Geniale, divertente, spettacolare. Il Flauto Magico al Metropolitan Opera House è una favola fantastica, messa in scena dalla mente ipercreativa di Simon McBurney, che non ha trascurato alcun dettaglio, nota, fruscio, immagine, per trasportare il pubblico in una realtà immaginifica e sorprendente. Il lavoro, che ha debuttato in Europa nel 2012, ieri ha avuto la sua prima assoluta a New York.
Prima di tutto la musica: il capolavoro che Mozart ha creato poco prima di morire, nel 1791, al top delle sue capacità artistiche e del suo desiderio di inviare un messaggio chiaro e forte attraverso note e vocalizzi. La composizione arriva due anni dopo la rivoluzione francese e quello che racconta, attraverso la storia della Regina della notte che lotta per il potere con il Re di virtù e conoscenza, Sarastro, è il conflitto fra il vecchio regime che scompare e l’età dell’illuminismo che avanza, come canta il finale, “alla bellezza e saggezza una eterna corona!” Canta anche la supremazia intellettuale e spirituale dell’ordine Massone cui Mozart apparteneva, dopo che l’imperatore Joseph II, da poco scomparso, aveva iniziato a sopprimerlo. Canta l’amore che vince ogni nemico, che supera ogni pericolo, che infine trionfa come messaggio universale per l’umanità. E nel farlo afferma verità ancora attuali.
Quando Sarastro all’inizio del secondo atto proclama: siamo in un momento di crisi, quell’affermazione è vera nel 1791 come lo è paradossalmente oggi, più di due secoli dopo. Quando nel primo atto il coro dopo aver sbugiardato Papageno canta: ah se potessimo chiudere la bocca di tutti i bugiardi (Toccasse a tutti i bugiardi un simile lucchetto sulla bocca: Invece di odio, calunnia, nera bile, vi sarebbe amore e unione fraterna!) quanto suona vero in un’era di fake news universali. E quando Tamino e Papageno sono costretti a superare una serie di prove per arrivare a ottenere l’amore desiderato, sembra che Mozart e Schikaneder, che ha scritto il libretto, vogliano dimostrare come l’uomo non sia più nel paradiso terrestre, ma in un mondo moderno in cui bisogna lottare per ottenere dei risultati e non sempre si raggiungono. Com’è tutto ancora vero.
Prima di tutto c’è la musica, dicevamo, composta per un teatro fuori Vienna, il Freihaus (meglio conosciuto come Theater auf der Wieden) di Emanuel Schikaneder, l’attore, impresario e librettista che aveva proposto a Mozart la creazione de “Il flauto Magico”. Doveva soddisfare un pubblico diverso da quello cui il compositore era abituato, più popolare e desideroso di trovate comiche, salaci, sceniche.
Ed ecco uno spartito complesso, un Singspiel con arie cantate e parti recitate, in cui Mozart crea registri diversi per i diversi personaggi più aristocratici e meno, e aggiunge la magia del flauto e delle campanelle che risolvono ogni conflitto come metafora per la musica che può parlare all’anima e ricondurre alla bellezza e saggezza.
Tutto questo Simon McBurney l’ha studiato e ha deciso di non trasporre l’opera con la polvere del tempo, ma restituirle la magia che doveva avere per il pubblico del Freihaus. Con la tecnologia di oggi.
Entra in scena la piattaforma oscillante che sale e scende e si illumina e si apre, che ospita i personaggi in un viaggio attraverso fuoco, acqua e tutte le prove della ragione, una piattaforma che è come un tappeto volante, hanno notato i critici che l’hanno vista per primi in azione in Europa, che permette alla favola di farsi realtà davanti ai nostri occhi.

Entrano in scena gli uccelli che cantano e volano e sbattono le ali grazie allo sfarfallio di bianchi fogli di carta agitati in scena in scena da attori in nero.
E le tre dame della Regina della notte si fanno i selfie davanti a Tamino. E l’orchestra è rialzata come era nel Freihaus e il flautista entra in scena e comanda gli uccelli, e gli elefanti e gli altri animali come in una moderna arca di Noè ( e quanto è attuale anche questo richiamo alla natura vilipesa).
Straordinaria soprattutto è l’idea di creare gli effetti visivi e sonori dal vivo. Due tavolini ai lati della scena celano due quasi invisibili maghi: Blake Habermann disegna sulla lavagna nuvole e raggi di sole, libri e serpenti, proiettati sulla scena, Ruth Sullivan dall’altra parte crea tuoni, pioggia, gorgoglio di vino versato, sfrigolio di carta e persino il gocciolio di una pipi in scena, di schiena, la prima della storia del Met.

“Schikaneder aveva delle macchine teatrali che riproducevano il rombo dei tuoni – ha spiegato McBurney – la magia del rumore e dei suoni crea un mondo meraviglioso. La tecnologia di oggi cerca di ricreare la meraviglia di allora.”
Una sfida far cantare la regina della notte su una sedia a rotelle. Sta perdendo potere, ha spiegato McBurney, che così ha visualizzato la sua debolezza e Kathryn Lewek ha eseguito l’aria più potente dell’opera, creata per la straordinaria vocalità della cognata di Mozart Josepha Hofer, “Der Hölle Rache”, andando su e giù per il palcoscenico sulla sua sedia.

Una sfida far nuotare nell’aria i protagonisti Tamino (Lawrence Brownlee) e Pamina (Erin Morley) una trovata scenica fantastica. Papageno (Thomas Oliemans) fa alzare tutta la prima fila della platea, Sarastro (Stephen Milling) arriva imponente dal fondo della sala, i tre bambini appaiono sospesi per indicare la strada. Il pubblico si è alzato in piedi per la dovuta standing ovation.