Due documentari, due prime mondiali, due temi molto diversi quanto entrambi groundbreaking. Il primo, Common Ground, parla del nostro pianeta, il secondo, Maestra, di una parte del genere umano, le donne, e nello specifico le donne che hanno la sfrenata ambizione di fare uno dei mestieri più maschili del mondo: direttore d’orchestra.
Sono stati presentati al Tribeca Festival accompagnati da nomi celebri: Maestra, diretto dall’esordiente Maggie Contreras, è stato in parte finanziato e prodotto da David Letterman, che ama la musica e la parità di genere. Common Ground, già premiato con lo Human/Nature Award, è narrato da Laura Dern, Rosario Dawson, Jason Momoa, Donald Glover, Woody Harrelson, e Ian Somerhalder. Non narrato fuori campo, tutti loro compaiono, come si dice, ci mettono la faccia.
Iniziamo da Maestra: così si chiama la competizione creata nel 2019 dalla direttrice d’orchestra francese Claire Gibault che si svolge ogni due anni a Parigi. Il documentario segue 5 concorrenti provenienti da paesi diversi, Francia, Ucraina, Stati Uniti, Grecia e Polonia, ne racconta speranze e paure e sottolinea preconcetti e stereotipi che ne frenano la carriera.
Marin Alsop, la celebre direttrice d’orchestra americana, da bambina sentiva di voler dirigere. Lo ha detto al suo insegnante di violino. Aveva 9 anni. No, le ha risposto lui, non lo puoi fare sei giovane. Lei ha pensato: bene, quando divento grande lo faccio. Ma lui ha aggiunto: non è una professione per donne.
Non è una professione per donne perché? Perché devi avere carisma, forza, potenza, per trascinare con te i musicisti e le donne non ce l’hanno? Le 5 concorrenti dimostrano come tutto ciò sia assolutamente falso. Non c’è bisogno di arrivare agli estremi della narrazione del film Tar per riconoscere che anche il soffitto di cristallo della direzione d’orchestra è frantumabile, anzi frantumato.

Oggi direttrici come l’italiana Speranza Scappucci o Natalie Stutzmann del Metropolitan, Susanna Malkki, della Helsinki Philharmonic Orchestra, e Mirga Grazinyte-Tyla, della Birmingham Symphony Orchestra, per citarne alcune, stanno aprendo un percorso. E’ ancora impervio. Claire Gibault, ad un concorso aperto ad entrambi i sessi in Mexico, nel quale era l’unica donna in giuria, ha ascoltato scioccata i commenti sessisti degli altri giurati. Uno di loro ha detto che le donne sono biologicamente incapaci di dirigere perché hanno le braccia curvate all’esterno per cullare i bambini e quando si presentava una donna si tappava le orecchie. In finale sono arrivati un uomo e una donna a parità di punteggio. Ha vinto l’uomo. Gibault ha deciso allora di creare una competizione solo per donne, per dare loro il giusto spazio. Eppure. Le direttrici scartate raccontano alla telecamera: mi hanno detto che non sorrido abbastanza. Ai direttori maschi si chiede per caso di sorridere? La mia gestualità è sembrata eccessiva. Gli uomini vengono mai criticati per questo?
Alle donne non si chiede solo di essere brave – commenta Marin Alsop, una dei giudici della gara – ma di comportarsi, vestirsi, muoversi in modo appropriato. Cosa è appropriato? Per non citare la difficoltà di destreggiarsi fra lavoro e figli. una racconta di essere stata licenziata perché aspettava un bambino, un’altra scesa dal podio telefona al figlio che si rifiuta di mangiare la pappa. Il documentario è sicuramente un po’ troppo lungo, specialmente per chi non ha passione per la musica classica, ma è un ulteriore fotografia della strada fatta. E da fare.

Common Ground, scritto, diretto e prodotto da Josh e Rebecca Tickell, è un documentario sui generi. Nel senso che racconta un lato della storia, può essere criticato per questo, ma quanto è necessario in questo momento in cui le foreste del Canada bruciano e il fumo arriva su tutta la East Coast, l’Emilia Romagna è sommersa dalle alluvioni che hanno devastato raccolti e distrutto abitazioni e fattorie, quanto è importante sapere che c’è una possibilità reale di invertire il corso della distruzione ambientale in atto!
Si chiama agricoltura rigenerativa ed è una agricoltura che dimentica gli immensi aratri moderni che dissodando il terreno in profondità distruggono le piccole radici che portano nella terra l’anidride carbonica, abolisce ogni tipo di fertilizzante, insetticida chimico, in favore di una agricoltura vecchia maniera. Nel caso americano quella che veniva praticata dagli indiani prima dell’arrivo dei colonizzatori, ma soprattutto quella di prima della seconda guerra mondiale. Perché è stato proprio allora che l’agricoltura è diventata una grande industria e la terra una merce da aggredire con macchine e metodi capaci di estrarne i maggiori benefici nel minore tempo possibile. E’ stato allora che le grandi corporations dell’industria chimica (in particolare Monsanto) finanziando università e centri di ricerca e i lobbisti di Washington sono riusciti a creare una narrazione unica sui sistemi migliori per coltivare la terra.

Sconcertante la rivelazione dell’ex consigliere dell’FDA Urvashi Ranganche che le tante carni “finte” introdotte di recente sul mercato e pubblicizzate come alternativa “ecologica” alla carne perché basate sulle piante, sono di fatto prodotti super processati che contengono G.M.O.s e additivi chimici. Sorprendenti i risultati di un campo coltivato con l’agricoltura rigenerativa rispetto ad uno confinante coltivato con i moderni sistemi utilizzati su larga scala in America e nel mondo. Il poster del film mostra l’agricoltore Gabe Brown del South Dakota: è stato uno dei primi a convertire le sue terre con l’agricoltura rigenerativa, la sua fattoria è in profitto spiega, la qualità del terreno e dei prodotti incredibilmente migliorata. Quei prodotti li mangiamo poi noi, tutto questo ci interessa direttamente. Da vedere assolutamente.
