, founded the 'Mission of Hope and Charity' in Palermo to try to respond to the dramatic situations of poverty and marginalisation of the people of his hometown; he dedicated his life to it and to evangelisation.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Fraternity. An immigrant from Africa helps his compatriot with a haircut.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Migration

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Elderly people from Palermo visit the historic Capuchin cemetery daily.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Street Photography

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Typical living room of a council house in Palermo.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

The bar is a daily meeting place where Palermitans meet friends and acquaintances.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Street Photography in the historic Vucciria district

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Mediterranean multiculturalism in popular markets

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

An orphan and refugee child is taken into the orphanage in the Ballarò district.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Migration in recent decades has been on the rise. They mainly come from the south-eastern shores of the Mediterranean, and Italy and the rest of Europe are under unprecedented pressure on the refugee front.

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

Migration and the Mediterranean: an unresolved issue

Palermo dove l’amore può essere più forte dell’odio

The horse used for the clandestine race is returned to the stable after winning.

Time: 3 mins read

“La fotocronaca è un modo di esprimersi più con le immagini che con le parole, di evidenziare le caratteristiche etno – antropologiche di un luogo, in questo caso Palermo, con immagini che, come tessere di un mosaico, cercano di offrire una composizione armonica ed esaustiva”.  Così Giacomo Palermo presenta il suo racconto fotografico della città di Palermo (interessante caso di omonimia). Photo reporter, comunicatore visivo e blogger non convenzionale, Giacomo Palermo focalizza la sua attenzione, e il suo obiettivo, su tematiche sociologiche e umanitarie nell’area del Mediterraneo. Missionario volontario presso la “Missione di Speranza e Carità” di Biagio Conte (al cui lavoro ha dedicato un libro di fotografie) fra le altre cose ha esposto nel “Centro Internazionale di Fotografia” di Palermo fondato da Letizia Battaglia.

Giacomo Palermo – portrait – by Stefano Torrione

Su La Voce di New York ha voluto presentare alcuni dei suoi scatti per attrarre l’attenzione su un aspetto fondamentale della vita della città: la grande umanità nei confronti degli ultimi. A seguire il suo racconto. Nella gallery le sue foto.

Palermo è il palcoscenico di millenni di storia, è il Sud dell’Europa, un ponte con l’Africa, e come tutti i Sud del mondo, un luogo fluido e mutevole, aperto al cambiamento, destinato a un futuro contrassegnato da rapide e profonde trasformazioni. E’ una città che si presta a mettere in risalto l’essenza degli uomini, l’anima libera da divisioni derivanti da categorizzazioni politiche, etniche e religiose.

Quasi sempre si parla della Sicilia e di Palermo in termini di mafia e “Cosa Nostra”. Ma le vere “cose nostre” sono quelle che appartengono ai cittadini e che non sanno di possedere, persino quelle delle quali farebbero volentieri a meno. Le “cose nostre” sono come un astrolabio, indispensabile strumento di orientamento che ha funzionato per secoli, facendo sì che potessero essere conservate quelle caratteristiche in grado di garantire la sopravvivenza ai cambiamenti, pur cambiando sostanzialmente pochissimo (valga per tutti l’esempio gattopardesco: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»).

All’ombra del Monte Pellegrino, il rilievo montuoso di Palermo, i palermitani hanno parlato latino, greco, arabo, francese, spagnolo, inglese, italiano, pur conservando intatto il loro quid. La vita quotidiana di Palermo, il capoluogo della Sicilia, è ricca di sottoculture clandestine tipiche dei Paesi del Sud del Mondo. Dal venditore ambulante che grida ai passanti per invitarli ad acquistare i suoi prodotti, al macellaio, ai giocatori di briscola all’aperto, ai bambini profughi, agli immigrati e alle comunità missionarie che li aiutano, per finire persino alle corse clandestine dei cavalli.

“Quando la mafia si sveglia, all’alba, corre con i cavalli. Non sono ronzini e non sono purosangue, sono altre vittime di Palermo”, scrive il giornalista Attilio Bolzoni, che da sempre si occupa di criminalità mafiosa. Le corse clandestine di cavalli a Palermo si svolgono principalmente in due quartieri popolari, lo Zen e Ballarò. Già alle prime luci dell’alba tanti giovani ma anche qualche anziano, sono coinvolti nella preparazione delle gare. Sono per lo più tutti abitanti della zona; scommettono tra loro somme esorbitanti che finiscono nelle casse della mafia.

In Italia e in Europa stiamo assistendo al lento e costante insediamento definitivo degli immigrati. I figli degli immigrati, le cosiddette seconde generazioni, nati in Italia o giunti per ricongiungimento, si trovano a vivere “tra due mondi” in una condizione di pendolarismo perenne, e devono continuamente conciliare condizioni e status spesso troppo diversi. Vivono talvolta situazioni conflittuali sia coi genitori, spesso più legati ai valori culturali della terra di origine, sia con la società d’accoglienza, dove sono visti come stranieri anche quando – essendo nati in Italia o essendovi arrivati nella prima infanzia – di fatto non lo sono.

Questo progetto fotografico illustra con intensità e vividezza, ma anche con spontaneo senso artistico, alcuni momenti di vita quotidiana nel capoluogo siciliano attraverso un linguaggio visivo poco convenzionale. Si sofferma sulla vita delle strade come su quella degli immigrati, sottolinea come l’integrazione renda la società occidentale mediterranea maggiormente multiculturale e aperta rispetto al secolo scorso.

Per il professore Aurelio Angelini (Direttore Fondazione Patrimonio Unesco della Sicilia) “questo progetto di fotografia etica immortala volti, paesaggi, storie, riuscendo a mitizzare Palermo e la sicilianità, come rappresentazioni della natura e dell’umano, contrasto e sintesi nello stesso tempo. Questo ci permette di visitare il luogo senza spostarci e di vivere emozioni straordinarie. L’unicità spazio – temporale dello scatto, ci restituisce l’autenticità di un luogo come racconto e un racconto come una storia”.

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