Ha uno sguardo che può esser penetrante, spietato, come quello che usa per interpretare il re della camorra in Nostalgia di Mario Martone, o farneticante, invasato, egomaniacale, come quello dell’attore senza lavoro di Dry o Siccità di Paolo Virzì. Entrambi i film sono presentati all’interno della rassegna Open Roads organizzata da Cinecittà insieme a Film at Lincoln Center ( Dry è Giovedì 8 giugno alle 3 pm al Walter Reade Theater). E Tommaso Ragno, 55 anni, grande attore di teatro, di recente molto impegnato al cinema, è venuto a New York per presentarli.
Per parlare con me sposta le sedie, le rivolge verso la finestra. Un cambio di set, gli dico, è bello, visto che siamo qui, guardare questa città, mi risponde. Cominciamo così una lunga chiacchierata. Ragno è un grande affabulatore, e come gli attori con grande esperienza di scena sa quando fare le pause, aumentare il tono della voce o guardarti per enfatizzare una frase sospesa. Iniziamo parlando di New York, quindi, ci è venuto con Toni Servillo nel 2009 per fare proprio al Lincoln Center La trilogia della villeggiatura di Goldoni. Passiamo poi a Roma dove vive: ho la sensazione che la Roma di Fellini non sia mai esistita, mi dice, i grandi trasformano la realtà, e chissà se era veramente così, perché se uno ha voglia di fare qualcosa a Roma oggi…non dico altro.
Per un periodo sei andato a vivere a Berlino…
La vita mi ha portato là, ho imparato anche il tedesco dopo i 40 anni, e l’ho imparato bene perché ho un figlio, che parla anche italiano. Sono stato fuori dalla zona confort per parecchio tempo, non ho più lavorato come attore, per poter stare lì, ma anche perché, pur avendo lavorato moltissimo in teatro, pensavo di non essere adatto al cinema, me lo avevano fatto credere, che non avevo la faccia adatta, sempre a mortificare…
In Italia succede spesso…
Certo, puoi avere fatto le cose più belle, ma c’è sempre qualcuno che le fa meglio di te, sempre, e però… ti dicono. Qui è diverso, non senti la presa in giro che ti prende per sfinimento. Ma ad un certo punto è sembrato fossi adatto agli schermi, ed è stata una fortuna che avessi fatto per un lungo periodo teatro, perché prima che apparissero le piattaforme, se avevi successo in un film poi li facevi tutti tu, non c’era posto per gli altri, ora non è più così, proprio grazie alle piattaforme.
Quindi sei favorevole alle piattaforme?
Certo, non ho la retorica della sala, se una cosa è buona la puoi vedere ovunque, chiaro che vedere un film sullo schermo è meglio, è come vedere l’opera dal vivo, ma se non hai il tempo…, io li guardo i film sull’iphone o sul computer perché c’è tanto da vedere. E’ come quelli a cui dici che non possono leggere i libri sul reader, ma solo su carta: non ci credo a queste scemenze. Fai un’esperienza diversa! Come la crociata contro i social: guarda come ci hanno aiutato durante la pandemia. Non ho la fissa che prima era meglio: è una illusione. Ma io non sono Chomsky, un filosofo o un sociologo, sono uno cui è capitato, per fortuna, di condurre una vita, attraverso le arti performative, meno miserabile di quello che sarebbe stata altrimenti. Cosa vuol dire: che attraverso questo lavoro posso non essere condannato ad essere tutto il giorno solo e soltanto me stesso. Pensa essere tutto il giorno solo e soltanto il papa o solo e soltanto il capo del governo! Non ho la natura cognitiva per stare dentro un solo ruolo.
Quando te ne sei accorto?
Da adolescente ho sentito che c’era un equilibrio maggiore stando sul palco, ma non sapevo bene… era una fortuna che non ci fossero i social allora, perché dovevi metterci la faccia non avevi degli avatar che ti sostituivano. Se dovevi conquistare una ragazza andavi all’appuntamento o le scrivevi delle lettere su carta, forse il miglior avatar cui posso pensare dei tempi è Cyrano di Bergerac quando Cristiano recita i versi di Cyrano a Rossana. Talento non so se lo avevo, la vocazione, se c’è, viene dopo tanti anni, un “average actor” come me ti dice che se ti impegni e lavori tanto puoi capire se il mestiere è per te o no.

In Dry interpreti un attore che il lavoro non ce l’ha.
Durante la pandemia parecchia gente trovandosi tutto questo tempo libero ha cominciato a parlare sui social, è diventata una ossessione. Quando mi è stato chiesto di partecipare anche io con messaggi incoraggianti, non l’ho fatto. La situazione era già grave di suo e ho pensato che per non peggiorare le cose era meglio non fare niente, a volte conta quello che non si fa. Il rigonfiamento del proprio ego, quella massa gassosa che serve moltissimo, non è vero che l’ego non ci voglia, quando diventa troppo grossa… sui social ci sono state derive eccessive. Io sono molto attratto dalla stupidità, non parlo di queste cose con tono superiore, vorrei fosse chiaro, perché ho potuto usare la mia stupidità per interpretare quel ruolo in Siccità, altrimenti come lo facevo? Tutto quello che non ho fatto nella pandemia l’ho fatto nel film di Virzì.
Nel film manca l’acqua a Roma da tre anni con conseguenze estreme: ti sembra possibile questo futuro apocalittico immaginato da Virzì?
Ad un anno da quando è uscito mi è venuto da pensare a proposito del finale, una pioggia ottimistica, perché non ci hanno aggiunto invece la guerra, che poi c’è stata. Questo sforzo di mandare messaggi positivi lo trovo ansiogeno perché non può che andare peggio. Uno dei problemi che abbiamo è l’eliminazione del tragico dalle nostre vite: ci ha impoverito enormemente.

Hai interpretato Mussolini di recente a teatro: è un caso che Scurati abbia tirato fuori un libro su di lui e che tu e Popolizio lo abbiate messo in scena…
Sicuramente è un grande personaggio letterario, dopo di lui in Italia solo Berlusconi appartiene a quella razza, di personaggi che hanno quella caratura. Che sia un caso probabilmente no, anche perché una delle più grandi invenzioni del novecento italiano è stato il fascismo, non grandi nel senso di meravigliose, ma di dimensione. E si deve probabilmente a quella tragedia la nascita di una costituzione fra le più importanti del mondo, la costruzione di una coscienza civile. E’ stata una tragedia colossale, immane, ma non è mai scomparsa del tutto e non scomparirà mai, questa natura è sempre presente in tante manifestazioni della vita italiana. Pasolini ad un certo punto ha fatto una poesia sui carabinieri che sono figli di proletari e gli hanno dato del fascista (“Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri…” sulla battaglia di Valle Giulia nel 1968 ndr). Fare Mussolini in teatro è stata una esperienza notevole perché Massimo Popolizio ha creato uno spettacolo nazional- popolare in senso gramsciano, di grande caratura.
Si è parlato molto in questi anni di cinema italiano in difficoltà e invece …
Io ho visto tanti film belli. Penso che se lavoriamo con la pretesa di fare sempre dei capolavori sbagliamo perché i prodotti medi permettono la vita dell’industria, se il proposito è quello di capolavorare, come dice Alessandro Bergonzoni (comico, scrittore, attore ndr), non si fa nulla. Quando lavori non puoi conoscere a priori il risultato, l’approssimazione fa parte del mestiere, cerchi di avvicinarti più possibile a quella che pensi sia la perfezione.
Nella politica italiana oggi c’è approssimazione o si capolavora?
Devo essere gentile, credo molto nella gentilezza e poi credo nel non fare vergognare mai un essere umano….ci siamo capiti credo, no?