Due ragazzi che si vogliono bene, nella Sicilia degli anni 80. Ma non sono un uomo e una donna e quello che è un sincero profondo rapporto d’amore diventa una storia sofferta oggetto di aggressioni da parte dei bulli di paesi, di maldicenze, cattiveria. Alla fine i due ragazzi vengono trovati uccisi, un colpo alla testa ognuno. La storia è vera, avvenuta a Giarre, un paesino vicino Catania, ha dato origine al movimento Arcigay in Italia per la difesa dei diritti degli omosessuali, e suona ancora, maledettamente troppo attuale. Le cronache troppo spesso ci riportano episodi di violenza contro ragazzi gay, perché sono stati visti baciarsi, perché hanno fatto coming out, semplicemente perché esistono. Beppe Fiorello sulla storia di Giarre ha fatto un film che in Italia è uscito con il titolo “Stranizza d’Amuri” ha incassato più di 1 milione di euro al botteghino ed uno dei protagonisti, Samuele Segreto, è candidato ai Nastri d’Argento come migliore attore esordiente. In America come è stato presentato al festival Open Roads (martedì 6 ore 18 si replica) con il titolo “Fireworks”, e sarà poi distribuito nelle sale da Cinephobia Releasing.

“Volevo che più persone possibili si ricordassero di quei due ragazzi, che non cadessero nel dimenticatoio dopo quel tragico 1980 quando furono ritrovati i loro corpi, volevo ricordare quelle due anime meravigliose che si amavano e per questo hanno generato tanto odio che ne ha causato la morte
Era una storia che conoscevi già?
Quando è successo ero un ragazzino, l’ho scoperta dopo, leggendo un articolo di Repubblica che celebrava il 30esimo anniversario della loro morte, e sono rimasto colpito da questa storia che non conoscevo così ho strappato la pagina e l’ho conservata promettendo a me stesso che ci avrei fatto un film immaginandomi regista nonostante in quel periodo facessi solo l’attore. Ho sempre trovato la regia un mestiere affascinante ma non ho mai avuto nè il tempo né la storia giusta per provarci. Questo film l’ho fatto per raccontare questa storia, potrei non farne altri, non lo so, certo, fare il regista mi ha catturato, perché è un mestiere in cui rimani imbrigliato per quanto è bello.
Non volevi che questi due ragazzi fossero dimenticati, ma era anche importante parlare dei diritti omosessuali oggi?
Io volevo raccontare l’innamoramento fra due persone, non volevo fare un film LGBT. Le associazioni e i movimenti lo hanno apprezzato molto, ma in questo film non c’è l’aspetto sessuale, la pulsione fisica, non perché sia bigotto ma perché quello che mi interessava era raccontare l’amore.

Sarebbe stato più facile raccontarlo fra un uomo e una donna, tu hai fatto un’altra scelta….
Quando giravo le loro scene immaginavo una storia fra due amici, volevo rendere il rapporto fra due ragazzi dello stesso sesso un rapporto eterosessuale, per dire all’omofobo: vieni al cinema, vieni a vedere questo film, non avere paura se due ragazzi si baciano perché è amore, non toglie niente alla tua vita. Sentivo il bisogno di avvicinare tutti facendo un film non tematico, ma poetico, non volevo rendere l’omosessualità un tema a dibattere perché l’amore non si deve dibattere è indiscutibile. I ragazzi che vedono il film, che sta girando molto nelle scuole in Italia, e io sono padre di due ragazzi, non si spiegano perché noi adulti discutiamo tanto di omosessualità, per loro è normale che due persone si bacino per strada e trovano strano che ancora si debbano fare film con l’obiettivo di convincere qualcuno.
La cosa più importante nella vita quindi per te è l’amore?
La cosa più importante per me è la libertà: bisogna lasciarci in pace l’uno con l’altro. Nel film io non faccio mai reagire i due ragazzi alle aggressioni non perché li voglia far subire, ma perché voglio dare una risposta alla cattiveria umana e la risposta è l’amore. Bisogna andare avanti, insistere.
Hai detto che il mestiere del regista è fantastico e ti imbriglia…
Si ma è una costante risoluzione di problemi. Molti pensano che la regia stia in una bella inquadratura, una bella luce, la direzione degli attori, un bel suono da scegliere in post produzione, ma la regia è anche la risoluzione di problemi quotidiani dai più stupidi ai più importanti dai più inaspettati a quelli impossibili. E’ lì la grande eccitazione: trasformare un problema in una grande opportunità. Ad esempio: noi siamo stati sommersi per 15 giorni da un uragano, ogni giorno di ritardo costa mediamente 50-60 mila euro, è vero che le produzioni sono assicurate, ma sono sempre problemi. L’uragano si era abbattuto fra Malta e la Sicilia proprio nelle settimane in cui giravamo: bene, abbiamo portato in interni scene che dovevano essere in esterni, con il direttore della fotografia che si inventava la luce sparata perché fuori dalla finestra si vedeva la pioggia ed io volevo l’estate siciliana. Nel film non ti accorgi di nulla.
Le piattaforme distruggono il cinema come molti sostengono?
Io penso che ci sarà una rinascita del cinema, penso che tornerà di moda, che la sala diventerà centrale, i ragazzi torneranno a innamorarsi lì, come un tempo, quando trovavi al cinema la ragazzina del paese e ti sedevi magari tre file dietro con il gruppo degli amici per guardarla. Tornerà ad essere così. Le piattaforme ci hanno salvato la vita durante la pandemia, dal punto di vista industriale senza piattaforme saremmo tutti morti, quindi io sono pro piattaforme, ma ci deve essere una collaborazione più studiata fra le parti, come succede in altri paesi, bisogna rivedere i contratti, lasciare i film più a lungo in sala e poi andare in piattaforma.
La televisione?
A me piace farla perché arriva diretta ad un diverso pubblico, si possono raccontare cose importanti. L’ho sempre fatta e questa estate girerò un’altra serie.
Quindi i siti di incontri falliranno e si tornerà a rimorchiare in sala?
Sì! Si tornerà a rimorchiare in sala, sono sicuro, non si può rimorchiare da soli sul divano di casa guadando le serie!